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Antonio Tajani e Matteo Renzi

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Dopo il successo in Basilicata, favorito anche dall’appoggio di Azione e IV, in FI e FdI si è creato un clima di apertura verso Calenda e Renzi, l’ipotesi è il campo largo del Centrodestra: un governo formato extralarge


Per adesso è solo un’idea che scalda gli animi democristiani diffusi nel centrodestra italiano. «È la volta buona» assicura un diccì di lungo corso. «La volta buona, de che?», replica un dem in Transatlantico. Il voto in Basilicata ha creato le condizioni per un nuovo centrodestra, più moderato, più allargato, meno sovranista, più di stampo popolare?
La suggestione nasce dal risultato dell’exploit di Vito Bardi, riconfermato governatore della Basilicata. Centrodestra vincente e via. L’ex generale ha messo in piedi una compagine che ha sconfinato il perimetro classico del centrodestra.

OBIETTIVO RENZI-CALENDA E IL CAMPO LARGO DEL CENTRODESTRA

Non più una coalizione basata sull’asse portante FdI-Lega-FI più qualche ramoscello centrista di rito udiccino nel senso di Udc. No, questa volta la coalizione ha inglobato Azione di Carlo Calenda e Italia Viva di Matteo Renzi. Due figure chiave del centrosinistra di qualche tempo fa.
Calenda non ha certo bisogno di presentazione: è stato anche eletto in Europa tra le fila del Nazareno, poi si è allontanato e ha fatto nascere un partito, Azione, ancora nel campo progressista.

Renzi è un discorso a parte. Enfant prodige del centrosinistra italiano di rito margheritino (nel senso della vecchia Margherita), poi segretario scoppiettante del Pd nel segno della rottamazione, poi regista dell’operazione Conte 2 e poi ancora autore di una scissione che ha portato alla creazione di Italia Viva. Ma quest’ultimo partito non è mai decollato e Matteo, con la scomparsa del Cavaliere, ha pensato che sarebbe stato possibile scalare Forza Italia.
Ma il partito oggi guidato da Antonio Tajani gode di buone salute, è in forte crescita, potrebbe sfondare il tetto del 10% alle elezioni europee. Uno scenario che renderebbe più facile l’espansione dell’area di centro nel centrodestra, portandola a essere maggioritaria nell’attuale maggioranza di governo.

I segnali vanno tutti in questa direzione. Se ne parla a più livelli. Dentro Forza Italia, per dire, in tanti sono convinti che l’operazione possa essere realizzabile, ma allo stesso tempo sia necessario del tempo. Non è dato sapere quanto, di sicuro tanto dipenderà dal risultato di Renzi e Calenda alle Europee.

LE INCOGNITE DELLE EUROPEE E L’IPOTESI DEL CAMPO LARGO DEL CENTRODESTRA

Se entrambi non dovessero superare l’asticella fissata al 4%, il polo di centrodestra diventerebbe ancor più attrattivo e diverse figure chiave di Italia Viva e Azione potrebbero fare il grande salto. Tajani ha già inglobato Noi Moderati di Maurizio Lupi e non avrebbe alcuna preclusione a dialogare con Renzi e Calenda. O, comunque, con la classe dirigente dei due partiti.

Anche dalle parti di Fratelli d’Italia c’è un clima aperturista verso Renzi e Calenda. Non è un mistero che il vicecapogruppo di FdI, Alfredo Antoniozzi, abbia teso la mano a Italia Viva e Azione: «A Renzi e Calenda dico di guardare bene i dati. Ogni volta che si alleano con noi prendono molti più voti di quando si alleano a sinistra. Questo significa che il loro elettorato non gradisce il centrosinistra ed è orientato su una linea moderata. Mi pare una riflessione che può essere utile in prospettiva».
La formula extralarge piace dalle parti di via della Scrofa perché in questo modo il centrodestra «potrebbe governare per i prossimi vent’anni» è il refrain.

Battute a parte, la questione riveste uno spazio importante nel dibattito all’interno del centrodestra. I renziani cercano di alzare il prezzo. Raffaella Paita, coordinatrice nazionale di Italia Viva, avverte: «Il centro si dimostra decisivo: non solo perché senza i voti del centro non si vince, ma anche perché una candidatura moderata è sempre più attraente di una massimalista. Il centro ha un ruolo virtuoso: rendere più liberale la destra, più riformista la sinistra. E chi pensa che il centro si faccia facendo i satelliti del Pd, non ha capito molto di chi siamo, né di cosa sia la buona politica».

Su queste note il campo larghissimo di centrodestra potrà avere un azionista di maggioranza, FdI, attestato attorno al 28%, un partito di centro tra il 10 e il 18% e, infine, una Lega che tornerà ad avere le percentuali degli anni di Bossi, così da veleggiare attorno al 4/5%. Percentuali che segnerebbero un cambio di passo alla coalizione di centrodestra.

L’AIUTO DELLA SINISTRA

Fantapolitica? Al momento è certamente lontano un accordo di questa portata. Ma la discussione è in uno stadio avanzato. E di certo aiutano le divisioni a sinistra, l’azione politica di Elly Schlein, le uscite di Giuseppe Conte. Insomma, più il centrosinistra dà la sensazione di non costituire un fronte compatto, più è facile che si acceleri il processo di allargamento del centrodestra.

Tutti questi discorsi se la dovranno vedere con l’atteggiamento di Matteo Renzi e Carlo Calenda, due figure ingombranti della politica italiana che dall’oggi al domani potrebbero far saltare tutto. Di sicuro il leader di Azione si mostra sostanzialmente prudente e continua a criticare la presidente del Consiglio e non vede all’orizzonte nuovi scenari: «Non vedo campi larghi, solo un unico campo brullo. L’obiettivo di Azione non è cambiato: costruire un grande partito della Repubblica che chiuda la stagione di un bipopulismo improduttivo e fazioso. Si fa con una larghissima coalizione e con il ritorno al sistema proporzionale».

E Renzi? Il leader di Iv è del tutto imperscrutabile, tiene aperti i due forni, forse un po’ gioca. Appare improbabile che possa ricucire con il Pd, anche perché i democratici continueranno a flirtare con Conte. Insomma, tutto può succedere. Non subito. Non adesso. Ma niente è impossibile. Anche il campo larghissimo di centrodestra.


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