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Stallo nell’economia dell’Italia. L’occupazione stabile a novembre, ma rispetto al 2023 è cresciuta dell’1,2%. In un anno si è contratto il fatturato dell’industria (-2,6% in valore e -2,1% in volume)
L’Italia è ferma. Una macchina che ha bisogno di una profonda revisione. E non è consolante che ci siano Paesi come la Germania che vanno anche peggio. O che nell’Eurozona nel quarto trimestre la crescita sia stata zero e +0,1% nella Ue, secondo gli ultimi dati Eurostat. Il tris di dati sfornati ieri dall’Istat su Pil, occupazione e fatturato dell’industria, ha dato una scossa al Paese. La doccia fredda è arrivata dal Prodotto interno lordo. Nel IV quadrimestre del 2024 non si è mosso rispetto al quadrimestre precedente, mentre su base tendenziale ha segnato uno striminzito +0,5%, lontano dal +1% previsto per il 2024 dal Documento di economia e finanza. Anche se va comunque ricordato che già a ottobre il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, aveva espresso cautela sul raggiungimento dell’obiettivo. La variazione acquisita per il 2025 è nulla.
A incidere sulla crescita del 2024 che l’Istat definisce di “natura provvisoria” (il dato relativo all’anno sarà diffuso il 3 marzo) la flessione dell’agricoltura e dei servizi a fronte della ripresa del settore industriale. In realtà per l’agricoltura un dato atteso, tenendo conto della difficile stagione climatica che negli ultimi tre anni ha provocato danni complessivi per 20 miliardi, secondo le stime della Coldiretti, con 9 miliardi solo nell’ultimo anno. I numeri di ieri però stridono con l’analisi sul valore aggiunto agricolo 2024 che, sempre secondo un report dell’Istat, avrebbe portato l’Italia al primo posto nella Ue. E’ vero comunque, come spiega l’analisi, che a sostenere il Pil è stata la componente estera, mentre la domanda interna è stata negativa e questo potrebbe spiegare il risultato positivo dell’agroalimentare che ha chiuso un 2024 eccellente sul fronte dell’export con 70 miliardi.
Non sono esaltanti neppure le performance del mercato del lavoro. A dicembre, secondo i dati provvisori, gli occupati, rispetto a novembre, sono rimasti stabili, mentre sono aumentati i disoccupati e calati gli inattivi. Si è interrotto anche il trend favorevole per le donne: sono saliti gli occupati uomini, i dipendenti permanenti e quelli nella fascia tra 35 e 49 anni, in flessione invece donne, dipendenti a tempo e autonomi. Il tasso di occupazione è calato dello 0,1% a 62,3%, l’inattività al 33,5% e la disoccupazione è cresciuta al 6,2%.
A dicembre comunque il numero di occupati ha superato di 274mila unità (+1,2%) quello dello stesso mese del 2023 e dunque in un anno il tasso di occupazione risulta più alto dello 0,3%. Anche in termini tendenziali a trainare il mercato sono stati i lavoratori stabili (+4,4%, 687mila unità in più), quelli a termine sono calati del 13,6% (-402mila) e gli automi dello 0,2% (-11mila).
E continua a marciare a passo rallentato il fatturato dell’industria e dei servizi. A novembre ha segnato +1,5% in valore e +0,6% in volume rispetto a ottobre con incrementi sia sul mercato interno che estero. A sostenere la crescita congiunturale energia (+14,1%), beni strumentali (+2,6%) e beni intermedi (+0,8), in flessione dello 0,9% i beni di consumo. Sull’anno però il fatturato dell’industria si è contratto del 2,6% in valore (-2,7% sul mercato interno e -2,6% sull’estero) e del 2,1% in quantità. Hanno tenuto i beni di consumo (+1,2%), mentre sono calati energia (-9,3%), beni strumentali (-5,8%) e intermedi (-1,6%). Su terreno negativo anche i servizi (-0,7%) con l’andamento peggiore per il commercio all’ingrosso (-3,7% in valore e -4% in volume). Mentre per gli altri servizi positivo il valore (+3,3%) e in lieve calo (-0,1%) il volume.
