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POTENZA – «Signor Restivo, lei qui s’inventa le cose: il suo è un esercizio di fantasia». Micheal Bowes alla fine non ce l’ha fatta a trattenersi e dopo 10 ore di controesame ha perso la pazienza. Ieri a Winchester, nell’aula 2 del Tribunale, il magistrato di Sua Maestà che rappresenta l’accusa nel processo per l’omicidio di Heather Barnett, la sartina trucidata il 12 novembre del 2002, per cui siede sul banco degli imputati il 39enne potentino, Danilo Restivo, ha iniziato a raccogliere le fila sottolineando una per una le prove raccolte nel corso degli anni dalla polizia. Il cerchio, insomma, si stringe. E tutte le tracce condurrebbero verso Restivo, che però non si è dato per vinto e ha ribattuto colpo su colpo.
Il suo è stato un fiume di parole, una teoria di particolari, per la maggior parte irrilevanti, interrotto da buchi di memoria proprio nei passaggi che per l’accusa contano di più. Oppure da versioni che non combaciano alla prova dei fatti ma che, secondo Restivo, rappresentano la verità. Come la perizia effettuata dall’esperto Craig Wilson sul pc dove il potentino era solito lavorare mentre si trovava al centro di formazione Nacro: prova che nessuno, quella mattina del 12 novembre 2002, mentre Heather Barnett veniva massacrata in casa sua, lo ha usato sino alle 10:10.
Ma per Restivo non è corretta. Lui c’era davanti a quello schermo, o a un altro della stessa stanza. Ha detto proprio così. «So di aver detto alla polizia che ero seduto da un’altra parte. Non ricordo molto bene. Ero seduto davanti a un computer in quella stanza (…) Ho effettuato l’accesso al sistema ma stavo studiando il mio progetto davanti al computer perchè dovevo fare alcune modifiche. Nel frattempo ho aggiornato il sistema operativo». Un rapido sguardo alla perizia, poi la marcia indietro: «Chiedo scusa, aveva ragione lei, si è aggiornato da solo. Mi dispiace». Una gaffe micidiale. Poi si è passati ai video effettuati di nascosto dalla Dorset Police che lo ritraggono mentre si cambia le scarpe, si toglie i sovra-pantaloni impermeabili, si cambia la camicia, dopo aver passeggiato nel parco di Throop Mill e aver osservato con attenzione delle donne. «Amo la natura – ha detto in aula – e mi piace guardare gli uccelli. E la polizia può pensare quel cazzo che le pare». È stato aggressivo ieri Restivo. Colpa della stanchezza, ha detto. «È un anno che subisco torture psicologiche; 9
anni se si conta tutto quello che gli agenti hanno fatto».
Ma il pm Bowes non si è impietosito, nè si è scomposto alle evidenti provocazioni, e ha tirato dritto per la sua strada, tanto sul banco degli imputati mica c’è lui. Questo soltanto Restivo sembra che non l’abbia ancora capito.
«Come spiega il fatto che i poliziotti, quando un giorno l’hanno fermata al parco, le hanno trovato nella borsa un grosso coltello da cucina?», gli ha chiesto Bowes. La versione del potentino è stata la seguente: lo trovò per caso nei pressi di un gruppo di bambini di circa 10 anni che stavano giocando. Saranno stati dei veri e propri discoli perchè, come l’accusa non ha fatto a meno di evidenziare alla giuria, il 12 maggio del 2004 era lunedì, un comune giorno feriale e a quell’ora, circa le tre del pomeriggio, in Inghilterra dove le scuole fanno tutte il tempo pieno, sarebbero dovuti stare a lezione. Per evitare che si ferissero Restivo avrebbe deciso di prelevarlo. Prima avrebbe pensato di chiamare la polizia perchè «era un coltello in un parco, come potevo dire che non fosse stato usato per un delitto?» Ma non aveva il cellulare con sè, lo aveva lasciato nell’auto perciò lo prese con i guanti, «per evitare di contaminarlo nel caso la polizia volesse controllarlo in cerca di impronte digitali». In un’intercettazione con la moglie dice di averlo «preso senza pensare», ma alla polizia spiega di averlo preso con i guanti per precauzione. Quindi lo avrebbe riposto in una borsa nera a tracolla, quella che usava per
catturare degli «insetti vivi», ovvero il cibo per i suoi gechi. Quando gli
è stato chiesto perchè si fosse abbassato nell’erba alta proprio mentre passava lì vicino a lui una ragazza che faceva una passeggiata, ha detto che proprio in quel momento ne aveva preso uno. Peccato che in quella tracolla la polizia avrebbe trovato soltanto il coltello e dei fazzoletti. Niente cibo per gechi. Così è caduto di nuovo in contraddizione. «Quel giorno non ho preso nessun insetto e se l’ho fatto li ho gettati via.
Saranno scappati via quando mi sono chinato per raccogliere il coltello e ho aperto la borsa», ha dichiarato allora Restivo, suscitando uno scoppio d’ilarità nella giuria.
Un mese dopo durante una perquisizione a casa sua la polizia avrebbe trovato un kit di coltelli nuovo di fabbrica: uno sarebbe stato praticamente uguale a quello sequestrato nel parco. «Quello che lei ha fatto davvero è uscire e comprarne un altro uguale perchè era il suo coltello e lo è sempre stato».
Domani il controesame continuerà, e la sentenza che era prevista per la
fine di questa settimana potrebbe già slittare di qualche giorno.

lama

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