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Le ultime denunce sono partite dalla Questura di Cosenza alcuni giorni fa. In tutto sono un centinaio. Sono le persone di Cosenza, identificate e denunciate
per ricettazione. Quasi tutti ragazzi, sono accusati di aver “ricettato” telefonini rubati. Quasi sempre nessuno di loro ha “ricettato”, ma ha semplicemente acquistato, da una amico, o da un amico di un amico, il telefonino a prezzo di vero affare. Cinquanta euro, a volte molto di più, per i modelli più nuovi, a volte anche di meno per un telefono che “scotta” troppo. Ignari acquirenti che ora devono rispondere di ricettazione. A scoprire il vasto giro di telefonini rubati e rivenduti in loco, la Sezione Antirapina della Squadra Mobile
di Cosenza, guidata dall’ispettore capo Franco Biondi. Le indagini, volute dal
questore Raffaele Salerno, partono, e si ripetono di settimana in settimana, dalla denuncia del furto del cellulare. Una volta formalizzata negli uffici della
Questura, consegnando il codice IMEI (acronimo di International Mobile Equipment Identity), 15 cifre riportate su di una etichetta all’interno del telefonino (di solito, sotto la batteria) o sulla scatola originale dello stesso, gli investigatori rintracciano le schede utilizzate dopo il furto. Dal numero telefonico si risale all’utente che viene denunciato. Unitamente alla denuncia
viene anche eseguita una perquisizione domiciliare per recuperare il telefono.
In tutto un centinaio di denunce, quelle emesse negli ultimi tempi, con una trentina seguite a un furto in un negozio di telefonia del centro. E proprio in città sono stati rintracciati quasi tutti i telefoni rubati, anche se non mancano i cellulare finiti fuori Cosenza. In un caso il telefonino è stato rintracciato a Udine e un altro nella vicina Paola. In quasi tutte le circostanze i denunciati sono ragazzi che hanno acquistato il cellulare da conoscenti, o sulle bancarelle. Adesso dovranno rispondere del reato di ricettazione. Proprio per questo, e per
la facilità con cui si viene rintracciati, dalla Questura arriva l’invito «a non fidarsi di “affari” proposti all’esterno di punti vendita autorizzati» e a «non fidarsi neanche dalle proposte di amici e conoscenti».

Antonio Morcavallo

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