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Milano, 27 feb. (askanews) – L’ordine di scuderia è chiaro fin da ieri: evitare polemiche, accuse incrociate, rimpalli di responsabilità, caccia i colpevoli. Ma sotto la patina dell’unità le tensioni nel centrodestra restano: e seppure con toni pacati, la Lega non fa mistero delle aspettative per un cambio di registro nei rapporti tra i partiti, quando si tratta di scegliere i candidati per le elezioni amministrative. Matteo Salvini indossa i panni del saggio: “Ogni tanto cadere può servire a fare un esame per fare di più e meglio. Non do la colpa a Truzzu, si è trattato di un voto sardo per i sardi così come il 10 marzo sarà un voto in Abruzzo per gli abruzzesi”.

Il vicesegretario Andrea Crippa lo dice più chiaramente: “Bisogna ascoltare i territori, considerare le capacità e non solo i rapporti di forza”. Perchè archiviata con la sconfitta di Paolo Truzzu la destituzione di Christian Solinas, ora la Lega guarda alle altre realtà locali che andranno al voto. Con in testa un nome in particolare: quello di Luca Zaia. La convinzione del Carroccio è che la lezione sarda non può essere ignorata: “Non basta il consenso nazionale per vincere sui territori. Bisogna scegliere il candidato giusto, quello che rappresenta meglio le istanze locali”. Un ragionamento che per il Carroccio non ha una impersonificazione più naturale che nel governatore del Veneto, da 15 anni alla guida della Regione.

Ecco allora che la Lega vuole tornare alla carica per l’eliminazione del limite di due mandati, che già nelle settimane scorse ha mandato in fibrillazione la maggioranza. Del resto, prosegue il ragionamento leghista, “se scegli il candidato sbagliato l’esito è quello della Sardegna: il dato di Cagliari dice tutto…”, insistono i leghisti guardando alla debacle di Truzzu nella città da lui amministrata. Discorso in qualche modo scivoloso, per i leghisti, alla prese con l’accusa di aver alimentato il voto disgiunto che ha penalizzato Truzzu: “Non scherziamo, lo escludiamo categoricamente”, ribadiscono i leghisti. Con ancora Andrea Crippa che ammonisce: “A me hanno insegnato che in politica come nella vita bisogna saper vincere ma soprattutto saper perdere. Quando perdi non vai a cercare capri espiatori altrove. Il voto disgiunto è una scelta spontanea che hanno fatto alcuni elettori”.

La sintesi la tira un parlamentare di lungo corso del Carroccio: “Ora è ovvio che ci si aspetta una riflessione: l’auspicio è che Meloni entri nella modalità Berlusconi. Quando il partito più grande e che esprimeva il leader era consapevole di vincere grazie alla coalizione. Un atteggiamento del tutto diverso da chi pensa che la coalizione vince perchè vince lui…”. Il primo banco di prova non è lontano: si attende il ritorno al principio della riconferma degli uscenti per i prossimi passaggi, dalla BAsolicata all’Umbria fino, appunto, al Veneto.

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