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Arsenico, cadmio, piombo, scorie di zinco ecco la miscela esplosiva che è nelle viscere della città. Trecentocinquantamila tonnellate di rifiuti tossici, seppelliti sottoterra. Doevano essere smaltiti in discarica, venivano invece utilizzati per opere pubbliche e private. Sette gli indagati per per disastro ambientale, diciotto aree sequestrate, dove sorgono scuole, capannoni industriali, case popolari e addirittura il porto di Crotone. Ecco la ferita aperta, lasciata in città dal sito industriale dell’ ex Pertusola, la fabbrica che produceva zinco, acido solforico, cadmio, una fabbrica ormai chiusa , di proprietà dell’Eni, ancora da bonificare. Due ditte, la Crotonscavi Srl e la società di Paolo Giampà prelevavano il materiale dall’ex Pertusola, che altro non era che una miscela di sostanze chiamata chiamata tecnicamente conglomerato idraulio catalizzato e invece di smaltirlo in discarica lo usavano per opere edili. La società di Ciampà si era specializzata in appalti publici, la Crotonscavi invece si occupava di cantieri privati.
Il gioco era semplice: gli imprenditori prendevano il conglomerato idraulico catalizzato dalla fabbrica, in cambio ricevevano “modiche somme giustificandole come costo aggiuntivo per il trasporto e la posa del materiale(più oneroso rispetto al classico misto di cava perchè necessitava di rullaggi)e per gli appalti offrivano prezzi inferiori, perchè l’approvvigionamento della miscela come sottofondo, non era solo a costo zero, ma veniva pure sovvenzionato da Pertusola”, ecco cosa scrive il pm Bruni nella richiesta di sequestro dell’indegine Black mountain convalidata ieri dal Gip De Luca.
I reati contestati ai sette indagati sono: concorso per la realizzazione di discariche abusive e disastro ambientale. Gli indagati dovranno spiegare cosa è accaduto per anni in quella fabbrica e nei cantieri.I loro nomi sono: Vincenzo Mano, rappresentante pro tempore dell’impresa Pertusola, Giovanni Ciampà rappresentante legale di “Ciampà Paolo,Srl”. A questi si aggiungono altri tre indagati che sono dirigenti dell’azienda sanitaria di Catanzaro: Domenico Colosimo, responsabile del presidio multinazionale di prevenzione del settore chimico dell’Asl 7 di Catanzaro, Francesco Russo e Domenico Curcio, chimici dell’azienda sanitaria. Secondo l’ipotesi investigativa chi doveva controllare non l’ha fatto, falsando anche certificati sanitari. Tra gli indagati ci sono anche gli imprenditori Ghirelli della ditta “Bonatti Spa” con sede a Parma e Mungari rapprsentante legale dell’impresa “Leto costruzioni”.Entra in gioco la ditta di Parma perchè aveva vinto l’appalto per la costruzione della scuola di San Francesco,in via Cutro a Crotone. La ditta aveva ceduto il subappalto alla Leto di Mungari. Il conglomerato idraulico catalizzato era ottenuto dalla miscelazione di scorie cubilot (rifiuto speciale non pericoloso,che proveniva dalla fusione metallurgica dello zinco che si effettuava all’interno di Pertusola)e dalla loppa d’alto forno (rifiuto speciale non pericoloso,che proveniva dall’acciaieria dell’Ilva di Taranto). Questo era ciò che le ditte usavano per i loro cantieri. Il problema nasce dall’errore nel confondere il cubilot,tecnologia francese per il trattamento dei residui di zinco, con il cubilotto, il foro italico per la ghisa. Il perito del tribunale ha confuso il cubilot con il cubilotto della ghisa. Le scorie del cubilotto sono pericolose quelle del cubilot no. Quando l’indagine nel giugno scorso è stata ripresa dal pm Bruni un altro consulente tecnico ha affermato la tossicità di quel materiale, usate per costruire scale, strade, banchine del porto.Ieri il Gip ha disposto il sequestro preventivo perchè il materiale abbancato non è stato rimosso, anzi quelli che un tempo erano cantieri ora sono opere finite dove la gente vive: da qui la misura preventiva. Questo significa che qualunque movimento del terreno davanti a scuole,piazze e banchine del porto potrebbe essere nocivo per la popolazione e potrebbe provocare tumori: la scoria cubilot è cancerogena. La fabbrica dell’ex Pertusola che sversava rifiuti della propria attività davanti al sito industriale ha lasciato un segno indelebile. Basto solo pensare che le fondamenta delle case costruite in località Margherita sono costruite su rifiuti tossici e velenosi. Per vincere le gare, nessuno sapeva quale materiale veniva usato.

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