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di PARIDE LEPORACE

I LETTORI del Quotidiano della Basilicata domenica avranno notato che l’apertura del giornale dedicata alla presentazione del libro “Per Elisa” avvenuta al teatro Stabile di Potenza non era firmata. È stato un segno di rispetto nei nostri confronti – viste le pesanti accuse ricevute – e abbiamo deciso di restituire una cronaca il più possibile asettica dell’one girl show di Federica Sciarelli (in foto)che nei nostri confronti ha adoperato parole e toni degni del ristorante capitolino “La parolaccia”. Non ho ritenuto opportuno replicare ad horas per evitare di coinvolgere nella questione la famiglia Claps estranea al comizio, cui rivolgiamo sentimenti di umana pietà e rispetto per il dolore vissuto. Ho comunicato l’accaduto all’amministratore delegato della nostra società editrice che sta valutando con i suoi legali se procedere in sede civile ad un risarcimento per il danno procurato all’immagine della testata.

IPSE DIXIT
Federica Sciarelli dal palco dello Stabile, secondo il resoconto e il commento della Nuova del Sud (testimone non certo sospettabile di simpatia nei nostri confronti) ha affermato: «Su un giornale locale ho letto che nel libro ci sarebbe il ritratto di una città provinciale e cattiva, ma sinceramente, questi quattro cialtroni che dovrebbero cambiare mestiere, secondo me hanno letto un altro libro».
QUELLO CHE ABBIAMO FATTO
Federica Sciarelli non ha gradito la nostra locandina di sabato e la pagina che i nostri redattori hanno mandato in stampa lo stesso giorno. A favore delle persone presenti allo Stabile e per coloro che hanno letto i resoconti della presentazione spieghiamo quello che abbiamo pubblicato e che può essere verificato consultando il giornale a pagina 11 del 18 giugno. Non abbiamo scritto nessun commento o critica. Ci siamo limitati a pubblicare integralmente la postfazione del libro “Per Elisa” ( “Una macchia indelebile” pagine 449, 450, 451) firmate con lo pseudonimo Eduardo Montegrano spiegando che il nome del plume evoca l’antico toponimo di Chiaromonte, paese lucano che evoca la nota ricerca di Edward Banfield sul familismo amorale. La pagina si completava con due pezzi firmati dell’Ansa: un confronto sui due processi a Danilo Restivo siglato da un impeccabile Davide De Paola e una recensione molto positiva del libro firmata da quello straordinario Tiepolo della parola che risponde al nome di Mario Restaino. Siccome i giornali si stampano per essere venduti sulla locandina abbiamo puntato tutto sulla postfazione titolando: «Nel libro della Sciarelli la città tra cattiveria e provincialismo». Per le titolazioni della prima e dell’undicesima pagina abbiamo adoperato i giudizi più spigolosi adoperati dal glossario dell’anonimo Montegrano. NOI SCIACALLI DEL CASO CLAPS Nel suo monologo la signora Sciarelli ha spiegato all’uditorio il nostro cialtronismo e la nostra improvvisazione professionale nell’affrontare il caso Claps decantando invece la sua strada maestra e la propria narrazione della tv del dolore. La migliore anchor woman della Rai ha puntato l’indice sul fatto che una nostra cronista sia andata a bussare a casa Claps raccogliendo le dichiarazioni del papà di Elisa accusandoci di essere una sorta di sciacalli della news. La giornalista ha omesso di ricordare che quel servizio fu realizzato https://www.corriere.it/cronache/10_maggio_20/papa-elisa-clap-pagliacciata_23ac1236-63e4-11df-ae00-00144f02aabe.shtmlin tandem con il Corriere della Sera e firmato da Fabrizio Caccia che mi risulta essere uno dei migliori inviati italiani. Mi si permetta di dire da che pulpito arriva la predica, da quella conduttrice che ha tenuto in diretta la mamma di Sarah Scazzi nel momento più tragico della sua vita.
L’AFFAIRE AMENDOLARA
La conduttrice ha anche alluso sul palco dello Stabile al fatto che Fabio Amendolara abbia cambiato testata per censure editoriali. Conosco Fabio Amendolara prima che come cronista come uomo, lui puo’ riferire a Federica Sciarelli chi ha deciso e gestito l’intervista ad Antonio Claps. La coscienza di Fabio Amendolara è chiamata a testimoniare se mai una sua notizia sia stata censurata, se il suo praticantato nel Quotidiano sia stato utile alla sua carriera, se il suo nuovo incarico è stato dettato dalle leggi del mercato (dalla nostre parti di solito immobile) ricevendo avanzamento di grado e di stipendio. IL NOTO SCRITTORE
Sciarelli non poteva mancare il numero contro il suo più diretto antagonista. Lettore enciclopedico di carte processuali, giornalista corsaro e pasoliniano, demolitore di luoghi comuni e verità false e preconcette, Andrea Di Consoli, è stato apostrofato a beneficio della claque adorante come “noto scrittore”. Di Consoli è poeta, scrittore e critico che mai si definirebbe noto, rifugge dalla notorietà e dalle telecamere, non ha neanche un profilo Facebook. È un passionale autentico che cerca la strade scomode. Lo fa in maniera autentica e convinta. Non ha doppi fini nè potentati da difendere. Il Quotidiano è la sua seconda casa lucana.
INFINE POTENZA
In tutta questa vicenda si sente un rumorosissimo silenzio. Quello dei potentini. Che si fanno raccontare di essere monnezza e Corleone. La postfazione del libro è paradossalmente condivisibile. Sciarelli la propone all’Italia ma si smarca a Potenza su contenuti che ricordano la prosa eretica di un Paolo Baffari e di Leonardo Sacco, tenendo l’occhio all’audience e al gradimento. Potenza è un capoluogo abitato da una classe dirigente pavida e incapace nel saper affrontare il suo più grande lutto collettivo. Caro Eduardo Montegrano, pur se codardo nel nasconderti dietro uno pseudonimo, forse hai ragione quando scrivi: «Potenza si arroccava in un cupo provincialismo. Fatto di clientele, rassegnazione, omertà, indifferenza».

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