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SCAGLI la prima pietra chi non ha mai pensato di indossare occhiali finti, con pupille belle attente e sveglie disegnate sopra, per schiacciare invece un pisolino, in un banco in fondo alla classe, nel più classico delitto perfetto dello studente svogliato che, senza rischiare nulla della sua reputazione scolastica, simula grande interesse per le gesta di Napoleone, il teorema di Pitagora o qualche intraducibile brano di Cicerone. Film di commedia all’italiana, vignette satiriche, finanche grandi store on line che propongono la vendita di accessori per costumi di Carnevale o net-gadget nella variante Halloween o zombie, sono pieni di rimedi di cartapesta di questo tipo che non sono mai andati oltre, però, un sorriso compiacente degli amici, qualche bbuhh di terrore alla fidanzatina o un bel tre in condotta se il piano non va a buon fine.
Mai ci saremmo immaginati che tornassero di moda espedienti di autodifesa del genere, attualizzati a livello di didattica interattiva e di video-lezioni di gruppo. Fra epidemie e pagelle da salvare, quarantene e programmi da svolgere, dramma e ironia, la necessità di trasferire un piano didattico usando tastiere e webcam è stata salutata con grande orgoglio e consenso, in pieno accidente da coronavirus. Ma si sa, le macchine sono stupide, chi se ne avvale con tanta fiducia forse un pochino pure. E allora, fatta la legge, trovato l’inganno: come far vedere al prof che “trasmette” le sue spiegazioni su piattaforme create ad hoc che siamo completamente “partecipi” del suo eloquio, che pendiamo dalle sue labbra targate Skype, che subire le sue domande di storia o geografia davanti alla tastiera di un laptop privato per una interrogazione via etere risponde, né più né meno, che alle stesse ansie e agli stessi deferenti comportamenti che si avrebbero di fronte a gesso e lavagna? Prima possibile alternativa “criminale”: “Senza farti scoprire, quando l’insegnante parla la prima volta, fatti una foto riprendendoti in una posa di ascolto e di massimo interesse. Quella foto che in un secondo momento apri sul cellulare, diventa il tuo ritratto, solo che è fissa ed è una fiction. Posiziona il telefonino su una piccola piramide di libri, in modo che corrisponda in primo piano all’ampiezza dello schermo davanti a te. A quel punto il prof vede che sei lì a sentire tutto, ma lui ha tante faccette piccole sulla stringa in basso al video che corrispondono ai compagni di classe, e non fa caso a tutti. E invece tu, sei lì vicino che dormi o fai altro. Ovviamente, questo metodo va usato con i docenti che non colloquiano con i ragazzi mentre illustrano la materia del giorno, altrimenti potrebbero fare delle domande e ci caschi. Con loro vai sul sicuro…”.
Antonio, detto Tony, liceale di Foggia, siede di fronte a me con la mascherina, sorseggiando talvolta un succo di frutta in casa della nonna ristoratrice di Foggia, e con un invidiabile mix di simpatia e luddismo elettronico in salsa teenager, sciorina i suoi piani “clandestini” per collegarsi in totale relax dalla sua stanzetta con l’insegnante, e farla franca poltrendo, senza spremersi nemmeno un millimetro quadrato di cervello. Resto basito, ma la sua premeditazione è avvincente.
Secondo e terzo sistema, corollari del primo: “Passa un nastro adesivo sull’obbiettivo della cam, striscialo, usando anche un normale scotch: che succederà? La cam si opacizza, e la visualizzazione risulta piena di ombre. A questo punto non si vedono bene i contorni della tua faccia, dove punti gli occhi, se stai davvero attento o no, e soprattutto, qualora fossi interrogato, se stai sbirciando il libro o altri appunti, oppure no. Uno stesso effetto di distrazione concessa senza problemi dal prof, lo si può ottenere mandando deliberatamente in tilt la cam, ma mantenendo l’audio; a quel punto la presenza è come se ci fosse, non è identificabile bene il movimento e il grado di concentrazione, ma grazie alla voce che si sente, ci si fida di chi sta al di là dello schermo nella sua stanza”.
Dispositivi fra il pop e il casareccio che tengono contemporaneamente botta alle famose gag di Pierino nei film di “chiappa e spada”, e alle carceri panottiche di Bentham e soci: sei seguito, sei braccato, ma con tutte le probabili defaillance di un computer o di una linea telefonica, il fantasma che sei diventato può far perdere tranquillamente le sue tracce, inquinare le acque trasparenti del controllo a distanza, giocare in controsenso la disciplina che un cattedratico in ben altra location saprebbe come mantenere. Terzo sistema: “Se vuoi leggere e copiare le risposte che dai durante l’interrogazione, mentre guardi il prof in cam, non aprire altre interfacce su Internet, altrimenti il collegamento rischia di cadere per sovraccarico e vieni sgamato. Trasforma le pagine da cui vuoi attingere materiale in fotografie o apriti un gruppo whatsapp a tuo nome da scorrere alla bisogna. Così non si creano interferenze e sul pc, sovrapponendo il colloquio col prof con le cose da copiare a lato, arrivi a dama: leggi e rispondi”.
Impossibile interagire, opporre resistenze etiche: la bellezza di queste tecniche da bad boy, da piccoli Robin Hood all’incontrario, smarriti e coraggiosi nella foresta di Sherwood di punti e valutazioni, temi e verifiche, è accecante. L’ultimo sistema scomoderebbe i giallisti più sopraffini, è da veri Arsenio Lupin che usano kit e browser al posto di marsine e cappelli a cilindro. Impeccabile. “Il prof sa che per avere un buon audio l’alunno magari indossa delle cuffiette che collega al computer. E quindi, se ti vede in tempo reale con i fili che pendono dalle tue orecchie, sa che il motivo è quello. E parte l’interrogazione. Ma in realtà l’audio che usi è quello ambientale. E i fili corrispondono al cellulare che in quel momento ti tiene in contatto con un amico lontano che ti detta le risposte. Quando il prof ti fa una domanda, tu cerchi di farla capire al tuo complice, magari ripetendo qualche parola, lui o lei cerca la risposta e te la dice nella conversazione che il prof non sa che tu stai gestendo contemporaneamente. E il gioco è fatto: avrai dimostrato di essere preparato, un ottimo voto sarà impossibile negartelo”.
Chapeau. L’assassinio dell’Orient Express gli fa un baffo. Magro come un acciuga, look easy da vero nerd, ragazzino di precoce inclinazione alla bella vita, Antonio è un virus pensante in un mondo di virus letali e cattivi: gli manca il cappellaccio da brigante, lo sguardo sospettoso del carbonaro, il ghigno feroce del serial killer, ma la genialità del suo contrattacco a una griglia spesso soffocante di obblighi e fatiche è impeccabile. La sua faccetta simpatica è serpentina. “Mia madre una volta è entrata nella mia camera mentre c’era la mia foto davanti alla diretta col prof, ed è scoppiata a ridere”. Giusta reazione, implicita morale, stadi della crescita che si ripetono. Se il pesciolino della Rete aggira i grandi squali della comunicazione ufficiale, perderà sicuramente poco o tanto in termini di conoscenza, ma la vita, quella vera, lo assolverà di diritto. Talvolta il delitto è più un’opera d’arte che un errore.
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