Le tre scienziate che hanno isolato il Coronavirus
4 minuti per la letturaIsola di Procida in festa, Ragusa e Campobasso cariche di orgoglio. Le tre donne che hanno isolato il coronavirus hanno provenienza simile: sono accomunate da origini meridionali, dove l’eccellenza spesso è costretta a emigrare oppure non viene messa nelle condizioni di essere valorizzata.
Per Maria Rosaria Capobianchi, Concetta Castilletti e Francesca Colavita sono arrivati elogi da tutta Italia e mezzo mondo. Nei prossimi giorni arriverà anche l’encomio solenne dall’Ordine dei Biologi. Le dirette interessate, da lavoratrici umili abituate a vivere grazie a mille sacrifici facendo la gavetta, si schermiscono. «Abbiamo fatto e continueremo a fare il nostro lavoro. Questo è il nostro lavoro».
I PROFILI
Vero, peccato che nessuna delle tre abbia mantenuto le radici professionali al Sud. Vediamoli i profili personali. La responsabile del laboratorio di Virologia dello Spallanzani di Roma, Maria Rosaria Capobianchi (67 anni), è nata a Procida ed è laureata in scienze biologiche ed è specializzata in microbiologia.
Concetta Castilletti, 56 anni, siciliana di Ragusa, responsabile della Unità dei virus emergenti, è specializzata in microbiologia e virologia.
La ricercatrice Francesca Colavita, 30 anni, di Campobasso, da 4 anni è al lavoro nel laboratorio dopo diverse missioni in Sierra Leone per fronteggiare l’emergenza Ebola, attende di essere stabilizzata. E il governo, Pd in primis, sembra aver promesso proprio in queste ore che centinaia di ricercatori non saranno più precari.
I RACCONTI
C’è un Sud che si fa valere, fuori dai confini di origine, facendo grande l’Italia. «Ha vinto il team, non il singolo» ha commentato Castilletti.
«Mi sentivo una provinciale, come procidana che studiava a Napoli, poi mi sono trasferita a Roma con la famiglia dedicandomi alla materia per cui ho sempre studiato», il racconto della Capobianchi. Storie normali, di chi ha deciso di vivere tra le provette di un laboratorio. A scovare virus, magari facendo qualche buco nell’acqua e poi qualche scoperta rivelatasi utile per l’umanità.
«Finora avevamo dati incompleti, ossia sulla base di dati teorici, sul disegno del genoma del virus – dice la virologa campana sul coronavirus – Hanno funzionato bene, come hanno dimostrato i controlli disegnati sempre in silico. Ma ora possiamo avere il vero controllo, cioè il virus».
Il sindaco di Procida, Dino Ambrosino, dal primo momento ha espresso grande felicità per il successo dell’isolana: «Un grande onore per tutti noi, le siamo grati». Andò via da casa a 14 anni per studiare nel capoluogo, ma la sorella vive ancora a Procida: si rincontrano d’estate alla spiaggia della Chiaiolella.
IL LAVORO
E ora finisce qui? Niente affatto. I prossimi passaggi dopo l’isolamento del virus sono altrettanto delicati e determinanti per le cure di chi ne è affetto. «Avere a disposizione il virus ci permette di provare farmaci in vitro e di avere grandi quantità di virus che possono servire per la messa a punto di un vaccino, oppure di antigeni e preparazioni che poi servono alla diagnostica. Abbiamo cullato il virus e abbiamo avuto anche un po’ di fortuna – ha aggiunto la siciliana Castilletti, due figli grandi e un marito – Sono abituati a questo genere di emergenze a casa mia. Ho vissuto la grande emergenza della Sars, di Ebola, dell’influenza suina, della chikungunya, e con i miei colleghi siamo stati spesso in Africa. È un lavoro che mi piace moltissimo e non potrei fare altro».
Che cosa accomuna le tre biologhe dello Spallanzani di Roma? Si definiscono “testarde”. Non si sono mai arrese, hanno messo la propria professionalità a disposizione di una squadra. I frutti sono arrivati.
L’ENCOMIO
Ecco, una vita dedicata agli altri. Spesso in cambio di stipendi non adeguati all’impegno. Ora sono diventate, le tre donne da copertina loro malgrado, famose e ben volute. L’Ordine Nazionale dei Biologi tributerà loro un encomio solenne. La consegna avverrà nel corso del forum dedicato agli “Stati generali della Ricerca” organizzato dall’Ordine nazionale dei Biologi, il prossimo 20 febbraio, nella sala convegni dell’istituto di genetica “Ceinge” di Napoli.
A darne notizia, il presidente dell’Ordine, Vincenzo D’Anna «a testimonianza – spiega – della gratitudine di una categoria intera che sempre più frequentemente balza agli onori delle cronache per l’importante contributo fornito alla ricerca biomedica e biotecnologica».
Ora tocca al ministro della Salute, Roberto Speranza, e al ministro dell’Università, Gaetano Manfredi, riuscire a modificare l’iniqua piramide delle retribuzioni varata con la legge Madia che relega migliaia di ricercatori a un ruolo subalterno e scarsamente retribuito.
Intanto, il Mezzogiorno si è fatto valere. Ora tornerà a “faticare” in silenzio.
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