Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte
2 minuti per la letturaLE GARANZIE dello Stato alle banche sono già oggi all’80%. Passano al 90 e al 100% in modo contorto e con troppi soggetti coinvolti senza buttare giù il muro delle sofferenze pregresse. Purtroppo non funzionerà. Perché la valutazione di merito della banca è sospesa solo sotto i 25 mila euro di prestito. Sopra, tornerà a fare la banca. Avrà solo una massa in più di garanzie da gestire che potrà utilizzare per coprirsi sul rischio legato a esposizioni pregresse e, quindi, per migliorare il proprio rating aziendale.
Siamo arrivati al punto di fare un provvedimento che aiuta le banche invece delle imprese. I mercati lo hanno capito e i titoli bancari ne hanno beneficiato anche se questo idillio – temo – durerà poco perché oggi sono in gioco gli Stati e l’Italia con questo provvedimento è meno forte degli Stati francese e tedesco.
Siamo in tempi di economia di guerra e noi continuiamo a sfornare decreti che sparano a palle incatenate. Non è vero che non servono a niente, ma sul campo di battaglia non bastano. Dobbiamo misurarci con ben altre potenze di fuoco. Soprattutto, non riusciamo a fare sparare i nostri cannoni. Come si possa perdere in un momento come questo ore preziose per decidere se la Sace deve rimanere sotto il cappello di Cdp o direttamente del Tesoro senza neppure capire come sia finita francamente è amaramente sorprendente.
Vorremmo essere chiari: più giri si devono fare più burocrati ci devono mettere bocca, più soggetti economici sono chiamati a dire la loro, meno soldi arrivano a chi devono arrivare. Con questo provvedimento possono tirare un sospiro di sollievo – e di questo ne diamo volentieri atto – il mondo dell’artigianato e del piccolo commercio che avranno una iniezione di liquidità certa a stretto giro. Il resto è nelle mani del Signore perché le tutele penali che chiedevano le banche non ci sono e la garanzia dello Stato per chi ha esposizioni in Npl o in Forborne che riguardano almeno le imprese di metà Paese non ci sono.
Non discutiamo le buone intenzioni e l’entità delle garanzie messe in gioco ma emergono la tortuosità dei meccanismi scelti e l’assenza del coraggio necessario per farsi carico di un passaggio epocale per l’economia di un Paese che vive di mercato globale e deve fare i conti con la sua momentanea sparizione. Un Paese che prova oggi sulla sua pelle le ricadute di scelte aberranti in termini di frammentazione del potere decisionale tra Stato e Regioni. Siamo ancora in piena emergenza sanitaria e lo spettacolo inverecondo dello scontro istituzionale tra macchina centrale e macchina regionale è sotto gli occhi di tutti.
Apprezziamo lo sforzo che il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, compie ogni giorno per tenere la rotta ferma in casa e in Europa ma il massimo dell’attenzione in Italia e fuori deve riguardare i meccanismi decisionali e gli uomini capaci di farli funzionare. Purtroppo, non ci siamo ancora.
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