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L’operazione che ha portato all’arresto di Antonio Pelle, 46 anni, detto «Vancheddu», esponente di spicco del clan Pelle-Vottari protagonista della faida di S. Luca, ha avuto come obiettivo la zona di Ardore Marina, sulla fascia ionica reggina. In particolare un agrumeto all’interno del quale sorge un capannone metallico. I poliziotti della sezione criminalità organizzata, diretta da Renato Panvino, e dei commissariati di Bovalino e Siderno, hanno deciso di ispezionare il manufatto. Alcune circostanze rilevate, come la differenza tra due diverse sezioni del pavimento, hanno insospettito gli agenti che, dopo aver rimosso una catasta di tavole del tipo usato nel settore edilizio, hanno impiegato dei martelli pneumatici nel tentativo di scardinare un tratto di solaio che sovrasta il bunker. Dopo meno di mezz’ora di tentativi, il pavimento si è sollevato automaticamente grazie al meccanismo azionato dal ricercato che, con voce ferma ha detto: «Mi chiamo Antonio Pelle non sparate, non sono armato».
Il rifugio ricavato sotto il capannone era un vero e proprio mini appartamento con tre camere: una stanza da letto, un bagno, una cucina. All’interno c’era un settore in cui sorgeva una mini piantagione di canapa indiana. Il bunker era allentato da bocchettoni d’aria che uscivano fuori dal perimetro del capannone per una ventina di metri.
Nel bunker in cui si nascondeva il latitante Antonio Pelle gli agenti della Polizia hanno trovato diverse schede per telefoni cellulari e una mini piantagione di marijuana. Il covo è composto da due stanze, in una delle quali il capo della cosca di San Luca, coltivava un centinaio di piantine di marijuana. Altra documentazione è stata sequestrata ed è adesso al vaglio degli investigatori della squadra mobile di Reggio Calabria e del servizio centrale operativo della Polizia di Stato.

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