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Nicola Zingaretti, segretario del Pd

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SARA’ che la bicicletta se non si pedala cade, ma c’è anche il surplace, quella specialità che si vede nelle gare su pista, con i corridori che stanno a lungo fermi sui loro mezzi in attesa del momento buono per scattare bruciando gli avversari. Sembra che a questa specialità si ispiri Conte, che ha mandato un messaggio ad un incontro spargendo ottimismo e avvertendo che tra poco firmerà per l’avvio di alcuni importanti cantieri con relativi commissari. Nell’attesa di prolungare lo stato di emergenza oltre metà ottobre, visto che la pandemia non mostra segni di cedimento.

Questa strategia è sottoposta ad una incognita: quanto potrà sopportare il PD di non vedere accolta nessuna delle sue richieste cardine? E’ chiaro che al partito di Zingaretti non può bastare che Conte provi a raccogliere qualche successo (eventuale) con misure che alla fine sono attribuibili solo a lui. Il partito ha bisogno di mostrare che il buon risultato che ha ottenuto nella recente prova elettorale (magnificato anche dalle ingenue rodomontate di Salvini che gli profetizzava debacle) è solo il primo passo di una riscossa che ha avviato.

Ma per questo ha bisogno di ottenere qualcosa di chiaramente attribuibile alla sua leadership. Il problema è tutto qui. Al momento il PD chiede tre cose: riforma elettorale, adesione al MES, e riforma dei decreti Salvini. Nessuna sembra però ottenibile, almeno in tempi ragionevoli, perché rinviare tutto all’anno prossimo serve a poco. Partiamo dalla riforma elettorale. In astratto nessuno dice no nella coalizione, ma all’atto pratico ciascuno pone i suoi paletti e questo basta a mandare tutto in quarantena. I Cinque Stelle si dicono d’accordo, ma vogliono inserire le preferenze, uno strumento che con i collegi molto ampi che si delineano farebbe salire i costi delle campagne e attiverebbe lotte fratricide. Renzi apparentemente è disposto a digerire lo sbarramento al 5%, ma prima vuole la sfiducia costruttiva e una migliore organizzazione del senato (roba che richiede una modifica costituzionale dai tempi lunghi e dall’iter incerto). LeU vuole l’abbassamento della soglia almeno al 4%, che rimetterebbe in pista tutta la voglia di “liste collegate” che si è già vista nelle elezioni regionali. L’adesione al MES è un tema esplosivo, lo si sa bene. Lo vorrebbero le regioni, preoccupate di dover affrontare altre ondate pandemiche senza aver incrementato le strutture sanitarie, interessa lo stesso ministero della salute, ma col caos che regna nel M5S farebbe ulteriormente deflagrare quel movimento: un incubo visti i numeri della maggioranza al senato.

Tutto sembrerebbe più semplice per quel che riguarda i decreti Salvini: è da tempo che dovrebbero andare rivisti al consiglio dei ministri (il testo è già stato preparato), ma non se ne fa nulla. Anche qui ci si muove sulle sabbie mobili, perché, con gli sbarchi di immigrati che continuano e con l’Europa che promette di rivedere, ma alla fine lascia tutto più o meno com’è, non si capisce l’opportunità di dare a Salvini munizioni per la sua demagogia. Così si può continuare a provare la tecnica del surplace. Da un lato dopo un po’ i temi scivolano via dall’attenzione pubblica (si parla forse più del tema della riforma della prescrizione e delle connesse riforme giudiziarie?), dall’altro si attende fideisticamente che l’arrivo della Befana Europea faccia tutti o quasi contenti.

Qui però sarebbe da tener conto di un dettaglio. Giungono sempre notizie di manovre in sede UE per depotenziare e se possibile impantanare i fondi del Next Generation. Non è detto che quelle manovre riescano, ma se avessero anche un successo parziale come si ritroverebbero il governo Conte e la sua maggioranza? In quel caso sarebbero gli avversari a scattare per primi fuori dal surplace e il premier finirebbe a terra.


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