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di ENRICO COSTA*
Tempi duri per l’informazione libera, e per il delicato rapporto università-
informazione. Rileggetevi, in prima pagina del Quotidiano della Calabria di ieri, l’articolo “E’ l’Unical bellezza”. Critiche per la convenzione con un quotidiano locale a firma del direttore Matteo Cosenza.
Da noi, alla “Mediterranea” non può andare meglio, anzi, non siamo ancora alla convenzione,ma abbiamo – mentre tuoniamo contro i monopoli dell’informazione – le conferenze stampa trionfalistiche e le veline pubblicate senza firma (un tempo c’era almeno l’asterisco). Trionfalismo e pompierismo sono malattie tipiche dei regimi in declino, se poi le condiamo con vari ingredienti come la propensione alla genuflessione, l’arroganza del non disturbate il manovratore (o il manovratore del manovratore), un linguaggio da vecchio comitato centrale, la nostalgia del centralismo democratico e, tanto per non farsi mancare proprio nulla, anche la sinistra demonizzazione dell’avversario, vuol dire che siamo
proprio alla frutta. E non mancano gli autogol nella pomposa conferenza stampa
su quella che è stata chiamata “La rete degli Atenei del Mezzogiorno”, guidata proprio dalla “Mediterranea”, latitanti però i grandi Atenei, quelli che contano,
quelli delle vere “capitali del Sud”, autogol come il rituale, ed in certi casi patetico, rifugiarsi sotto il mantello del legalitarismo, e quello di dare del minoritario a chi disturba il manovratore (o il manovratore del manovratore),
sperando che la città e la comunità universitaria si siano dimenticati che, dopo lacerazioni, intrusioni e strumentalizzazioni, sono proprio gli attuali vertici ad
essersi ritrovati minoritari (chi le avesse dimenticate, vada a rileggersi le cronache ed i numeri imbarazzanti di quel poco glorioso 2006). Senza idee e quindi, necessariamente arroganti. E politicamente poco cauti.
È possibile, come università, commuoversi per l’Abruzzo, e contemporaneamente dimenticarsi dell’icona di questa tragedia nazionale che è stata e sarà la Casa dello Studente dell’Aquila polverizzata, con il suo triste carico di studenti morti, e parlare con tanta leggerezza e superficialità del completamento della
nostra casa dello studente, per intenderci di quel cantiere-rudere in abbandono da un decennio, sotto un ponte ed in mezzo ad una fiumara?
Quei poveri studenti aquilani, quelle vite spezzate, non dovrebbero essere un monito per tutti? Non dovremmo essere intransigenti? Invece da noi, per addormentare l’opinione pubblica reggina si parla addirittura di riavvio del
cantiere, si sventola l’investimento di 11.5 milioni di euro: ebbene non è una notizia rassicurante, a meno che non si dica come le cose stanno davvero, e non
aspettiamo altro, sperando che tutto sia in ordine. Lo pretendiamo.
Col terremoto, con l’ambiente e con il territorio non si può scherzare. Ci sono cinque buone ragioni (più una) per andarci cauti, cinque punti irrinunciabili (più
uno): Primo. Verificare con assoluto rigore che dopo anni di interruzione dei lavori e di abbandono del cantiere non si sia gravemente deteriorata la parte dell’edificio già realizzata. Facendo conoscere a tutti, e subito, i risultati
della verifica. Se necessario demoliamo, subito e non dopo. Secondo.
Riverificare la progettazione dal punto di vista antisismico, seguendo le regole più rigorosamente severe, non agendo alla abruzzese, ma garantendo totale sicurezza agli studenti che vi risiederanno, alle loro famiglie, alla comunità universitaria e cittadina. Se serve, anche riprogettando il già progettato. Facendo conoscere a tutti, e subito, i risultati delle verifiche compiute e delle alternative trovate. Terzo. Offrire garanzie assolute che la futura casa dello studente, localizzata nel letto del torrente Santa Caterina, non subisca un giorno
un’inondazione mettendo a repentaglio, così come avvenuto a Soverato per la vita dei villeggianti, qui da noi la vita dei nostri studenti universitari. Abbiamo
tutti il diritto di sapere, prima che sia troppo tardi. Quarto. La casa dello studente, localizzata non solo nel letto di un torrente, ma incredibilmente per un’opera pubblica piuttosto che per un privato abusivista, sotto un viadotto
autostradale a traffico intensissimo, visto che quel tratto svolge funzioni di tangenziale urbana, deve essere messa in sicurezza nei confronti del rischio, statisticamente significativo di un salto di carreggiata da parte di veicoli
leggeri e/o pesanti che potrebbero precipitare, si tratti di una moto o di un Tir, come tremendi proiettili sulla sottostante struttura residenziale colpendo i nostri studenti. Abbiamo il dovere di essere informati che ciò che qualche volta succede, non si ripeta proprio in quel sito a dir poco, poco idoneo. Quinto. Tanto
dovrebbe bastare per riconsiderare un’infelice scelta localizzativa attraverso una seria e realistica analisi costi e benefici (costi non solo economici, ma di sicurezza, sociali e di immagine): ci costerà di più rimettere a posto un rudere dall’aspetto fatiscente, impiantato in maniera inquietante nel letto di un fiume e sotto ad un viadotto) o addirittura ricominciare saggiamente da capo rilocalizzando la casa dello studente secondo sani criteri urbanistici che mettano al primo posto la sicurezza e la salvaguardia della vita umana. Regalando agli studenti ed alla città un edificio cheispiri sicurezza e non inquietudine?
Ne discende, quasi un corollario, un ulteriore punto.
Il Sesto: i conti sono stati fatti bene? Se davvero disponiamo di un investimento
di 11,5 milioni di euro, si potrebbero realizzare altro che i 400 posti letto proclamati. Guardiamoci intorno: animati di sano spirito imprenditoriale, facendo
ricorso ad adeguate capacità tecnico- progettuali, di posti letto se ne potrebbero agevolmente realizzare almeno 600, rispetto ai 400 indicati, se non 800, cioè esattamente il doppio. Mi rendo conto di disturbare il manovratore (o il manovratore del manovratore), ma non se ne può fare ameno: spendiamoli bene
i nostri soldi, non esponiamo i nostri studenti ad inutili rischi. Come comunità universitaria abbiamo diritto ad una casa dello studente che non ci cada addosso
e che non sia oggetto di segnalazione negativa, com’è già avvenuto da parte di testate giornalistiche come il Corriere e come L’Espresso, se non addirittura di
feroci sfottò da “Striscia la notizia”. È già avvenuto. Questa volta nessuno potrà sottrarci al rito della consegna del tapiro speciale al magnifico rettore. Chi non vorrebbe essere al suo posto pur di essere attapirato?

*Presidente
Corso di laurea
in Urbanistica Facoltà di Architettura
Università Mediterranea
di Reggio Calabria

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