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Dopo Andrea Di Consoli, Giancarlo Tramutoli, Gaetano Cappelli, Angelo Lucano Larotonda, Dora Albanese un altro illustre nome arricchisce la pattuglia degli intellettuali e scrittori che arricchiscono le collaborazioni di prestigio dell’inserto culturale Q. L’ultimo arrivato è Franco Arminio un “paesologo”. Vive in Irpinia, provincia che ha centodiciannove paesi. Spende le sue giornate ad andarci, nei paesi, anche quelli dove non va mai nessuno; e li visita, li guarda; ci rimane qualche ora o un giorno intero; parla con il vigile, il geometra comunale, la barista; va a vedere la piazza, il cimitero, la scuola, le macchine che passano; qualche volta compera una cartolina. Poi torna a casa: e racconta, scrive, sceglie e allinea le parole con la cura di chi è abituato a camminare, a guardarsi intorno, a notare le cose da nulla, a parlare con le persone, a stare in attesa dal barbiere.
Enorme successo di critica ha registrato il suo libro pubblicato da Laterza “Vento forte tra Lacedonia e Candela”. Il suo metodo ora sarà applicato alla Basilicata per Q. I primi paesi visitati da Arminio sono San Fele e
Lagopesole.
Di seguito una scheda del libro di Arminio
Vento forte tra Lacedonia e Candela
Esercizi di paesologia
«Ogni volta che vado in un paese mi accorgo che la paesologia è una disciplina con molto avvenire, perché i paesi di avvenire ne hanno poco». Un viaggio nelle piccole realtà d’Italia in compagnia di un poeta: reportage narrativi da luoghi minimi e misconosciuti.
Almeno un quarto dei paesi italiani è gravemente malato. È una malattia nuovissima. Di cosa si tratta? Di desolazione. Per secoli o forse millenni i paesi sono stati poveri ma, anche se modesta, la vita che si svolgeva un tempo era “piena”. Ogni persona stava nel suo paese come un pesce dentro al lago. Adesso pare che tutti stiano in un secchio rotto. Si vive con poca acqua e con la sensazione che nessuno sappia come conservare la poca che rimane. Chi visita i paesi d’estate o la domenica ne cattura un’impressione del tutto illusoria: il piacere del silenzio, del buon cibo, aria buona.
Tutto questo è solo una facciata, una realtà apparente che nasconde un’inerzia acida, un tempo vissuto senza letizia. D’altra parte, «uno arriva e ferma la macchina in piazza. Guarda qualcuno vicino al bar o sulle panchine. Guarda una vecchia che va a fare la spesa, un cane disteso al sole, guarda porte chiuse, guarda la propria macchina e capisce che lo strumento per la fuga è a portata di mano. Basta una mezz’oretta di curve e si torna al mondo gremito, il mondo che si muove». Se i “sani” scappano lontano, nel paese restano i malati. Può essere depressione, può essere disagio, può essere la smania velleitaria di chi sente di partire dal nulla e di non poter arrivare da nessuna parte. Il risultato è lo stesso: individui prostrati dalla desolazione del luogo in cui abitano, che non possono fingere. La malattia sembra trasmettersi per contatto con l’aria: Franco Arminio dà un nome al morbo, ne descrive i sintomi, ne scova le cause, ne racconta i malati.
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