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Un’associazione per delinquere di stampo mafioso radicata sul territorio e riconducibile alla ‘ndrangheta calabrese. Dodici persone sono finite in manette e i provvedimenti sono correlati alla maxioperazione «Crimine», che nel luglio del 2010 portò all’arresto di 300 persone in tutta Italia e a quella conclusasi con diciannove arresti nel Basso Piemonte risalente a dieci giorni fa. Le ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite nelle province di Genova, Imperia e La Spezia, e scaturiscono da un’articolata manovra di contrasto, avviata dal Ros nel 2008, che ha portato a scoprire l’esistenza e le attività dei «locali» (cellule operative distaccate della ‘ndrangheta) liguri di Genova, Lavagna (GE), Ventimiglia (IM) e Sarzana (SP) che, mutuando il modello organizzativo dell’area calabrese di origine, operavano sull’intero panorama ligure sotto il coordinamento criminale del capolocale di Genova, Domenico Gangemi, arrestato il 13 luglio dello scorso anno nell’ambito dell’operazione Crimine. Gangemi avrebbe diretto e organizzato il sodalizio assumendo le decisioni più rilevanti, comminando sanzioni agli altri associati a lui subordinati, dirimendo i contrasti interni ed esterni al sodalizio e curando i rapporti con le altre articolazioni dell’organizzazione.
L’indagine ribattezzata «Maglio 3», documenta inoltre, la dipendenza dalla Camera di Controllo ligure del locale del «basso Piemonte», recentemente colpito da una simile attività investigativa sempre condotta dal Ros, con provvedimenti eseguiti nella Provincia di Alessandria, Cuneo ed Asti. Le proiezioni ‘ndranghetiste colpite, spiegano gli inquirenti, sono caratterizzate da tutti gli elementi tipici dell’organizzazione di riferimento:struttura verticistica, ordinata secondo una gerarchia di poteri, di funzioni e di una ripartizione dei ruoli degli associati; pratica di riti legati all’affiliazione dei membri dell’associazione ed all’assegnazione di «doti» o «cariche»; comunanza di vita e di abitudini, scandita dall’osservanza di «norme interne». In particolare, il ruolo del capo locale emerge in modo significativo anche in relazione ad aspetti della vita privata degli associati, come in occasione del tradimento coniugale subito da un affiliato. In tale circostanza, il capo locale prende atto di dover riferire in Calabria l’accaduto per la risoluzione della questione secondo le regole ‘ndranghetiste. Altri elementi tipici della struttura sono la forza di coesione del gruppo che assicura omertà e solidarietà nel momento del bisogno, nonchè assistenza agli affiliati arrestati o detenuti e sussidi economici ai loro familiari; impermeabilità verso l’esterno ottenuta grazie all’adozione di linguaggi convenzionali; disponibilità di armi. Per quanto attiene gli aspetti organizzativi e rituali, è stato confermato come l’ingresso e il conferimento di gradi all’interno dell’”onorata società» avvenisse attraverso l’attribuzione delle «doti», espressione di potere e di prestigio in seno all’organizzazione, il cui conferimento avveniva in un aurea di «solenne» ritualità mafiosa e la cui importanza è testimoniata dalla partecipazione oltre che dei sodali affiliati al locale, di delegazioni di esponenti dei gruppi confinanti. È stato inoltre scoperto che l’attività di mantenimento delle famiglie degli affiliati detenuti, avveniva attraverso una ramificata attività usuraia praticata impiegando metodi violenti in caso di mancata riscossione dei «premi».
CONSIGLIERE CALABRESE IN LIGURIA SOSPETTATO PER VOTO DI SCAMBIO
Lorenzo Saso, calabrese, residente da anni a Imperia, consigliere regionale ligure, è sospettato della violazione del Dpr 16560 numero 560 articolo 86, ovvero l’antesignano del ‘voto di scambio’ che, tecnicamente, può essere contestato solo sotto elezioni. «I miei uffici sono stati perquisiti dai carabinieri del Ros che sono arrivati da me stamattina molto presto. Naturalmente tutto ciò accade perchè l’anno scorso incontrai Gangemi». Sono le prime dichiarazioni rilasciate stamani dal consigliere Saso: «Ciò che mi viene contestato è l’articolo 86 del dpr 16 maggio 1960, n. 570 – ha specificato il consigliere stringendo fra le mani l’avviso di garanzia consegnatogli dai militari del Ros – in estrema sintesi mi si contesta di avere promesso dei favori in campagna elettorale carpendo così la fiducia dell’elettore». Lorenzo Saso era già stato coinvolto nell’indagine ‘Crimine’ che nel luglio scorso condusse 300 presunti affiliati alla ‘ndrangheta in carcere. Alcune sue conversazioni e incontri con Domenico Gangemi, considerato dagli inquirenti il boss della ‘ndrangheta in Liguria e agli arresti dal 13 luglio 2010, erano stati documentati dagli inquirenti. Saso si è detto disponibile a fornire ulteriori chiarimenti nell’arco della giornata non sottraendosi ai cronisti.
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