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A VIBO VALENTIA:
I carabinieri del Noe e Guardia di finanza hanno messo i sigilli in un’area di 20 mila metri quadri utilizzata per lo stoccaggio di pet-coke, mentre a Crotone analogo provvedimento ha riguardato il suolo ed il sottosuolo di 23 aree contenenti scorie di rifiuti pericolosi.
È durata circa due anni, l’indagine avviata dai finanzieri della Stazione navale di Vibo, successivamente coadiuvati dal Nucleo ecologico dei carabinieri, che ha portato all’esecuzione al sequestro, disposto dal gip del tribunale, del deposito di pet-coke, usato come combustibile dai cementifici.
Sotto accusa è il trasporto del materiale definito «feccia del petrolio». In base alla normativa, infatti, l’utilizzo del pet-coke deve seguire regole molto rigorose che, in base a quanto accertato, non sarebbero state applicate al punto che le polveri si sono depositate su balconi, panni stesi, sulle auto e all’ingresso di attività commerciali.
L’inchiesta della magistratura vibonese ha portato all’emissione di quattro avvisi di garanzia per immissione di sostanze pericolose nell’ambiente. Nell’ambito delle attività è stato anche registrato l’arrivo nel porto vibonese di due motonavi battenti rispettivamente bandiera panamense e greca, provenienti da Venezuela e Usa, con il loro carico di pet-coke movimentato senza che venissero adottati gli accorgimenti necessari ad evitare che il materiale si disperdesse nell’ambiente. Di più: un mese addietro l’autorità portuale ha anche sospeso l’attività di carico e scarico. «Questo tipo di inchieste su problematiche complesse – ha commentato il procuratore Mario Spagnuolo – attengono all’incolumità delle persone. In ogni caso, non si possono massificare i profitti prescindendo dalla salvaguardia dell’ambiente».
A CROTONE:La Procura della Repubblica ha scritto un nuovo capitolo dell’inchiesta «Black Mountains» sull’utilizzo del conglomerato idraulico fatto con scorie provenienti dagli stabilimenti Pertusola Sud e dall’Ilva di Taranto. Le aree sequestrate dai carabinieri e dalla Guardia di finanza, si aggiungono alle precedenti 18, la gran parte delle quali vicino a scuole ed abitazioni, oggetto di analogo provvedimento lo scorso mese di settembre.
Dalla relazione del consulente della Procura di Crotone che ha effettuato i carotaggi sul terreno è emerso che le scorie utilizzate per realizzare il conglomerato idraulico, cubilot, sono «altamente tossiche e cancerogene». Preoccupato il commento del procuratore della Repubblica di Crotone, Raffaele Mazzotta. I risultati delle analisi – ha detto – non sono per niente tranquillizzanti: una presenza di arsenico, quasi generalizzata, che desta preoccupazione. Bisogna intervenire subito, specie dove il cubilot è presente in superficie, la situazione è estremamente pericolosa».
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