David Sassoli
3 minuti per la letturaNiente tagli a coesione e agricoltura, o niente bilancio comunitario. In Parlamento europeo l’unica cosa su cui sono tutti d’accordo è che le proposte di bilancio comune che circolano non convincono per niente. Forze pro-europeiste, euroscettiche e sovraniste si ritrovano sulle stesse posizioni per una convergenza inattesa e non voluta, dettata da ragioni diverse, che si traduce nel serio rischio di una bocciatura quando il Parlamento europeo sarà chiamato a esprimersi.
Vuol dire che tutti i programmi della Ue sono a rischio, e non solo coesione e agricoltura, per cui comunque permane la possibilità di una riduzione di risorse.
I CAPITOLI BASILARI
Coesione e agricoltura sono ancora sotto l’assedio dei Paesi che vogliono tagliare il bilancio comunitario (Austria, Finlandia, Paesi Bassi, Svezia), una cosa che non va giù ai deputati. Verdi, popolari, socialdemocratici, conservatori, sinistra radicale: l’invito a tenere giù le mani da capitoli di spesa ritenuti fondamentali arriva da ogni parte dell’Aula.
«I tagli alla coesione significano meno crescita, meno prosperità, più divisioni e più povertà», sintetizza il francese Yonous Omarjee, della Gue. Ma la posizione del Parlamento la riassume il suo presidente, David Sassoli: «Abbiamo bisogno di un bilancio che riduca le differenze. Ma se tagliamo la coesione, come le riduciamo queste differenze?».
Parole che mostrano come sul bilancio assi italo-francesi siano possibili, e non solo quello. «Il Parlamento andrà fino in fondo». Vuol dire bocciature. «Il budget della Ue è proposto e poi il Parlamento lo vota. Se il Parlamento non lo vota, non è perché è un incidente». Quindi attacca i governi nazionali, in particolare quelli più responsabili della proposta negoziale della presidenza finlandese del Consiglio Ue. Una proposta «insufficiente».
Tra la proposta del Parlamento e quella del Consiglio c’è una differenza di circa 237 miliardi di euro. Non poco. Rispetto alla proposta iniziale della Commissione europea – 1.134 miliardi di euro per il periodo 2021-2027 – l’istituzione Ue direttamente eletta ha proposto quasi 200 miliardi in più (1.324 miliardi), il consesso degli Stati membri invece circa 48 miliardi in meno (1.087 miliardi). Una differenza che si riflette sui decimali percentuali: tradotto in relazione al Reddito nazionale lordo, la Commissione chiede uno sforzo degli Stati pari all’1,1%, il Parlamento lo vuole dell’1,3%, il Consiglio lo ha fissato all’1,07%.
TROPPE IDEE DISTANTI
La proposta del Consiglio non piace neppure ai sovranisti che siedono in Parlamento. Tamas Deutsch (Ppe), ungherese membro fondatore di Fidesz e uomo vicino al premier Viktor Orban, ammette che «la presidenza finlandese ha peggiorato le cose e ora siamo ancora più distanti di quanto non lo fossimo sotto presidenza bulgara». Mentre tra i sovranisti cechi, che in quanto tali vorrebbero meno soldi per l’Europa, Veronika Vrecionova (Conservatori europei) non ha dubbi: «Dobbiamo tornare alla proposta originaria presentata dalla Commissione».
Il punto è che nemmeno la proposta della Commissione va bene. «Ci sono le risorse per finanziare tutte le vecchie politiche – traduce Sassoli – Come finanziamo quelle nuove?». Con più soldi, che però i governi non vogliono mettere. E l’Unione europea si ritrova in un vicolo cieco. Dopo mesi di negoziati, di passi in avanti se ne vedono pochi.
«Senza progressi reali, rischiamo di avere il peggior budget di sempre», dice Luca Jahier, presidente del Comitato economico e sociale europeo, organismo consultivo della Ue, sostenitore della proposta del Parlamento. Contributi per almeno 1,3% del Rnl.
La questione del bilancio mostra le tante, troppe idee di Europa e le tante distanze tra l’Europa e le regioni. Perché la Commissione difende il proprio orticello. La presidente Ursula von der Leyen ha a cuore la sua agenda. «Molti Stati difendono coesione e agricoltura, e giustamente. Mi aspetto la stessa determinazione per difendere le nostre strategie», ossia digitale, difesa, lotta ai cambiamenti climatici. Pretende «almeno il 25% delle risorse di bilancio da destinare al Green deal». Richieste che inevitabilmente contribuiscono a complicare il negoziato.
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