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Dodici condanne, per un totale di 66 anni, 4 mesi e 10 giorni di reclusione, e ventiquattro assoluzioni. Questo il contenuto della sentenza emessa dal Tribunale collegiale di Catanzaro nel processo a carico di trentasei presunti affiliati al clan dei Giaglianesi coinvolti nell’operazione battezzata «Revenge». Ha retto l’associazione per delinquere di stampo mafioso, ma senza l’aggravante dell’uso delle armi. Fra coloro i quali sono stati riconosciuti colpevoli, otto in particolare sono stati condannati in solido al risarcimento del danno alle tre parti civili, liquidato equitativamente in 100.000 euro per ciascuno dei tre enti costituiti (la Regione Calabria, la Provincia di Catanzaro, e il Comune di Catanzaro). Si tratta di Cosimino Abbruzzese, alias «u Tubu», condannato a 7 anni; Domenico Bevilacqua, alias «Toro seduto», 7 anni; Arnaldo Chiodo, 6 anni e dieci mesi oltre a 900 euro di multa; Lorenzo Iiritano, 7 anni e 3 mesi; Daniele Marchio, 3 anni, 7 mesi e 10 giorni e 1.250 euro; Pietro Procopio, alias «u Biondu», 7 anni; Maurizio Sabato, alias «u Cavaleri», 5 anni; e Anselmo Di Bona, alias «Cavallo pazzo», 8 anni e 4 mesi. Gli ultimi quattro condannati sono: Fabio Bevilacqua, condannato a 3 anni e 5 mesi e 700 euro di multa; Girolamo Costanzo, 5 anni e 900 euro; Stella Mazzei, 4 mesi e 800 euro (con concessione della sospensione condizionale e della non menzione nel casellario giudiziale); Giovanni Passalacqua (di 40 anni) 5 anni e 1 mese e 1.200 euro. I dodici condannati, comunque, sono stati contestualmente assolti per alcuni dei capi d’accusa contestati, ed anche per questo le pene sono state di molto inferiori rispetto alle richieste del sostituto procuratore antimafia di Catanzaro, Gerardo Dominijanni, il quale, al termine della requisitoria, aveva chiesto di condannare tutti e 36 gli imputati per un totale di 553 anni e 5 mesi di galera e 94.500 euro di multe. Fra le richieste di condanna avanzate dal pm le più alte erano state quelle per i presunti esponenti di spicco del gruppo criminale, così come delineato dagli investigatori: 28 anni per Pietro Procopio, ritenuto il «contabile» del gruppo, destinato alla spartizione degli utili, e 30 anni per Lorenzo Iiritano, altro presunto rappresentante di rilievo della cosca; 20 anni per il capo storico del clan, Gino Costanzo, tutt’ora detenuto in regime di carcere duro per via di una condanna all’ergastolo per omicidio; 30 anni ciascuno per Domenico Bevilacqua, più noto come «Toro seduto», e Cosimo Abbruzzese «u Tubu», che sarebbe stato legittimato direttamente dalla potente famiglia degli Arena di Isola Capo Rizzuto, da cui i Gaglianesi dipenderebbero.
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