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NAPOLI. – Avreste mai immaginato, dopo aver collezionato un pari casalingo e due insuccessi consecutivi, vedere il tecnico toscano sollevare con un entusiasmo da ragazzino il suo ex collaboratore Martusciello ( oggi, secondo di Sarri ndr) e abbracciarlo e scherzare, prima di una gara di un’importanza fondamentale per il prosieguo del campionato ( Inter ed Atalanta vincenti, ed a ridosso della prima posizione di classifica, Milan ed Juve sconfitte ) avversaria la Lazio del “profeta” di quel tipo di calcio comparso anche sull’enciclopedia Treccani, tal “Sarrismo” ? Pochi, davvero pochi, eppure lo ha fatto, dimostrando ciò che pochi altri allenatori possiedono (forse Ranieri, ma per quest’ultimo è l’età che fa gioco…), e cioè quella tranquillità, quella serenità, quella voglia matta di divertirsi che ha inculcato nei suoi atleti, che da par ,oro stanno dimostrando di voler ricambiare questa particolare fiducia che ha riposto in tutti i calciatori, ben consapevoli di godere di una stima incondizionata del trainer, capace di sdrammatizzare tutto e confermandolo anche nel dopo gara, quando alla domanda se avesse piacere che un giorno sia posizionata una statua anche per lui, ha risposto con la schiettezza che sa tanto di origini toscane: “ Preferirei restare ancora per un po’ in panchina….”.

Era sicuro di un ritorno così brillante alla vittoria oppure aveva piena fiducia nello schema tattico che aveva predisposto, stante le assenze di Anguissa, Politano ed Osimhen? Come non ricordare le parole, o meglio le inflessibili richieste rivolte, senza alcuna riserva mentale alla società, di trattenere Lobotka e Petagna? Come avrà fatto a farsi scorrere addosso le critiche sul giocatore slovacco, sollecitato all’acquisto, con forte convinzione, dall’altro napoletano adottato Hamsik, compagno in nazionale e quindi con piena conoscenza delle qualità di Lobotka? E quanti lo vorrebbero in lista di sbarco al prossimo mercato di gennaio? Nessuna attenuante gli è stata riconosciuta per il fallo, ingenuo sì ma non cattivo (è di una correttezza in campo che gli va attribuita), costato l’iniziale svantaggio nella gara contro lo Spartak, mentre è da sottolineare il comportamento che ne ha contraddistinto la sua lunga permanenza in panchina, e quante volte avrebbe voluto mandare a quel paese, il Gattuso che gli urlava “Lobo, Lobo” ogni qual volta toccava il pallone, costringendolo a delle figure barbine?

Nessuna reazione, accettava ogni decisione, e Spalletti lo ha finalmente utilizzato nella posizione a lui più congeniale, quel vertice basso nel rombo di centrocampo, diventando un punto di riferimento per i difensori e per Ruiz, che sembra adattarsi sia con lui che con il camerunense Anguissa: sempre, e ribadiamo sempre, era nei pressi di chi aveva tra i piedi il pallone ed era semplice ricevere la sfera e smistarla, con saggezza, e, forse questo un piccolo neo, ha preferito raramente effettuare passaggi in verticale, ma quelle poche volte che li ha utilizzati, la manovra se ne è avvantaggiata, soprattutto con Zielinski, abile a sua volta ad affondare. Sui telefonini di ogni parte del mondo scorrono ancora le immagini della festa, che chiameremo consacrazione post mortem, dedicata a Maradona, con quel piede “bagnato in oro” anche nella statua , diventato ormai oggetto di devozione: come non potrà aver ascoltato il suo nome volato al cielo come la sua anima, avendo comunque lasciato un’orma indelebile nella mente di ogni napoletano? Hanno tremato le pareti di ogni casa nel rione di Fuorigrotta, ma è quel terremoto che agita ancora i cuori dei partenopei, e Spalletti ha ripetuto più volte quell’aggettivo, “indelebile” perché è l’unico che può spiegare ciò che mai e poi mai potrà essere cancellato dalla memoria.

Un’ultima precisazione sul lavoro dell’allenatore: avreste mai ipotizzato un recupero totale del “Ciro” Mertens, reduce da due brutti infortuni, di cui quello alla spalla non di poco conto e di non semplice riabilitazione? I sanitari hanno il loro merito, ma vogliamo evidenziare che il recupero psicologico di un atleta, che ormai conta trentaquattro anni e sei mesi, non è lavoro semplice, essendosi appropriato della maglia di primo attaccante, il nigeriano Osimhen. E questo gravoso impegno lo ha sostenuto un tecnico che ha dalla sua, esperienza, buon senso, filosofia, e il Napoli in soli trenta minuti ha ritrovato se stesso, coesione, identità tattica e, giocando alla grande, sino al novantesimo, quattro reti una più sontuosa dell’altra! Spalletti, “ad maiora” !

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