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di ROCCO OLITA
Tre liste per altrettanti candidati sindaci in un comune di meno di 800 abitanti:sicuramente fra le percentuali più alte di partecipazione ed attivismo politico nei comuni chiamati al voto per il rinnovo dei consigli comunali.
E’ il caso di Craco, dove a competere per la carica di sindaco sono Domenico Copeti, sindaco uscente sostenuto dalla lista “Crescere insieme”, Giuseppe Rinaldi, a capo della formazione “Insieme per Craco”, e Giuseppe Lacicerchia, alla guida della “Lista per Craco”. Tutti e tre i candidati hanno un forte tratto comune: sono tutti stati sindaco di Craco. Oltre all’uscente Copeti, infatti, anche Giuseppe Rinaldi e Giuseppe Lacicerchia hanno seduto sulla poltrona di primo cittadino nel piccolo comune del materano. Due ritorni importanti, quindi, a sfidare il già due volte sindaco di Craco nella corsa alla conquista del seggio più alto del Municipio. Proprio intorno alla ricandidatura di Domenico Copeti, dopo due mandati consecutivi, si incentra quello che potrebbe essere un piccolo “giallo” amministrativo. Il D. Lgs 267/2000 che disciplina il funzionamento degli enti locali, all’art. 51 prevede, fra le cause di ineleggibilità alla carica di sindaco, proprio l’aver già svolto due mandati consecutivi da primo cittadino.
La legge, però, non parla di “incandidabilità”, ma solo di “ineleggibilità”. Tradotto, un cittadino già due volte sindaco si può candidare, ma non potrebbe essere proclamato eletto sindaco qualora risultasse il più suffragato. E la sovranità del responso elettorale? E di contro, il rispetto delle regole? Il busillis, infatti, è tutto qui. C’è stato nel 2004 un caso simile, per citare un solo esempio ma non l’unico, a Salerano Canavese, in provincia di Torino, dove il sindaco Elio Ottino si è ripresentato avendo già all’attivo più di un mandato consecutivo. Fu eletto e proclamato sindaco dal consiglio comunale. Il Ministero degli Interni presentò ricorso ma il Tar diede ragione al Sindaco. Poi, dopo i pronunciamenti della Cassazione, a cinque anni da allora, Elio Ottino è ancora sindaco e si avvia a concludere il suo mandato senza interruzioni. In pratica, il sindaco che esce da due mandati si può candidare. Se viene eletto il Consiglio Comunale potrebbe non proclamarne l’elezione per l’ineleggibilità, ma anche confermare il verdetto delle urne. Ipotesi più che altro di scuola, visto che il consiglio è la maggioranza del sindaco e quindi è impensabile che vada contro il giudizio degli elettori che gli hanno permesso di essere maggioranza. In questa situazione, come ha ricordato anche la Cassazione, la sollevazione della causa di ineleggibilità passa al Prefetto. E qui però il cerchio non si chiude. La norma, infatti, non è perfetta. Il sindaco può ricorrere al Tar, secondo il principio di incostituzionalità dell’ordinamento che ancora nessuna sentenza della Suprema Corte ha chiarito definitivamente. Infatti, tutto l’ordinamento democratico e repubblicano si basa sulla volontà popolare espressa col voto. Quindi, come dicevamo prima, una volta che un sindaco si ricandida dopo due mandati e viene eletto, annullarne l’elezione può essere vista come una forzatura del responso delle urne. D’altronde, se una regola esiste, è giusto che un sindaco si possa candidare mentre altri, in ossequio proprio a quella norma e nelle medesime circostanze, non hanno ripresentato la propria candidatura?
Di certo c’è una legge, il D. Lgs. 267/2000, sancita nei principi di costituzionalità anche dai pronunciamenti della Cassazione, che all’art. 51, comma 2 recita “chi ha ricoperto per due mandati successivi la carica di Sindaco e di Presidente della Provincia non è, allo scadere del secondo mandato, immediatamente rieleggibile alle medesime cariche”. Però poi nessuna norma impedisce allo stesso di ricandidarsi. Ecco perché la Cassazione, nell’esprimersi su casi analoghi, ha spesso indicato il principio della “incandidabilità” come mezzo per evitare situazioni simili, e che però da nessuna norma è ancora stato recepito. Proprio per questo, allo studio delle Camere esistono diverse proposte di legge per eliminare la causa di ineleggibilità al terzo mandato, almeno nei comuni inferiori ai 5.000 abitanti. In definitiva, nel caso dell’elezione a sindaco di un candidato che ha già svolto due mandati consecutivi, vale più una norma che ha dimostrato diversità interpretative o il responso delle urne e la scelta degli elettori? Craco – Tre liste per altrettanti candidati sindaci in un comune di meno di 800 abitanti:sicuramente fra le percentuali più alte di partecipazione ed attivismo politico nei comuni chiamati al voto per il rinnovo dei consigli comunali.
