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«Ciò che accadde il 3 luglio del 2006 rappresenta un momento cruciale nella vita di tutti i vibonesi. La «bomba d’acqua», come la definirono gli esperti, che si abbattè soprattutto sulla città capoluogo e sulla sua frazione marina, ha lasciato ferite che a distanza di cinque anni sono ancora aperte e dolorose». Lo afferma il presidente della provincia di Vibo Valentia, Francesco De Nisi. «Innanzitutto – aggiunge – il ricordo va alle vittime di quel giorno e, in particolare, al bimbo di appena 15 mesi che perse la vita in quel tragico frangente. Ma l’alluvione non spezzò soltanto quelle esistenze, incise anche profondamente sul tessuto di questo territorio, da allora ancora più fragile da un punto di vista ambientale. Il mare vibonese, che sino a quel giorno era stato tra i più puliti e cristallini della Calabria, non ha ancora assorbito l’urto di quella immensa colata di fango e detriti che si riversò sulla costa e che ancora oggi si risveglia alle prime piogge colorando di scuro le acque del litorale. La consapevolezza di un dissesto idrogeologico non risolto ci accompagna quotidianamente come amministratori e cittadini, sebbene non siano mancati gli sforzi, tutt’ora in atto, per cercare di mettere definitivamente in sicurezza il territorio. Il piano Versace non attuato e la necessità di risorse esorbitanti rispetto alle reali possibilità finanziarie delle autonomie locali, rendono il quadro complessivo ancora precario. A ciò si aggiunge il blocco dell’edilizia, che viene perpetrato nonostante in molte aree non sia più giustificato da motivi di sicurezza. Vincoli inderogabili che continuano a incidere negativamente sulle dinamiche economiche locali e che a molti, soprattutto alle imprese del settore e a chi in quelle aziende ci lavora, appaiono come una sorta di deresponsabilizzazione politica e amministrativa, un modo per non correre rischi lasciando le cose come stanno». «Ma i cittadini – afferma ancora De Nisi – chiedono decisioni e soluzioni, non certo indifferenza a problemi di primaria importanza per il territorio. Vibo e la sua provincia hanno avuto grande attenzione nella contingenza del dramma, ma poi, come spesso già accaduto in passato, sono stati dimenticati. Quella che appariva, e che per certi versi appare tutt’oggi, come una priorità di carattere nazionale, alla stregua di un terremoto distruttivo, è stata archiviata senza un congruo impegno economico da parte dello Stato centrale e della Regione, che potesse consentire di superare una volta per tutte i problemi causati dall’alluvione. Come Provincia, e personalmente in qualità di soggetto attuatore degli interventi post-alluvione, abbiamo fatto il possibile per finalizzare al meglio i fondi stanziati a suo tempo. Le opere infrastrutturali per la pulizia degli alvei dei torrenti maggiormente coinvolti e di canalizzazione delle loro foci, sono ormai quasi tutte concluse. Ma ovviamente, anche se ciò rappresenta un grande balzo in avanti in termini di sicurezza per gli insediamenti sulla costa, non può bastare a risolvere il dissesto idrogeologico complessivo del territorio. L’auspicio dunque – conclude il presidente della Provincia di Vibo Valentia – è che l’alluvione del 3 luglio 2006 non venga dimenticata da chi ancora oggi ha il dovere di contribuire concretamente alla salvaguardia del Vibonese e dell’incolumità della sua popolazione, affinchè il sacrificio di chi quel giorno perse la vita continui a rappresentare un forte monito per tutti noi».
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