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di GIUSEPPE AVIGNONE
In Italia e nel resto del mondo la missione della Fiat e del suo amministratore delegato Marchionne alla conquista degli Stati Uniti è vista con scetticismo.
A sorprendere è il fatto che un’azienda italiana possa essere in grado di “salvare” un big americano, grazie alla propria esperienza industriale.
Gli scettici, consci del comportamento dell’azienda torinese durante gli anni ’80-’90 più interessata a creare un soggetto finanziario vincente che un’industria produttivamente efficiente, nutrono seri dubbi sulle capacità italiane proprio in considerazione di ciò. Prima dell’avvento di Marchionne il marchio Fiat era conosciuto per modelli poco evoluti rispetto ai concorrenti e per linee di prodotto poco accattivanti, con le sole Alfa Romeo e Ferrari a dare lustro al “made in Italy” automobilistico.
Dopo la crisi che coinvolse la Fiat negli ultimi anni ’90 e fino al 2004, la morte di Gianni Agnelli e la rottura con GM, il futuro dell’azienda torinese sembrava segnato, ma proprio la penale pagata dagli americani pur di ritirarsi dall’acquisto di Fiat fu la base economica per il rilancio dell’azienda. Linee di prodotto vincenti – soprattutto per i marchi Alfa Romeo (segmento sportivo) e Lancia (auto di media-piccola dimensione) – la diversificazione in altri segmenti (trucker e veicoli agricoli) e nuove tecnologie hanno spinto la Fiat ad incrementare quote di mercato mese dopo mese e il lancio della “nuova 500” hacompletato un percorso di eccezionale crescita.
Adesso, di fronte a una crisi così profonda, l’opportunità colta da Marchionne mira a creare un gruppo omogeneo e nello stesso momento diversificato. La bancarotta pilotata che porterà gli asset di Chrysler alla Fiat non è altro che un’operazione di salvataggio da parte del Governo Usa nei confronti di parte dei dipendenti americani ed una sorta di salvaguardia del marchio statunitense.
Ciò servirà a Fiat per vendere auto oltreoceano e per ampliare il segmento medio-piccolo con prodotti poco diffusi in America. Il successo del progetto porterà l’azienda italiana a crescere nel capitale del nuovo soggetto americano, senza però dimenticare le implicite richieste dell’Amministrazione Obama.
Infatti, se il salvataggio di Chrysler per Fiat avrà costi ridotti, esiste l’impegno di Marchionne a includere nel progetto altre società Usa in crisi, come la tedesca Opel e la svedese Saab nell’orbita GM, con progetti di aggregazione maggiormente onerosi. Il progetto Fiat-Chrysler, quindi, avrà dimensioni più ampie e Marchionne sarà il regista di un processo che porterà alla creazione, non senza costi, di un nuovo colosso automobilistico internazionale e globale, in cui la famiglia Agnelli ridurrà la propria presenza e con cui gli americani riusciranno a salvare le proprie aziende nazionali.
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