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Il commissario per la Giustizia della Ue, Didier Reynders, durante la presentazione del rapporto sullo stato di diritto

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Libertà di stampa, dal report sullo stato di diritto della commissione Ue arriva una strigliata all’Italia: “La libera informazione è a rischio”


Non è stata una buona giornata per il centrodestra in tema di libertà di informazione. La maggioranza di governo finisce prima sotto botta dell’Unione europea per poi beccarsi anche l’avvertimento del capo dello Stato, Sergio Mattarella, che non le manda di certo a dire in tema di libertà di informazione.
L’ordine di scuderia da parte di palazzo Chigi è stato quello di non alimentare polemiche. Quindi tutti in silenzio, a cominciare dalla premier Meloni. Sono troppi i fronti aperti con l’Europa, mentre la freddezza con il Quirinale è cosa ben nota. Meglio lasciar decantare la situazione. O almeno provarci.

LE SPINE DEL REPORT

Ma andiamo con ordine. In Italia «i giornalisti continuano ad affrontare diverse sfide nell’esercizio della loro professione» e il governo è chiamato a «proseguire l’iter legislativo sul progetto di riforma sulla diffamazione, la tutela del segreto professionale e delle fonti giornalistiche, evitando ogni rischio di impatti negativi sulla libertà di stampa e garantendo che tenga conto delle norme Ue sulla tutela dei giornalisti» ha scritto la Commissione Ue nelle raccomandazioni rivolte a Roma, contenute nel report sullo stato di diritto.

La Commissione Ue si sofferma anche sulla Rai

Bruxelles si sofferma anche sulla Rai, altra partita ad altissimo rischio che sta giocando in questi giorni la maggioranza di governo, avvertendo che l’Esecutivo deve «garantirne l’indipendenza» e «finanziamenti adeguati».
E ancora: «Il governo ha adottato ulteriori misure per razionalizzare il sostegno finanziario al settore dei media, anche se le parti interessate hanno sottolineato la necessità di azioni più efficaci. Le iniziative legislative che regolano la possibilità per giornalisti e giornali di accedere e pubblicare alcuni documenti giudiziari e il contenuto delle intercettazioni telefoniche sono state accolte con critiche dagli operatori dei media.

Nonostante le norme mirate sulla protezione dei giornalisti dalle minacce, la situazione della loro sicurezza e delle loro condizioni di lavoro e la crescente diffusione di cause strategiche contro la partecipazione pubblica (Slapp) rimangono un problema. Non ci sono stati sviluppi importanti sulla proposta di riforma del regime di diffamazione a mezzo stampa, che pure desta preoccupazione», ha sottolineato ancora la Commissione di Bruxelles.
Poi è stata la volta di Sergio Mattarella. Il capo dello Stato ha dedicato un lungo passaggio al tema dell’informazione dopo l’aggressione a Torino di un giornalista de La Stampa da parte di un gruppo di estremisti di destra.

L’intervento del Presidente Mattarella

«Ogni atto rivolto contro la libera informazione, ogni sua riduzione a fake news, è un atto eversivo rivolto contro la Repubblica – ha detto Mattarella Va sempre rammentato che i giornalisti si trovano a esercitare una funzione di carattere costituzionale che si collega all’articolo 21 della nostra Carta fondamentale, con un ruolo democratico decisivo. Si vanno infittendo, negli ultimi tempi, contestazioni, intimidazioni, se non aggressioni, nei confronti di giornalisti, che si trovano a documentare fatti. Ma l’informazione – ha ricordato il capo dello Stato – è esattamente questo, come a Torino nei giorni scorsi. Documentazione dell’esistente, senza obbligo di sconti. Luce gettata su fatti sin lì trascurati. Raccolta di sensibilità e denunce della pubblica opinione. Canale di partecipazione e appello alle istituzioni. Per citare Tocqueville, “democrazia è il potere di un popolo informato”».

«Garanzia di democrazia è, naturalmente, il pluralismo dell’informazione. A questo valore le istituzioni della Repubblica devono rivolgere la massima attenzione e sostegno. Si è aperta la discussione – ha ricordato il capo dello Stato – sulla opportunità di una nuova legge organica sull’editoria, come avvenuto in precedenti occasioni di svolta in questa industria. È inevitabile tenere conto della evoluzione tecnologica che ha mutato radicalmente diffusione e fruizione delle notizie. È responsabilità della Repubblica e dell’Unione europea che i valori del pluralismo si affermino anche nei nuovi ambiti e si creino le condizioni per accompagnare la transizione in atto».

MAGGIORANZA IN SILENZIO

Nessuno dei big della maggioranza di governo ha sentito il dovere di commentare le parole del capo dello Stato o quelle della Commissione europea. Per tutta la giornata si sono espressi soltanto pochi peones. Non i big, quelli che danno la linea al partito e al Paese. Un modo, questo, per evitare di rinfocolare tensioni, soprattutto all’indirizzo di Ursula von der Leyen in un momento così delicato per l’Italia.

Sono settimane decisive per l’Esecutivo Meloni: a Bruxelles dovranno scegliere il nome del futuro commissario italiano (a Roma è stato chiesto il nome di un uomo e di una donna, verosimilmente Fitto e Belloni), poi, dopo l’estate, si inizierà a discutere della legge di Bilancio e, soprattutto, del piano di rientro del deficit da concordare con Bruxelles. Ce n’è abbastanza per rimanere in silenzio aspettando che passi la bufera.


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