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di GIULIA ZAMPINA
L’ultimo saluto venerdì sera come ogni sera davanti a un’armeria di un amico. Nessun appuntamento fissato per le ore o per i giorni successivi. Ma era quasi certo che si sarebbero sentiti per mettersi d’accordo per una battuta di caccia
o solo per mangiare una pizza. Ma ieri mattina, quando la notizia sulla presunta identità della vittima ha cominciato a circolare, gli amici di Mimmo Donato, sono stati contattati dagli agenti della questura di Catanzaro e con il passare delle ore si è fatta sempre più terribile la certezza che forse quell’appuntamento non dato in realtà non ci sarebbe mai stato. Mimmo Donato era un cacciatore per hobby, molto conosciuto negli ambienti. Abitava da solo in via Gattoleo nel quartiere Piterà, dove gli inquirenti si sono recati immediatamente per un sopralluogo nell’appartamento da cui hanno portato via proprio i fucili utilizzati
nelle battute di caccia. In periferia, Mimmo Donato, si era trasferito dopo la separazione dalla moglie, Teresa Morace, tra le prime persone ad arrivare negli
uffici della questura. Da quel matrimonio erano nati due figli Cristian e Vincenzo. Entrambi in Sicilia per motivi di lavoro, il primo carabiniere il secondo impiegato in una società che lavora per l’Eni. Cristian e Vincenzo, sono
stati avvisati, della terribile fine toccata al padre, da una telefonata giunta dagli uffici della questura e sono rientrati in città nel tardo pomeriggio.
Il profilo di Domenico Donato, che viene fuori dai racconti degli amici e dei parenti, è quello di una persona da una vita irreprensibile e questa è stata opinione comune di tutte le persone che alla spicciolata sono arrivati ieri negli uffici della questura. «Lo avevamo convocato la settimana scorsa in ufficio – ha detto il titolare della ditta per la quale Donato lavorava – era un pò giù di morale, ma il nostro lavoro è così, nei primi mesi dell’anno è sempre sottotono.
Poi mi aveva detto di aver fatto delle analisi che non erano andate troppo bene. Ma per il resto mi sembrava che tutto rientrasse tutto nella norma». E’ l’incredulità il sentimento predominante tra coloro i quali conoscevano Mimmo
Donato. Non vogliono arrendersi neanche all’evidenza di quella targa che corrisponde all’auto in uso a Mimmo e che non è bruciata solo perchè, non si sa se per casualità o calcolo, era staccata dall’auto che è andata in fiamme. Aspettano ancora che l’esame del Dna, riscontrabile da quel poco che resta,
restituisca loro una terribile verità o una flebile speranza.
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