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Dopo l’agguato del giorno di Natale 2006, nel quale morì Maria Strangio, moglie del presunto boss Gianluca Nirta, ed altre quattro persone, tra le quali un bambino, rimasero ferite, nessuno denunciò l’accaduto e le forze dell’ordine vennero a sapere quanto era accaduto solo dopo il ricovero dei feriti nell’ospedale di Locri. A riferirlo è stato il maggiore Pier Paolo Mason, responsabile della sezione investigativa del Gruppo carabinieri Locri, deponendo al processo in Corte d’assise, a Locri, contro 14 presunti affiliati alle cosche di San Luca protagoniste di una violenta faida culminata con la strage di Duisburg. Mason ha ricostruito le fasi immediatamente successive alla strage di Natale, spiegando che le indagini si erano subito indirizzate verso la faida. Una tesi che trovò conferma nell’omicidio, avvenuto il 4 gennaio 2007 di Bruno Pizzata. L’ufficiale ha anche riferito che nei giorni immediatamente successivi ai due delitti, boss e gregari delle cosche in guerra, i Nirta-Strangio da una parte ed i Pelle-Vottari dall’altra, si erano allontanati dal paese o stavano chiusi in casa per paura di ritorsioni. Mason ha anche detto che alcuni affiliati ai Pelle-Vottari, uscivano, per poco tempo, solo di sera e vestiti con tute mimetiche simili a quelle dei militari per camuffarsi come appartenenti alle forze dell’ordine. La deposizione di Mason proseguirà venerdì prossimo. Il dibattimento è scaturito dall’operazione Fehida fatta da polizia e carabinieri pochi giorni dopo la strage di Duisburg, che, però, non è oggetto del processo. Agli imputati viene contestato il reato di associazione mafiosa e, ad alcuni, l’omicidio di Maria Strangio e quello di Bruno Pizzata.

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