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PIERO QUARTO
«La sfida dell’integrazione è una sfida globale che non riguarda solo noi ma che ci interessa di più per la posizione che l’Italia occupa. Noi dobbiamo pensare che andiamo verso una società diversa, il futuro è quello che io chiamo la cosiddetta generazione Balotelli, ragazzi di origine ghanese ma dall’accento bresciano che dobbiamo riuscire ad integrare». Gianfranco Fini riparte proprio da Matera per indicare la strada maestra per affrontare la questione immigrazione ed integrazione, problemi non semplici da risolvere ma che costituiscono un vero e proprio riferimento per l’attuale società. Questioni che Fini affronta davanti ai ragazzi delle scuole superiori, a molti esponenti di quelle associazioni di immigrati che si sono integrate e lavorano nella città dei Sassi. Proprio agli studenti al termine del suo intervento che è durato poco meno di un’ora il
presidente della Camera risponderà ad un paio di domande. «Questi temi che sono molto delicati non si possono affrontare durante la campagna elettorale attraverso degli slogan oppure attraverso anatemi o usando delle scimitarre,
bisogna invece che rientrino nell’ambito di un dibattito molto ampio nel quale ci sia la volontà di confrontare le singole opinioni e la consapevolezza» ha continuato il presidente della Camera, «che l’immigrazione è una sfida culturale, una condizione con cui anche noi italiani ci dovremo confrontare. Sapendo che bisogna concedere qualcosa ma anche chiedere che chi vuole integrarsi rispetti le regole della nuova realtà e dunque abbia i suoi doveri». Fini crede che ci sia un percorso di equilibrio e di moderazione, dando delle regole ma accettando anche che chi arriva nella nuova realtà rispetti i doveri che uno Stato possiede. Non schiaccia l’acceleratore, sa che la questione è aperta e chiede di affrontarla. Ma non adesso, in campagna elettorale, ma dopo quando si potrà ragionare complessivamente sul problema. «Non si può agire in una logica esclusivamente nazionale ma si deve allargare il confronto a livello almeno europeo. Nessun
migrante è felice di andar via e noi dobbiamo ricordarci, al Sud è forse più facile ma vale anche per il Nord, che in passato spesso abbiamo fatto un percorso
inverso andando in Germania o in America. La prima cosa» racconta Fini agli studenti delle scuole superiori materane invitate dal sindaco Buccico a Palazzo Lanfranchi, «è distinguere tra immigrazione legale e clandestina, bisogna aver
chiaro però che anche il clandestino non può essere privato di quelli che sono i diritti dell’uomo. Non si può privare, ad esempio l’essere umano, del diritto alla salute». Poi la lotta ai rischi di xenofobia che pure costituiscono un pericolo: «dobbiamo renderci conto che molto presto dovremo porci il
problema della composizione della nostra società e accettare i cambiamenti che vi sono. In questo un ruolo importante possono averlo anche i mass-media, bisogna fare attenzione all’equazione straniero uguale delinquente, troppo spesso si collegano episodi di cronaca non solo al fatto ma anche a chi lo commette e non si ha identica attenzione per gli episodi in positivo che pure succedono».
Fini individua quindi alcuni elementi essenziali per l’integrazione e parte dalla
lingua: «primo essenziale veicolo di un’integrazione ma è necessario poi che questa integrazione non sia solo formale ma che si rispettino le regole dello Stato in cui ci si trova. L’integrazione è infatti anche condivisione dei valori
della società che ti ospita. Noi dobbiamo dar corso ad una sorta di patriottismo costituzionale. Recuperando il giuramento sulla Costituzione ed una serie di atti formali che possono diventare anche sostanziali». Fini ha quindi risposto alle domande di una studentessa di origine rumena del Loperfido che gli ha chiesto come si può facilitare il permesso di soggiorno: ««Non è possibile, perchè la legge è legata al contratto di lavoro. È anche vero che noi italiani dobbiamo essere meno ipocriti e chiederci: quante badanti, quanti contadini, quanti operai
immigrati hanno un contratto di lavoro? Come pure mi sembra ovvio che se ad uno di essi scade il permesso di soggiorno, sebbene abbia un contratto di lavoro, è inutile che vada a Manila e poi torni in Italia».
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