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La spesa pubblica in conto capitale nelle regioni del Mezzogiorno, in continuo declino sia considerando la pubblica amministrazione che il settore pubblico allargato, non svolge più il ruolo di strumento di riequilibrio dei divari territoriali che aveva avuto negli anni antecedenti al 2007, prima della grande crisi finanziaria. In quel periodo la spesa pro capite della Pubblica amministrazione era superiore a quella del Centro-Nord. E’ la conclusione a cui giunge la Relazione 2019 sui Conte Pubblici Territoriali (Cpt) che analizza i flussi di entrate e di spesa della pubblica amministrazione centrale, degli enti locali e delle grandi aziende pubbliche.
MEZZOGIORNO DA SOLO
Oggi si racconta una storia diversa. Nel 2017 (ultimi dati definitivi disponibili) si è prodotta una riduzione nel Mezzogiorno sia della quota di spesa in conto capitale della Pa (che dal 33,6% del 2016 è passata al 31,6% e la stima per il 2018 indica una ulteriore riduzione al 29,6%) che del settore pubblico allargato (dal 33,5% del 2016 al 31,4% del 2017) in cui hanno inciso le dinamiche di spesa di alcune imprese pubbliche nazionali (Finmeccanica, Ferrovie, Eni, Gse, Anas, Terna) che hanno ridotto gli investimenti nelle regioni meridionali. Il 2017 ha segnato nel complesso una riduzione della spesa in conto capitale del comparto delle imprese pubbliche nazionali, diminuita del 12,16% rispetto al 2016. Ma il dato generale ha una ricaduta territoriale non omogenea: la quota destinata al Sud è scesa dal 35,8% al 33.8% del totale, attestandosi ai livelli più bassi dal 2020. Insomma, le scelte orientate a logiche di mercato dei grandi investitori nazionali, spingono a focalizzare gli investimenti altrove, con la conseguenza di ampliare il gap territoriale.
BINARIO MORTO
Particolarmente significativa è la riduzione della quota di spesa da parte delle Ferrovie dello Stato nel Mezzogiorno, passata dal 34,7% del 2016 al 29,1% del 2017. Le Fs hanno ridotto il volume di spesa in tutte le regioni meridionali, con picchi del 30% in Molise, del 24% in Calabria, del 22% in Puglia. Anche l’Eni ha ridotto gli investimenti al Sud, dal 38,9% del totale della sua spesa in conto capitale, al 32%. Terna investe al Sud il 44,8% della spesa in conto capitale contro il 56% del 2016. Tagli anche da parte dell’Anas, che destina al Mezzogiorno una quota importante di spesa, la tendenza è comunque al calo, dal 72,3% del 2016 al 64,5% del 2017. Dopo il calo del 2016, recupera la quota destinata al Sud di Poste e Enel che passa, rispettivamente dal 32,2% al 33,9% sul complesso della spesa in conto capitale, e dal 33,8% al 36,2%. Un interessante approfondimento dei Cpt è riservato all’analisi sull’aggiuntività delle risorse delle politiche di coesione rispetto alla spesa ordinaria. Le risorse per le politiche di coesione, a cui sono destinati i fondi strutturali europei, il cofinanziamento nazionale e il fondo sviluppo e coesione (ex fondo aree sottoutilizzate) devono essere ‘aggiuntive’ alla spesa ordinaria della pubblica amministrazione, perché finalizzate a colmare il divario che penalizza le aree deboli del Paese, concentrate al Sud ma non solo.
IL GAP RESTA UGUALE
Da anni ormai i diversi monitoraggi mettono in luce come le risorse che dovrebbero essere aggiuntive vengono in realtà utilizzate per progetti e investimenti ‘ordinari’, complici i ripetuti tagli alle spese nel bilancio dello Stato e degli enti territoriali. Risultato, il gap tra Sud e Nord resta tale e quale. L’analisi dei Cpt, che in questo caso arriva fino al 2018, conferma questa tendenza. Nel 2018 la spesa in conto capitale della pubblica amministrazione (al netto delle partite finanziarie) è stata pari a 34,6 miliardi di cui 27,6 miliardi di spesa ordinaria e 6,9 miliardi di risorse ‘aggiuntive’ pari al 20,2%. Considerando la sola macro-area del Mezzogiorno, la spesa per investimenti della Pa è stata complessivamente di 10,3 miliardi di cui 6,2 miliardi risorse ‘ordinarie e 4,1 aggiuntive, pari al 39,7%. Una quota così elevata di risorse aggiuntive si spiega con il fatto che esse hanno in realtà avuto una funzione sostitutiva delle spese ordinarie.
SOLDI NON SPESI
Nel 2018, infatti, scadeva il termine per la prima verifica del ciclo di programmazione 2014-2020, e per evitare il disimpegno automatico che scatta quando i fondi impegnati non vengono spesi entro tre anni, le amministrazioni inseriscono nelle spese certificate alla Ue quelle per progetti che avrebbero dovuto impiegare risorse ordinarie. I target di spesa sono stati raggiunti, i soldi non sono stati persi, ma l’efficacia in termini di coesione e rilancio del Sud è tutta da dimostrare.
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