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È apparso provato Giovanni Miniello, il ginecologo barese di 68 anni arrestato lo scorso 30 novembre con l’accusa di violenza sessuale nei confronti di due pazienti. Nel giorno del suo interrogatorio ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere. L’avvocato Roberto Eustachio Sisto ha spiegato che «essendo trascorso poco tempo dall’applicazione della misura cautelare ed essendo necessari approfondimenti, il professor Miniello per il momento si è avvalso della facoltà di non rispondere, riservandosi di farlo successivamente, appena saranno terminati gli approfondimenti».
Al momento non è stata chiesta alcuna revoca della misura cautelare. Il ginecologo è stato interrogato dal gip Angelo Salerno, lo stesso che ne ha disposto la custodia cautelare accogliendo parzialmente la richiesta delle pm Larissa Catella e Grazia Errede, del procuratore Roberto Rossi e dell’aggiunto Giuseppe Maralfa. Gli inquirenti in realtà avevano chiesto il carcere per Miniello, ipotizzando accuse di violenza sessuale nei confronti di quattro giovani donne. Il gip ha ritenuto che due querele siano state tardive e che i domiciliari siano sufficienti per evitare il rischio di reiterazione del reato. Miniello, infatti, aveva chiesto la cancellazione dall’Ordine dei medici ma non gli è stata ancora accordata perché è in corso un procedimento disciplinare. Nel frattempo, è stata disposta una sospensione “ope legis” dall’esercizio della professione della durata pari a quella della misura cautelare stabilita dal giudice.
Il gip, per Miniello, ha disposto i domiciliari per aver palpeggiato il seno di una paziente e per aver effettuato una “ispezione rettale”. Sulle carte dell’ordinanza, grazie alle dichiarazioni fornite da un consulente dei pm, è spiegato come non ci sia attinenza tra le preferenze sessuali di una donna e la diagnosi del papilloma virus. Inoltre, il consulente spiega che una visita ginecologica non prevede un controllo della mammella a meno che non sia la paziente a richiederlo.
Così come l’esame anale si effettua nella zona perianale e non all’interno con penetrazione. Il gip ha ritenuto comunque di evitare il carcere a Miniello – chiesto dalla Procura – perché nei casi in cui le donne hanno rifiutato i rapporti offerti dal medico, «non appare che gli atti posti in essere dall’indagato, pur univoci, fossero idonei alla consumazione del delitto di violenza sessuale». Per il giudice «l’assurdità della soluzione prospettata dal Miniello» è sicuramente in grado di generare «sgomento e perplessità» in alcune pazienti, ma non al punto da poter dare vita a una sudditanza.
A questa inferiorità psichica si poteva giungere se «si fosse trattato, ad esempio, di una visita effettuata da soggetti privi di alternative diagnostiche e terapeutiche, perché ad esempio svolta gratuitamente in favore di soggetti indigenti» oppure «in un contesto sociale o culturale tale da poter considerare credibili» le conseguenze profetizzate dal medico.
Un punto sul quale i pubblici ministeri non sono d’accordo: nella richiesta d’arresto in carcere, infatti, hanno parlato di una «personalità subdola e priva di alcun freno inibitorio» che «approfittando delle condizioni di “inferiorità psicologica” delle vittime, ingenerata di proposito prospettando malattie oncologiche anche con esiti mortali, ha dato esecuzione al proprio programma criminoso».
Le denunce, alcune delle quali risalgono ad anni addietro, dopo l’inchiesta de Le Iene continuano ad aumentare: 15 nei centri antiviolenza le richieste di ascolto. Mentre sono quattro le donne che hanno presentato denunce, tuttora al vaglio della Procura.
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