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POTENZA – Quando quelle casette sono state sistemate era tutto diverso. Quarant’anni fa, dopo il terremoto, in quei prefabbricati ci entrarono giovani famiglie che erano accomunate dall’aver vissuto un’esperienza terribile.
«C’era un clima bello – racconta Michela Marino, presidente dell’associazione La nuova Cittadella – eravamo solidali l’uno con l’altro, ci sentivamo dei sopravvissuti e ci aiutavamo reciprocamente». E (con il senno di poi diciamo ingenuamente) si pensava che quel prefabbricato sarebbe stato una soluzione provvisoria.
Poi però Bucaletto si è trasformata. Perché quella piccola Cittadella in cui erano radunate le speranze di rinascere – non a un caso la chiesa è dedicata a Santa Maria della Speranza – è diventata il posto preferito in cui buttare i problemi della città. Tanto, anche fisicamente, erano lontani dal resto.
Si liberava un prefabbricato e ci si metteva il ragazzo con problemi psichiatrici. C’era il detenuto che doveva stare agli arresti domiciliari? Mettiamolo in un prefabbricato. E così, negli anni, mentre i prefabbricati iniziavano a dare segni di decadenza, a Bucaletto sono stati convogliati tutti i problemi. E il clima bello e solidale che c’era all’inizio è sparito. Volatilizzato come la speranza, anno dopo anno, di riuscire a trasferirsi in una vera casa. Qualcuno in realtà una vera casa l’ha avuta, non tutti erano nelle stesse condizioni economiche. Solo che ha deciso di tenersi il prefabbricato, stendere fuori la maglietta per far finta di essere in casa e aspettare. Che una casa gratis fa comodo, semmai dovesse arrivare. Così, a uno sguardo superficiale, Bucaletto è diventato anche il quartiere dei furbetti.
«Noi conviviamo ora – dice Marino – con i pregiudizi del resto della città, che pensa che questo sia solo il quartiere dei problemi. Così gli insegnanti delle altre scuole della città si meravigliano se c’è un bambino di Bucaletto che è bravo a scuola. Oppure – è capitato anche questo – una giovane studentessa dell’Unibas si è sentita dire da un autista del bus che il giorno prima aveva saltato la corsa: “Ma perché studiate pure voi a Bucaletto?”. Non c’è solo il disagio con cui dobbiamo convivere, ma anche il pregiudizio».
Il disagio è quello che vivono i bambini della bella scuola elementare – dedicata a Gianni Rodari – che affaccia sui prefabbricati fatiscenti, con le porte e finestre sfondate. Attorno strade che sembra ci sia stata una guerra. Il disagio è quello delle famiglie, alcune anche con tre bambini in età scolare, che devono trovare il modo di far fare la didattica a distanza a tutti in 49 metri quadri. Sempre che abbiano un computer per ciascuno.
Il disagio è ritrovarsi, dopo anni di parole su Bucaletto, davanti a macerie e sporcizia laddove, almeno da tre anni, avrebbero dovuto esserci dei nuovi alloggi. Nella zona sotto la chiesa i prefabbricati sono stati abbattuti ma – come se non volessero andare via – ci sono ancora i pavimenti. E quegli spazi, nel frattempo, sono diventate discariche abusive.
Nella parte superiore, in quella piazzetta dove affaccia la scuola elementare, i prefabbricati ci sono ancora. La maggior parte vuoti, cadenti. Per impedire nuove occupazioni sono stati distrutti i servizi, ma i pezzi di quelle vecchie abitazioni sono ancora lì, con porte aperte in cui un bambino curioso facilmente può infilarsi e ferirsi.
Su quella piazzetta restano un paio di attività commerciali, un bar e un negozio di parrucchiere. A loro era stato garantito uno spazio nelle nuove costruzioni. Di cui si parla, ma che non si vedono.
Non meno di tre anni – ha calcolato l’assessore a Bucaletto, Fernando Picerno – ci vorranno per terminare i primi 70 alloggi. Che non sono neppure sufficienti per dare una casa a chi in questi anni ha usufruito del bonus fitti.
E qui si apre un nuovo scenario: quello delle graduatorie.
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