E’ il caso di Craco, dove a competere per la carica di sindaco sono Domenico Copeti, sindaco uscente sostenuto dalla lista “Crescere insieme”, Giuseppe Rinaldi, a capo della formazione “Insieme per Craco”, e Giuseppe Lacicerchia, alla guida della “Lista per Craco”. Tutti e tre i candidati hanno un forte tratto comune: sono tutti stati sindaco di Craco. Oltre all’uscente Copeti, infatti, anche Giuseppe Rinaldi e Giuseppe Lacicerchia hanno seduto sulla poltrona di primo cittadino nel piccolo comune del materano.Due ritorni importanti, quindi, a sfidare il già due volte sindaco di Craco nella corsa alla conquista del seggio più alto del Municipio. Proprio intorno alla ricandidatura di Domenico Copeti, dopo due mandati consecutivi, si incentra quello che potrebbe essere un piccolo “giallo” amministrativo. Il D. Lgs 267/2000 che disciplina il funzionamento degli enti locali, all’art. 51 prevede, fra le cause di ineleggibilità alla carica di sindaco, proprio l’aver già svolto due mandati consecutivi da primo cittadino.
La legge, però, non parla di “incandidabilità”, ma solo di “ineleggibilità”. Tradotto, un cittadino già due volte sindaco si può candidare, ma non potrebbe essere proclamato eletto sindaco qualora risultasse il più suffragato. E la sovranità del responso elettorale? E di contro, il rispetto delle regole? Il busillis, infatti, è tutto qui. C’è stato nel 2004 un caso simile, per citare un solo esempio ma non l’unico, a Salerano Canavese, in provincia di Torino, dove il sindaco Elio Ottino si è ripresentato avendo già all’attivo più di un mandato consecutivo. Fu eletto e proclamato sindaco dal consiglio comunale. Il Ministero degli Interni presentò ricorso ma il Tar diede ragione al Sindaco. Poi, dopo i pronunciamenti della Cassazione, a cinque anni da allora, Elio Ottino è ancora sindaco e si avvia a concludere il suo mandato senza interruzioni. In pratica, il sindaco che esce da due mandati si può candidare. Se viene eletto il Consiglio Comunale potrebbe non proclamarne l’elezione per l’ineleggibilità, ma anche confermare il verdetto delle urne. Ipotesi più che altro di scuola, visto che il consiglio è la maggioranza del sindaco e quindi è impensabile che vada contro il giudizio degli elettori che gli hanno permesso di essere maggioranza. In questa situazione, come ha ricordato anche la Cassazione, la sollevazione della causa di ineleggibilità passa al Prefetto. E qui però il cerchio non si chiude. La norma, infatti, non è perfetta. Il sindaco può ricorrere al Tar, secondo il principio di incostituzionalità dell’ordinamento che ancora nessuna sentenza della Suprema Corte ha chiarito definitivamente. Infatti, tutto l’ordinamento democratico e repubblicano si basa sulla volontà popolare espressa col voto. Quindi, come dicevamo prima, una volta che un sindaco si ricandida dopo due mandati e viene eletto, annullarne l’elezione può essere vista come una forzatura del responso delle urne. D’altronde, se una regola esiste, è giusto che un sindaco si possa candidare mentre altri, in ossequio proprio a quella norma e nelle medesime circostanze, non hanno ripresentato la propria candidatura?
Di certo c’è una legge, il D. Lgs. 267/2000, sancita nei principi di costituzionalità anche dai pronunciamenti della Cassazione, che all’art. 51, comma 2 recita “chi ha ricoperto per due mandati successivi la carica di Sindaco e di Presidente della Provincia non è, allo scadere del secondo mandato, immediatamente rieleggibile alle medesime cariche”. Però poi nessuna norma impedisce allo stesso di ricandidarsi. Ecco perché la Cassazione, nell’esprimersi su casi analoghi, ha spesso indicato il principio della “incandidabilità” come mezzo per evitare situazioni simili, e che però da nessuna norma è ancora stato recepito. Proprio per questo, allo studio delle Camere esistono diverse proposte di legge per eliminare la causa di ineleggibilità al terzo mandato, almeno nei comuni inferiori ai 5.000 abitanti
In definitiva, nel caso dell’elezione a sindaco di un candidato che ha già svolto due mandati consecutivi, vale più una norma che ha dimostrato diversità interpretative o il responso delle urne e la scelta degli elettori?
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