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Lo accusano di intelligenza col nemico, qualcuno propone di indagare sulla sua vita. Tipica reazione veterocomunista. Speriamo non sia vero. La sinistra italiana è alle prese con Renzi. A sentirlo, a guardarlo, a seguirlo d’istinto viene da dire: che somma di ovvietà. Dure da digerire per chi, come diceva sconsolato Antonio Luongo l’altra sera alla direzione del Pd (a proposito fatta in una para-chiesa, dalla finestra si vedeva un crocefisso illuminato) è nato comunista. Una chiave di lettura intelligente la dà Stefano Menichini. Guardate la Nutella, dice. E la Coca cola. Cosa c’entrano con Renzi?. La Coca cola, seguita a ruota da Nutella ha scelto come campagna di marketing la pesonalizzazione. Ognuno trova il suo nome sulla bottiglia o sul barattolo. Il singolo, l’individuo trova la sua fetta di storia e di celebrità in un mondo senza confini e di uguali. Renzi, come ho scritto qualche giorno fa, è Renzi. Difficile dargli una connotazione politica. Si potrebbe banalizzare e commentare che è l’effetto di un ventennio berlusconiano. Comunque è. E’ che la politica italiana deve fare i conti da oggi in poi con questo signore cresciuto a pane e televisione e che quando parla riesce ad essere compreso anche da chi no ha le categorie strutturate di studi fatte alle Frattocchie. I suoi discorsi non sono epici, quello di Bari è stato molto criticato, monco, privo di vero progetto politico. A confrontarlo con un Cuperlo non c’è rapporto. Domenica a sentirlo dalla Annunziata veniva da chiedersi: ma questo qui l’ha mai letto un libro? Spara posizioni ad effetto, attacca sull’amnistia e sull’indulto sapendo che strategicamente attaccando Napolitano sarà al centro del dibattito politico. Poi commuove dicendo che da padre non può tollerare che i figli delle carcerati crescano in una cella. Con questa cultura politica bisogna fare i conti. Vi propongo il passaggio dell’editoriale di Menichini a mio avviso moltio significativo:

“Il punto della cultura politica è tutto nella storia delle etichette di Coca Cola e Nutella.

Fin qui la questione degli individui citati per nome e per cognome poteva sembrare solo un approccio anglosassone alla tecnica del discorso pubblico. Cioè di un espediente retorico che, tolto Walter Veltroni che tende anzi ad abusarne, è ostico ai dirigenti della sinistra italiana. I quali parlano sempre per concetti astratti e generali riferendosi al lavoro, ai giovani, alle donne, alla disoccupazione, all’immigrazione, alla giustizia, laddove qualsiasi Miliband (per non dire dei suoi maestri) si obbliga a citare un operaio preciso, quel giovane, una storia di donna con nome e cognome, un caso di mala giustizia. Vicende sempre fortemente esemplari e prossime all’esperienza del cittadino medio.

Dietro a questa abilità comunicativa c’è un pensiero. Diverso da quello tradizionale della sinistra. Affine a un pezzo importante della cultura cattolica, il che non lo farebbe sembrare modernissimo se non fosse che invece per questa via si incrocia proprio la contemporaneità più spinta e problematica. Perché, insomma, il trionfo dell’individualismo, soprattutto nelle giovani e giovanissime generazioni, o lo si affronta per quello che è oppure lo si esorcizza vanamente. E tutte le degenerazioni consumiste – di cui le etichette della Nutella sono simpatiche e inoffensive derivazioni – possono capovolgersi in un di più di attenzione dei giovani alle cose pubbliche e collettive solo se si riconosce e si premia la loro potente voglia di contare come singole persone e non come aggregati indistinti” Il pezzo intero lo trovi qui

Facciamo un salto e arriviamo in Basilicata. La guerra consumata nel Pd è frutto dell’aggressione della cultura comunista all’individualismo incalzante che rappresenta la candidatura di Marcello Pittella. Il leader unico ha dimostrato come si vince contro l’apparato della corazzata democratica, sovvertendo equilibri ed alleanze, senza scrupolo. Voto inquinato, gli hanno gridato. Ma forse, inconsapevolmente, l’eterno secondo dei fratelli Pittella all’improvviso salito sul podio del riscatto personale, ha agganciato proprio il treno della trasversalità del consenso e della catalizzazione individuale. I processi sono lenti. Calcoli d’utilità, senso di appartenenza a un partito, non so cos’altro, alla fine hanno fatto riconfluire il singolo nella macchina allargata. Eppure ho la sensazione che ci troviamo davanti a un’epoca diversa, nuova, ma non nel senso di rinnovamento, nel senso di neonata. La sinistra italiana dovrà fare i conti con Renzi. La Basilicata bianco-rossa dovrà fare i conti con Pittella. Chi non ha mai partecipato a quelle (spessissimo tediose) assemblee comuniste non avvertirà il disagio. Avvertirà il disagio chi del comunismo, pur nella filosofia di massa, ha comunque sempre chiamato per nome e cognome gli operai che incontrava o i contadini che incrociava. Basta guardare un po’ di foto per rintracciarne il senso. Di sicuro questa sinistra in Basilicata c’è stata. Se dovesse essere travolta dalla Coca cola style incalzante lasciamole almeno l’onore delle armi e il rispetto di una grande e straordinaria storia. Detto da una che non è mai stata comunista.

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