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di FEDERICA ROCCISANO
Qualche giorno fa su Repubblica si poteva leggere un curato approfondimento dei comportamenti e degli stili di vita dei consumatori ai tempi della crisi firmato dalla sociologa Chiara Saraceno. Oggetto dell’intervento era la nuova sobrietà del consumatore che, di fronte alla crisi internazionale in atto, pone maggiore cura nello scegliere che tipo di prodotto consumare e, soprattutto, in quale quantità.
Molti potrebbero spaventarsi di fronte ad una diminuzione “razionale” dei consumi, pensando all’austerity che ha caratterizzato le fasi del dopoguerra.
Al contrario una responsabilizzazione nella scelta dei consumi può portare ad un maggiore sviluppo non solo economico ma anche sociale delle comunità locali.
Per chi, infatti, decide di intraprendere il percorso della sobrietà e degli stili di vita sostenibili, parole d’ordine diventano “scelte a chilometro zero”, cioè scelte a vantaggio delle piccole economie locali i cui prodotti sostituiscono quelli delle grandi industrie multinazionali, “riciclo dei materiali” e “riuso dei beni”. In questo modo a beneficiare dei nuovi stili di vita non sarebbero solo le tasche dei consumatori finali, ma anche i piccoli imprenditori locali che, in virtù delle scelte sostenibili di colture o allevamenti ecosostenibili e/o tradizionali, vedrebbero aumentate le proprie vendite. Inoltre e in conseguenza di ciò anche il nostro ambiente sarebbe maggiormente tutelato dall’inquinamento e dal suo depauperamento.
In una visione un po’ più estesa, azioni di questo tipo possono incidere anche nella rivalutazione del rapporto tra Nord e Sud del Mondo. Nello scenario mondiale appare sempre più urgente la necessità di una diversificazione delle traiettorie di crescita e sviluppo sia tra Sud e Nord del mondo, che tra Sud e Nord di ogni singolo Stato.
Già dieci anni fa il Rapporto del Wuppertal Institut, più noto come “La Bibbia verde del prossimo millennio”, aveva definito i tre aspetti su cui è necessario intervenire: «La riconversione ecologica», «il rapporto Nord-Sud» e «gli stili di vita».
In particolare, quest’ultimo prevedeva uno spostamento del’attenzione dall’economia mondiale verso la giustizia, l’etica e la conservazione delle risorse ambientali. Una parola racchiude scientificamente questa teoria economica e sociale: decrescita, intesa non come crescita negativa o crescita zero, ma come progetto di costruzione di società conviviali nel Nord come nel Sud. In questo senso, quindi, si chiede alla società di recuperare il senso della sopravvivenza, dell’equità e della autonomia creatrice, in quanto valori in grado di garantire la piena libertà personale degli individui, permettendo di lavorare in modo creativo.
Seguendo queste proposte di cambiamento, si instaurano nuovi rapporti in primo luogo con la società, perché in questa direzione l’individuo, oggi senza più il minimo controllo, diventa nuovamente parte della collettività, e in secondo luogo con i beni, in quanto al bene materiale, e razionale, si predilige quello conviviale. Per questo motivo, è possibile sostenere che al principio di non sazietà dell’homo oeconomicus è necessario sostituire il principio della sobrietà, intesa non come isolamento e privazione, ma come virtù in grado di rifondare il proprio essere e i rapporti amicali con gli altri e di garantire un futuro migliore alle nuove generazioni. Quindi, ridimensionare l’orientamento economico tradizionale, capovolgendo il rapporto tra economia e società attraverso l’azione di individui e reti di individui, ridando centralità a valori forti come le relazioni sociali e la reciprocità, è realmente possibile, e ne sono esempio i numerosi Gruppi di Acquisto Solidale presenti in Italia e all’estero.

Il Presidente del consiglio comunale
di Caulonia (Rc)

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