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Roberto Calderoli

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Per l’autonomia differenziata i partiti latitano ma scende in campo la chiesa e arriva l’appello dei vescovi del Nord


Una forbice che taglia l’Italia a metà. E’ la rappresentazione grafica dei guasti che produrrebbe la Riforma Calderoli disegnata da Famiglia Cristiana. Il settimanale ha dedicato un lungo servizio al disegno di legge che “rischia di spaccare il Paese, frammentarlo, alzare steccati. scavare fossati”. Non è la prima e non sarà l’ultima presa di posizione del mondo cattolico. E non è passato inosservato: in attesa del ramoscello d’ulivo e della Domenica delle Palme dalle chiese italiane è partito il rintocco delle campane della Cei.

Se i partiti tentennano e stanno a guardare i cattolici non resteranno indifferenti: la questione dell’Autonomia differenziata in vista delle prossime elezioni europee di giugno potrebbe diventare una pietra di inciampo per il governo e per la maggioranza di Centrodestra che sostiene il disegno di legge approvato nel gennaio scorso in Senato.

L’appello al mondo cattolico era iniziato con un primo pronunciamento del presidente della Conferenza episcopale, il bolognese Matteo Maria Zuppi che aveva rotto il silenzio e sparato a zero contro lo “Spacca Italia”. “Preoccupa la tenuta del Paese, serve uno sviluppo unitario”. Il suo grido di allarme. Da allora è stato un susseguirsi di dichiarazioni fino al via libera dato da Oltretevere.

Il messaggio lanciato da Famiglia Cristiana a Palazzo Chigi è arrivato chiaro e forte. Una bocciatura senza mezzi termini con il linguaggio più aspro, citando le simulazioni “neutre”della Banca d’Italia in base alle quali per finanziare la legge del ministro leghista ci vorrebbero 50 miliardi di euro. Giorgia Meloni e il suo partito dovranno tenerne conto, il voto di giugno “è una grande occasione di partecipazione popolare per rinnovare il Parlamento europeo”, ha ricordato, intervistato dall’Avvenire, cardinal Zuppi.

Il cammino sinodale si intreccia con il dibattito interno alla Chiesa dove non sempre regna la stessa uniformità di vedute. Si discute di tutto ma nessuna voce si è mossa finora a favore dello Spacca-Italia. Anzi. In una seconda paginata – titolo, “Un sonoro No alla secessione dei ricchi” – il presule veronese Domenico Pompili dal pulpito lancia palle incatenate. “In un modo che è sempre più globale, certe forme di rivendicazione di autonomia esasperata sembrano un po’ò anacronistiche. Ricordo che nella Chiesa ma anche nella Costituzione ci sono due principi che si tengono insieme: quello della sussidiarietà e quello della solidarietà.
“Se è quindi giusto – continua il vescovo di Verona – che ci sia una certa autonomia che valorizza di più la soggettività delle singole regioni, non si può non tener conto della situazione di partenza molto squilibrata”. Parole che, pronunciate nel territorio caro al governatore Luca Zaia, hanno avuto una vastissima eco. “Se si applicasse il discorso sulle tassazioni come previsto dalla riforma – citiamo sempre un passaggio dell’articolo di Famiglia Cristiana – il Sud non avrebbe neanche i soldi per pagarsi la Sanità”, è la chiosa di Giancarlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio.

A parlare sono i vescovi con i loro dubbi. Ma ad interrogarsi è l’Azione cattolica diffusa “capillarmente in tutto il territorio”. Tradotto vuol dire che Giorgia Meloni e i suoi fanno bene a chiedersi se procedere nella direzione indicata dal pasdaran dell’autonomia, Roberto Calderoli, sia davvero la strada giusta da seguire. Giuseppe Notaristefano, presidente dell’Associazione ha raccolto il messaggio della Cei e lo ha rilanciato.

Contro l’autonomia differenziata si è aperto anche un fronte interno alla Destra. Un appello è partito dall’ex deputato napoletano Amedeo Labocetta. Ha raccolto in poco tempo moltissime adesioni. Il fondatore di PoloSud mette in guardia dai pericoli che innescherebbe il progetto ultra-federalista , un progetto – lui sostiene – che minaccia l’unità nazionale. L’ex parlamentare del Msi in tempo non sospetti insieme all’ex ministro delle Comunicazioni del governo Berlusconi Mario Landolfi scrisse un pamphlet descrivendo per filo e per segno tutti i limiti e gli sprechi del nostro regionalismo. L’autonomia – ha detto a Italia Oggi Labocetta – è dannosa, va declinata in maniera diversa, ad esempio ripensando alle Provincie e dando maggiori responsabilità a comuni e città metropolitane, il regionalismo ha drammaticamente fallito, la riforma del Titolo V attuata dal centrosinistra ha sovvertito le gerarchie istituzionali dello Stato e creato confusione”.

Cresce il dissenso, bipartisan e si moltiplicano le iniziative. La Fondazione Gimbe ha reso pubblico un report sui danni ciclopici che produrrebbe l’autonomia differenziata. “Porterebbe al collasso – si legge – la sanità delle regioni del Sud già in fondo a tutte le classifiche per cure essenziali e aspettativa di vita “Dagli adempimenti ai Livelli essenziali delle prestazioni – Lea – ovvero le prestazioni che le regioni devono garantire gratuitamente, emerge che nel decennio 2010.1019 nelle prime dieci regioni – valutati con la griglia Lea – non c’è nessuna regione del Sud e che tra le 3 regioni che hanno richiesto maggiori autonomie si collocano nei primi posti della classifica.
Nel 2022, a fronte di un’aspettativa di vita alla nascita di 82,6 anni, media nazionale, si registrano differenze significative. Si va dagli 84,2 anni della provincia autonoma di Trento agli 81 anni della Campania. In tutte le 8 regioni del Sud l’aspettativa di vita è inferiore alla media nazionale. Il top è al Nord. L’autonomia differenziata che ti allunga la vita…


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