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ROMA (ITALPRESS) – “Il presente è veramente vomitevole. Mi fa incazzare, lo dico sinceramente. Sento solo discorsi di questo tipo: bisogna fare squadra, bisogna essere uniti, compatti, coesi. Essere squadra? Ognuno pensa ai cavoli suoi, ognuno pensa a casa sua, pensa alle poltrone, a livello politico, a livello scientifico, a tutti i livelli”. E’ lo sfogo di Marcello Lippi che, sulle pagine de ‘Il Corriere dello Sport’, analizza il momento delicato dell’Italia e anche del calcio nostrano, fermo a causa della pandemia di Covid-19 in un week-end che ha invece salutato il ritorno in campo della Bundesliga. “Qui in Italia si strumentalizza tutto a proprio uso e consumo – spiega l’ex ct della Nazionale, campione del mondo a Germania 2006 – Se c’è qualcuno che fa o dice qualcosa di buono viene immediatamente sputtanato, gli mettono i bastoni tra le ruote. A livello scientifico è ancora più vergognoso: ma, dico io, siamo nel 2020, andiamo su Marte e non siamo capaci di trovare una medicina, un rimedio per questo cavolo di virus, un vaccino… Se uno scopre una cosa importante che potrebbe risolvere i problemi di un’altra nazione la tiene per sè, non la comunica perchè non vuol far fare bella figura all’altro, questa è la situazione”. Per Lippi, 72 anni, reduce da una lunga militanza sulla panchina della Cina, il campionato “deve ripartire. Tra l’altro, ci dicono da un sacco di tempo che dovremo convivere a lungo con questo virus. Riparte quello, riparte quell’altro, e allora perchè il calcio non deve ripartire? Non è più come due mesi fa, quando purtroppo ci siamo ritrovati a dover far fronte a uno tsunami, una crisi drammatica che non eravamo preparati a gestire. Persone che finivano in ospedale quando ormai era troppo tardi. Non c’era l’organizzazione che c’è adesso. Il virus ha perso potenza, numerose terapie intensive sono vuote, oggi siamo in grado di contrastare diversamente la pandemia e allora cosa spinge qualcuno a sostenere che il calcio non deve ripartire. Nei confronti del calcio c’è una demagogia impressionante, un moralismo inaccettabile. Il calcio può piacere o meno, si può essere tifosi o non tifosi, ma una cosa non va mai dimenticata: il calcio professionistico – conclude l’ex allenatore di Juventus, Inter e Napoli – è un’industria e come tale deve essere trattato”.
(ITALPRESS).

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