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L’ombra della ’ndrangheta si allunga sul Comune laziale di Aprilia dove si registrerebbero l’influenza sull’area pontina e i legami con la Banda della Magliana


REGGIO CALABRIA – «Non ci costituiamo, questa è una vicenda privata che non ci riguarda…è il capo dei capi, è cattivo, cattivo, cattivo». Uno dei motivi per cui il sindaco di Aprilia, Lanfranco Principi, di FI, consulente del lavoro (è anche presidente del Consiglio provinciale di Latina dell’Ordine professionale), è stato arrestato nella maxi operazione antimafia condotta dalla Dia è il legame con il reggino Sergio Gangemi, imprenditore ritenuto espressione delle famiglie di ‘ndrangheta De Stefano e Mordà.

All’epoca in cui Principi era vicesindaco, indusse il sindaco dell’epoca, Antonio Terra, a non costituirsi parte civile dinanzi al Tribunale di Velletri nel processo che vedeva imputato Gangemi, per reati estorsione ed usura, insieme a Patrizio Forniti, ritenuto il capo di un gruppo mafioso autoctono sgominato con l’operazione. Un gruppo che aveva legami con altre mafie: la camorra e, ovviamente, la ‘ndrangheta, da tempo sbarcata sul litorale romano e in grado di costituire un proprio “locale” anche nella Capitale, come emerso da precedenti inchieste. La figura cerniera con la ‘ndrangheta era Gangemi, finito agli arresti domiciliari per concorso esterno in associazione mafiosa. Principi definisce Forniti come “capo dei capi” proprio per il suo rapporto con Gangemi: «non è calabrese ma sta con i calabresi».

Ma, a sua volta, Gangemi è «ammanicato con i casalesi» ed è «socio di Nicoletti capo della Banda della Magliana», diceva sempre il sindaco arrestato. Il riferimento è a Tony Nicoletti, figlio di Enrico, il cassiere della Banda morto qualche anno fa, socio di fatto di Gangemi e Forniti in una concessionaria Bmw sulla Pontina. Tony Nicoletti, un omone “alto due metri”, e Gangemi sono «tutta una batteria», secondo il collaboratore di giustizia Agostino Riccardo.

Gangemi è accusato di aver messo a disposizione proprie risorse economiche per rafforzare l’organizzazione di Forniti. Contribuendo così a rafforzare il prestigio delle consorterie di ‘ndrangheta di cui è considerato un riferimento. Sarebbe intervenuto per frenare pretese estorsive di un altro clan nei confronti di una persona protetta da Forniti e avrebbe messo a disposizione suoi locali quale luogo di incontro del gruppo mafioso apriliano. Inoltre, avrebbe assunto Forniti alle dipendenze delle sue società Selection Cars, Spazio Uno e Imm. G., tutte con sede ad Aprilia, e insieme allo stesso Forniti avrebbe gestito la Spazio Food srl per reinvestire capitali illeciti – 13 milioni di euro – nella società Radiomarelli.

Nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Roma Francesco Patrone, su richiesta della Procura guidata dal procuratore Francesco Lo Voi e dall’aggiunta Ilaria Calò, si parla di “carisma” di Gangemi derivante oltre che dal suo background professionale anche dal legame con la ‘ndrangheta. Del resto, anche “simbolicamente”, la messa a disposizione di una sede logistica per i summit aveva un suo peso specifico, così come lo stretto rapporto con Forniti, socio di fatto ma anche amico col quale instaura un rapporto di mutuo soccorso quando uno dei due era detenuto.
Insomma, una sorta di “garante” del boss apriliano. Questo sarebbe stato il ruolo di Gangemi, che interveniva affiancando il suo alleato diffondendo il messaggio secondo cui tutto ciò che sarebbe stato compiuto ai danni di Forniti avrebbe comportato la reazione del reggino. Il controllo del territorio era così assicurato: attività economiche, appalti, competizioni elettorali, traffico di stupefacenti, tutto era gestito dal clan apriliano.

Non a caso il collaboratore di giustizia Andrea Pradisitto definiva Gangemi come un «personaggio molto importante nella zona di Aprilia e Torvaianica. Chiunque sa – aggiungeva – che deve rivolgersi a Forniti e Gangemi per qualsiasi questione».

Ma chi è Gangemi? Sorvegliato speciale, ha subito il sequestro di beni mobili, immobili e quote societarie formalmente intestati a terzi ma a lui riconducibili. In un’informativa della Dia, la famiglia Gangemi viene definita come “stabilmente” attiva nell’area pontina e della Capitale. I Gangemi avrebbero mantenuto rapporti “inalterati” con la cosca De Stefano, aristocrazia della ‘ndrangheta. Rapporti già delineati in termini di contiguità dalla Dda reggina che denunciò il padre di Sergio, Giampiero, per associazione mafiosa dopo avere documentato le sue relazioni economiche con l’imprenditore Sergio Mordà che, a sua volta, sarebbe legato alla famiglia Araniti, operante nel mandamento di Reggio Calabria insieme al cartello Libri-Tegano-De Stefano. I legami con gli Araniti sono forti per essere stato Pietro Gangemi compare d’anello di Domenico Araniti.

Il capostipite della famiglia Gangemi, secondo quell’informativa, risulterebbe avere rapporti anche con la Nuova camorra organizzata oltre che con l’avvocato Giorgio De Stefano, figura di primissimo piano della ‘ndrangheta reggina: il pentito Pasquale D’Amico racconta che quest’ultimo lo garantì economicamente quando l’altro non poteva partecipare a un appalto per carenza di risorse.

L’humus in cui ha operato Sergio Gangemi, invece, è quello laziale, come emergerebbe dal suo arresto per estorsione ai danni di due imprenditori. Con spregiudicatezza sarebbe riuscito a infiltrarsi nel tessuto economico dell’area pontina, un comprensorio che si estende da Aprilia, Ardea, Pomezia, Anzio, Nettuno fino a Latina. Una zona in cui le cosche da tempo si muovono in maniera “silente”. In una conversazione intercettata, uno dei suoi prestanome dice che Gangemi dall’oggi al domani sarebbe capace di “mettere a giro” tre milioni di euro dopo il primo trimestre di attività.

Da dove spuntano tutti questi soldi? Per tre mesi, prima che venissero arrestati, sono stati intercettati i fratelli Sergio e Giampiero Gangemi. Il giorno successivo all’arresto, due indagati commentano: «non ti mettere in mezzo a situazioni che diventano ingestibili…queste culture calabresi… Sergio ha impicci perché ha preso i soldi da una parte… la famiglia de Stefano… non ti mettere in mezzo». Gangemi si costituì in carcere a Velletri. Al momento dell’esecuzione dei provvedimenti restrittivi si trovava in Svizzera.

Ma è lo stesso sindaco di Aprilia a raccontare il retroscena dell’acquisizione di un ristorante da parte di Gangemi. Fu Principi a curare la trattativa. Ma non c’era bisogno di alcuna trattativa, «Gangemi dice: io prendo, ma senza dipendenti… la norma prevede che se subentri ti devi accollare i dipendenti». Due però avanzano pretese. Sono le 11 e mezza. Alle 15 citofonano al consulente. «”Che dobbiamo firmare? Firmiamo tutto”. Quelli hanno questi sistemi».

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