Lo spaccato dell’economia reale delineato dall’Istat ha acceso le critiche dei partiti di opposizione che hanno parlato di disastro tra Pil al palo e boom di cassintegrati. Il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Marina Calderone, ha sostenuto che “i dati sull’occupazione sono i migliori di sempre, il tasso di disoccupazione è in linea con la media Ue. Ovviamente – ha detto – c’è ancora tanto da fare. Adesso dobbiamo intervenire sempre di più sulle tre grandi opportunità che ci sono, ossia donne, giovani e Sud”. Preoccupazione è stata espressa da alcune associazioni di categoria. Per Confcommercio il prodotto interno lordo fermo evidenzia due questioni sostanziali: “l’andamento piatto dell’economia italiana in conseguenza di un ulteriore ritardo della crescita dei consumi nell’ultimo trimestre, contrariamente alle attese di qualche spunto migliorativo, e un trascinamento nullo per il 2025”.
Anche se nell’analisi dei numeri Istat Confcommercio ha visto alcuni segnali incoraggianti, in particolare “la tenuta dell’occupazione anche a dicembre, la crescita della fiducia di famiglie e imprese e qualche sporadico segnale positivo sul versante dei saldi invernali, inducono a collocare nel primo quarto del 2025 una moderata ma significativa ripresa della spesa delle famiglie”. Una situazione comunque segnata dalle incertezze. L’associazione ha valutato positivamente la tenuta del mercato del lavoro segnato dal rafforzamento degli occupati stabili che rappresentano il 67,2% del totale contro il 64,2% del 2019.
Meno positiva la visione di Confesercenti che ha indicato oltre al Pil anche il “lavoro con l’occupazione stabile che potrebbe riflettere la crescita zero in atto.” Le prospettive per il 2025 – secondo quanto si legge nella nota – non lasciano al momento intravedere la possibilità di un’accelerazione significativa e anche gli obiettivi di crescita attesi dal Governo dell’1,2% nell’anno in corso non saranno raggiunti”. Il verdetto è “andamento deludente” anche se, secondo Confesercenti, si registra “una relativa tenuta dei consumi delle famiglie, che potrebbero essere aumentati lo scorso anno dello 0,6%. La spesa delle famiglie nell’ultimo trimestre dell’anno potrebbe, però, aver registrato un lieve decremento su base congiunturale (-0,1%) e nel complesso l’aumento rispetto al 2023 si sarebbe arrestato a 6,5 miliardi (+0,6%)”.
Un incremento che si colloca comunque al disotto del potere di acquisto cresciuto del 2,8% ma destinato dalle famiglie in gran parte al risparmio. Anche Confesercenti ha però voluto vedere alcuni aspetti incoraggianti. Soprattutto per quanto riguarda i consumi che “potrebbero aumentare di 8,6 miliardi (+0,8%), ma soltanto se il rialzo dei prezzi non supererà il 2%. Un obiettivo che potrebbe essere messo in discussione dalle tensioni sui mercati energetici”.
Negativa senza appello la valutazione del Codacons che ha parlato di “profonda crisi vissuta dall’industria italiana” attestata dal dato sul fatturato di ieri che ricalca quello di qualche giorno fa della produzione industriale. L’associazione dei consumatori ha poi evidenziato il fatturato dei beni di consumo calato dello 0,7% nei primi undici mesi dello scorso anno rispetto al 2023 con punte del -1,7% per i beni durevoli. “Numeri che – per il Codacons – ancora una volta sottolineano la crisi della nostra industria e la necessità di intervenire sul fronte del potere d’acquisto delle famiglie e dei consumi per ridare fiato all’economia e far ripartire il comparto.
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