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La ‘ndrangheta allarga sempre di più i propri interessi illegali nelle regioni italiane e nei Paesi europei, infiltrandosi nella politica, pilotando gli appalti, gestendo il traffico internazionale di cocaina con i colombiani e riciclando enormi capitali di provenienza illecita. La mafia siciliana, Cosa nostra, dopo gli arresti dei capi delle famiglie mafiose e di molti latitanti, sembra non aver perso il proprio smalto, tanto che l’organizzazione è in fibrillazione. La camorra, invece, costituita da gruppi criminali, «eroga servizi» in Campania. L’analisi della mafie in Italia è della Direzione nazionale antimafia (Dna), guidata da Piero Grasso, che esamina le varie organizzazioni nel rapporto annuale consegnato al procuratore generale presso la Corte di Cassazione e alla Commissione parlamentare antimafia. In oltre ottocento pagine vengono offerti elementi per delineare il quadro delle dinamiche e delle strategie delle associazioni mafiose. «La ‘ndrangheta – secondo la Dna – trae nuovo potere, sempre crescente, che si traduce, inevitabilmente, in forza di condizionamento politico, in strumento di pressione, che si somma all’intimidazione e alla violenza, dotazione di cui le cosche non esitano a fare uso ogni volta che ve ne sia necessità». Per la Dna «la ‘ndrangheta assume sempre più i caratteri di grande organizzazione criminale, ma nel contempo di forza eversiva dell’ordine democratico del Paese, di tutto il Paese». Le caratteristiche di frammentazione e fluidità della ‘ndrangheta descritte dalla procura nazionale antimafia, ne spiegano la straordinaria capacità di infiltrazione ed espansione affaristica, tanto che pure le autorità statunitensi la ritengono «la più affidabile e costante partner dei narcotrafficanti colombiani». La Dna, in base alle indagini svolte dalle procure siciliane, traccia un profilo di Cosa nostra ancorata sempre più nella pubblica amministrazione, negli appalti e nella grande distribuzione alimentare. E che tenta di tornare a gestire il traffico internazione di droga. «E’ troppo nota – scrivono i magistrati della Dna – la capacità di Cosa nostra di ristrutturarsi e di riorganizzarsi, mantenendo intatte la sua vitalità e la sua estrema pericolosità, perchè ci si illuda che lo Stato, approfittando della sua momentanea debolezza, possa più agevolmente e definitivamente sconfiggerla». La procura nazionale sottolinea che «gli organi deputati al contrasto di Cosa nostra hanno bisogno di poter disporre di nuovi, più affinati e sempre più efficaci, strumenti normativi per tenere testa all’organizzazione criminale; la quale, com’è noto, ha una spiccata abilità nel mettere in campo sofisticate tecniche di resistenza per fronteggiare l’azione repressiva dell’autorità giudiziaria». Per la Dna «il legislatore, con sensibilità e attenzione verso il fenomeno, dovrebbe costantemente adeguare il complesso normativo antimafia alle esigenze poste dall’attività della criminalità mafiosa». La camorra, invece, per la Dna è un gruppo di clan «deputati all’erogazione di servizi: dal trasporto e smaltimento dei rifiuti alla fornitura di inerti, dalla distribuzione di idrocarburi da autotrazione alla fornitura di prodotti industriali contraffatti, dalla fatturazione di operazioni inesistenti alla ‘semplificazionè delle procedure amministrative».
«Si tratta – scrive la Dna – di una gigantesca offerta di servizi criminali che corrisponde e si nutre di una proporzionale domanda di abbattimento dei costi (e dunque di moltiplicazione delle opportunità di profitto) dell’impresa legale».
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