INDICE DEI CONTENUTI
Fanno discutere le dichiarazioni del ministro Valditara e sorgono polemiche e pregiudizi su un governo che taglia le risorse sulla prevenzione alla violenza di genere
Il 25 novembre rappresenta una giornata cruciale per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla violenza di genere, con l’obiettivo di promuovere una migliore comprensione di un fenomeno assai complesso. In questo contesto, stanno facendo discutere le dichiarazioni del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara il quale, la scorsa settimana, ha definito “ideologica” la prospettiva che individua nella lotta contro il patriarcato una soluzione per affrontare la questione femminile, sostenendo che l’aumento dei fenomeni di violenza sessuale sia legato anche a “forme di marginalità discendenti dall’immigrazione illegale”. Le sue parole hanno trovato anche l’appoggio della premier Giorgia Meloni, la quale ha parlato di “un’incidenza significativa dell’immigrazione illegale di massa”.
Queste considerazioni hanno acceso un forte dibattito non solo sulle possibili cause della violenza di genere, ma anche su quale dovrebbe essere il modo corretto di affrontare temi così delicati. La sovrapposizione tra concetti diversi, così come l’attribuzione errata di responsabilità, rischia infatti di creare confusione, rendendo complessa la discussione e, conseguentemente, difficoltoso cercare risposte che possano dare supporto alle vittime di violenza. Innanzitutto, quando si parla di forme di violenza, bisognerebbe prestare molta attenzione ai termini utilizzati.
LA DIFFERENZA TRA VIOLENZA DI GENERE E VIOLENZA SESSUALE
C’è infatti una differenza sostanziale tra violenza sessuale e violenza di genere. La violenza sessuale si riferisce a qualsiasi atto sessuale forzato, non consensuale o indesiderato (incluso lo stupro, le molestie sessuali, e altre forme di contatto sessuale contrario alla volontà della persona). Diversamente, la violenza di genere è un concetto più ampio, che include al suo interno la violenza sessuale e che comprende tutte le forme di violenza perpetrate contro un individuo in base al suo genere.
Questa tipologia di violenza ha come principali vittime le donne, giacché si radica in stigmatizzazioni culturali e sociali che perpetuano disuguaglianze di ruolo e dinamiche di marginalizzazione femminile. La sua espressione più estrema è rappresentata dai femminicidi, casi in cui una donna è uccisa proprio “in quanto donna”, ossia, per ragioni specificamente legate al suo ruolo percepito all’interno della società.
Questi atti violenti sono alimentati da dinamiche di controllo e possesso, oltre che da discriminazioni che riflettono una visione stereotipata che legittima forme di subordinazione e distorce le relazioni di genere. I numeri delle vittime, del resto, ci restituiscono una realtà quantomeno eloquente.
NEL 2024 IN ITALIA 96 FEMMINICIDI
Dal 1° gennaio al 3 novembre 2024 in Italia ci sono stati 96 femminicidi e 82 donne sono state uccise in contesti familiari o affettivi e 51 per mano del partner o dell’ex partner. Per quanto riguarda il presunto legame con l’immigrazione, secondo gli ultimi dati ISTAT disponibili, nel 2022 il 92,7% degli italiani vittime di omicidio è stato ucciso da connazionali e, per le donne, la percentuale è del 93,9%. Nel nostro Paese, la violenza è un problema che si sviluppa già all’interno delle dinamiche sociali italiane e alcun dato supporta invece la posizione secondo cui l’aumento della violenza di genere sarebbe legato all’immigrazione. Del resto, gli ultimi dati evidenziano in realtà che i flussi migratori verso l’Italia sono in calo negli ultimi anni, rendendo ancora più difficile sostenere un nesso causale diretto.
Probabilmente, quelli a cui il ministro Valditara voleva fare riferimento erano i cosiddetti “reati spia” della violenza di genere (come maltrattamenti, violenza sessuale o stalking), giacché i numeri indicano effettivamente che il 28% di questi reati è commesso da persone di origine straniera. Tuttavia, questo dato va interpretato con cautela, e non per presunto “buonismo”, ma perché esistono diversi comprovati fattori che lo influenzano. Fra i quali una maggiore propensione alla denuncia da parte delle vittime quando l’aggressore è straniero e/o non ha legami affettivi con la vittima.
I dati ISTAT segnalano infatti una diffusa ritrosia a sporgere denuncia nel caso di connazionali. Questo avviene per diversi fattori, sintetizzabili nelle dinamiche proprie del contesto in cui la violenza si perpetra. In cui il pregiudizio influenza tanto il comportamento degli aggressori quanto il trattamento delle vittime.
VIOLENZA DI GENERE, IL GOVERNO TAGLIA IL 70% DI RISORSE PER LA PREVENZIONE
Le narrazioni voyeuristiche dei media e il modo in cui in Italia si parla di violenza, confermano purtroppo l’esistenza di un sistema che spesso non sostiene le vittime, ma le colpevolizza. Le mancate denunce sono legate anche al legittimo timore di non essere credute o di essere giudicate, così come alla percezione diffusa che una denuncia sia inefficace.
Forse, che questo Governo in un anno abbia tagliato il 70% delle risorse per la prevenzione della violenza di genere, non trasmette neppure una particolare fiducia nelle istituzioni rispetto al tema. Questo fenomeno non è ideologico, ma sociale, e non richiede una diversione del discorso verso fenomeni esterni, ma un’attenzione mirata alle radici strutturali che lo alimentano.
Sebbene il termine “patriarcato” risulti indigesto a molti, la sua negazione è spesso un privilegio di chi può permettersi di ignorarne l’esistenza. Negli ultimi anni, questa parola ha assunto un valore ancora più divisivo, spesso liquidata come un retaggio del passato da chi ne contesta l’attualità. Tuttavia, nella sua accezione moderna, il termine non descrive una fase storica o una specifica società, ma un sistema basato su dinamiche di genere, in cui il ruolo maschile continua a godere di superiorità e privilegio economico. Anche se le manifestazioni del patriarcato erano più evidenti in passato, le sue relazioni fondamentali di potere persistono e sono confermate dai dati. E sono queste dinamiche che dovrebbero essere consapevolmente riconosciute e decostruite. Diversamente, il contesto sociale e istituzionale non solo fallirà nel fornire un supporto concreto alle vittime, ma rischierà di diventare esso stesso un ulteriore ostacolo alla loro protezione.
La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA