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Quarantotto indagati, di cui 36 in carcere, 10 ai domiciliari e due al divieto di dimora in Campania (LEGGI). Sono i numeri dell’inchiesta della procura di Napoli sul cartello criminale noto come “Alleanza di Secondigliano” e dei gruppi satelliti che hanno messo le mani sugli appalti nelle principali strutture ospedaliere di Napoli.

Nella rete della giustizia sono finiti anche imprenditori e sindacalisti. Un sistema ben collaudato dove ognuno faceva la sua parte per fare business, secondo i pm Henry John Woodcock e Celeste Carrano, sugli appalti ospedalieri e attraverso l’imposizione del pizzo alle ditte che forniscono servizi in quel settore (trasporto ammalati, onoranze funebri, imprese di costruzione e di pulizie).

LE INDAGINI

Tra i destinatari delle misure cautelari figurano anche diversi pubblici ufficiali, per i quali però il giudice per le indagini preliminari ha escluso l’aggravante mafiosa, riconosciuta dall’autorità giudiziaria per i presunti camorristi e per gli imprenditori «corruttori», che si avvalevano di questa “alleanza” per fare affari.
Gli inquirenti, però, per quanto riguarda i pubblici ufficiali, presenteranno appello sulla base della sistematicità delle condotte che vengono contestate e della consapevolezza, ritenuta acclarata, della natura malavitosa dei loro “partner”. Per la procura, infatti, funzionari dei più importanti ospedali di Napoli «cucivano» gare d’appalto addosso a imprese in stretti contatti con il clan Cimmino-Caiazzo.

L’attività investigativa è scattata a seguito delle dichiarazioni rese da un imprenditore, precedentemente finito in manette per corruzione relativamente alla gestione di appalti dell’ospedale Cotugno, che ai magistrati ha raccontato di essere stato costretto a pagare una tangente, in più tranche, di 20 mila euro ad Andrea Basile, considerato un reggente del clan Cimmino, famiglia attiva nella zona collinare del Vomero.

Le indagini hanno acceso i fari sul gruppo del Vomero, Cimmino-Caiazzo, considerato satellite dell’Alleanza di Secondigliano. La Dda e gli agenti della squadra mobile di Napoli sono riusciti a disegnare uno spaccato particolarmente inquietante del funzionamento del sistema messo in piedi dall’Alleanza di Secondigliano, cartello mafioso che tiene insieme i clan insieme con regole condivise e che ha anche strutturato le cosiddette estorsioni “di sistema”, rivolte cioè nell’ambito di strutture complesse come lo sono gli ospedali cittadini.

LA STRUTTURA

Anche attraverso le dichiarazioni di decine di collaboratori gli inquirenti hanno ricostruito il carattere multiforme del controllo della gestione degli ospedali napoletani, tra cui figurano strutture particolarmente importanti come il Cardarelli, il Cto e il Cotugno.

Le indagini sono state sviluppate dalla squadra mobile di Napoli attraverso intercettazioni ambientali, svolte nell’abitazione di Basile, che hanno consentito di registrare e capire come funziona il gruppo del Vomero, come si articolano i suoi rapporti con le altre organizzazioni partenopee. Si tratta di un condensato “di sapienza mafiosa” hanno sottolineato gli inquirenti, destinato a essere studiato molto a lungo dai criminologhi. In manette, oltre ad Andrea Basile, è finito il boss Luigi Cimmino e il figlio Franco Diego Cimmino, gli imprenditori Marco Salvati, titolare di fatto della Croce San Pio, associazione per il trasporto degli infermi con ambulanze, Raffaele e Giuseppe Sacco, imprenditori che operano nel settore della distribuzione del cibo negli ospedali.

LA MAXI TANGENTE

Dalle carte dell’inchiesta “spunta” fuori una tangente da 400mila euro versata al clan Cimmino per un appalto da 47 milioni al Cardarelli di Napoli, il maggior ospedale della Campania e del Mezzogiorno. Una tangente, però, che evidenzia anche una “fibrillazione” tra il boss Luigi Cimmino, suo figlio Franco Diego e alcuni presunti esponenti del cartello camorristico.

L’estorsione vedrebbe vittima l’associazione temporanea di imprese composta dalla Cosap e dalla Co.Ge.Pa. aggiudicataria di un cospicuo appalto per la manutenzione straordinaria per l’adeguamento tecnologico di sei padiglioni del Cardarelli. La vicenda risale al settembre 2017 ed è dedotta dall’intercettazione di una conversazione tra indagati “di caratura”, finiti in galera nel blitz di ieri: Andrea Basile, Giovanni Caruson e Alessandro Desio. Proprio quest’ultimo, parlando con Caruson, si lamenta del fatto che i soldi se li era presi il capoclan Cimmino.

Desio parla con Caruson di un incontro con il figlio del capoclan: «…ha detto che il padre si sta facendo la galera e gli ho detto che pure noi ci siamo fatti la galera per il Vomero (inteso come il gruppo malavitoso, ndr) e che il padre non si deve rubare niente… sono andato a fare pure io il reato e pretendo i soldi miei… sono andato pure io là quando si è chiuso questo lavoro…».

E ancora «…i soldi già se li sono presi , se li è presi Gigino (Luigi Cimmino, ndr) … circa 400mila euro… hai capito?».

CURE “AGEVOLATE”

Il potere mafioso doveva essere “visibile”. Tutti dovevano sapere chi comandava. E per tale motivo in diverse strutture ospedaliere napoletane il gruppo camorrista ostentava il suo potere riuscendo a ottenere cure “agevolate” per i suoi affiliati e a gestire, così, con maggiore efficacia, la concessione degli arresti domiciliari per quelli in carcere.

Un servigio reso dal gruppo camorristico del Vomero a tutte le organizzazioni malavitose che compongono la galassia della cosiddetta “Alleanza di Secondigliano” (Mallardo, Contini, Licciardi, Marfella, Aprea-Cuccaro, D’Ausilio, Lepre e De Luca Bossa).

DIPENDENTI SPIA

Gli investigatori hanno scoperto anche un raccapricciante retroscena. Alcuni dipendenti delle società impiegate per fornire servizi in ospedale piuttosto che svolgere la propria prestazione facevano da spia per la criminalità: in poche parole, quando c’erano nuovi lavori in vista segnalavano la notizia ai clan. Si tratta di dipendenti di diverse ditte che si occupano di pulizie e altri servizi, ritenuti dagli inquirenti affiliati al gruppo Cimmino-Caiazzo che raccoglievano le tangenti sugli appalti per conto dell’Alleanza di Secondigliano.


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