La copertina di "Cuore" di De Amicis (foto da www.bitculturali.it)
6 minuti per la letturaPER I nativi digitali è più credibile la scolaresca strappalacrime del libro “Cuore” o la classe sgarrupata del maestro Marcello D’Orta? Il revisionismo culturale si mette in moto anche a scuola. Un processo senza clamori, ma lampante e misurabile. Tempo di concludere un ciclo e i titoli oggetto di svalutazione stanno già evaporando in silenzio dai programmi di italiano.
Se il neoliceale ricorda vagamente Garrone e Franti, il fratellino che entra alla media non sa chi siano i personaggi dell’immortale romanzo di Edmondo De Amicis. Libro gravato da molteplici imputazioni: patetico in modo eccessivo, patriottismo desueto, propaganda monarchica e pure tacciato di portare jella per le disgrazie che affliggono i piccoli protagonisti. Eppure degli ideali risorgimentali di “Cuore” disse con entusiasmo Giovanni Pascoli, che lodava il romanzo per aver «messo la tenerezza dove non c’era che ragione pura, e la soavità della buona promessa dove non era che un ansito di lotta».
Mentre Umberto Eco, nel suo “Elogio di Franti”, esalta la perfida risata del bullo, simbolo di un’umanità antitetica a quella socialmente idonea del perfettino Enrico: «Il Male sogghignante altro non è che il maieuta di una diversa società possibile». L’analisi più secca, che centra il reale rischio per la sopravvivenza di questo grande classico nelle pagine dei sussidiari, arriva però da Indro Montanelli: «De Amicis trascorse la vita a tentare di fare della scuola un allevamento di galantuomini e di buoni cittadini. Tutto ciò che scrisse era mirato a questo scopo». Ed è proprio questo, l’obiettivo pedagogico, la principale magagna di “Cuore” attorno alla quale si scatena l’idiosincrasia di docenti ed educatori.
Dolosamente dimenticato il valore letterario e il contesto storico-culturale del libro, a provocare orticaria in certuni sono gli ideali che la narrazione trasmette, in un evidente scollamento con la realtà osservata e vissuta oggi dai bambini. Dalla carezza del Re, alla mansuetudine di Garrone fino al sacrificio della piccola vedetta lombarda, quell’estrema bontà non esiste – e in epoca di studi sui disturbi della personalità perde suggestione anche la cattiveria dell’odiato Franti. Insomma, i detrattori s’interrogano se sia corretto continuare a tramandare un’Italia così anacronistica e far assorbire ai piccoli un prototipo sociale che non sarà mai convalidato dagli adulti.
La scure dei revisionisti non si è abbattuta soltanto sul capolavoro di De Amicis. C’è chi, forse prendendo a modello contemporaneo la saga cinematografica dei Pirati di Johnny Depp, ha bollato come vecchiume persino Sandokan di Emilio Salgari, maestro originario di tutti gli emuli del genere avventuroso. Altri ancora trovano difetti nel “Piccolo Principe” di de Saint-Exupery, una specie di numero uno della casta letteraria a scapito di libri di pregio letterario superiore ma sprovvisti dell’appoggio della critica che conta. E defilate, incredibilmente, sono poesie che ci illudevamo essere capilista nelle antologie (“Il cinque maggio” e “A Silvia”, quasi blasfemia), compresa “La spigolatrice di Sapri” di Luigi Mercantini, manco a dirlo proprio quando la patriottica popolana rassoda un bronzeo fondoschiena e, indossato il perizoma, si trasforma in una scultura per voyeur.
Fuori da ogni polemica pseudo-intellettuale, “Cuore” resta un romanzo bellissimo. L’idea che un ragazzino debba ignorarlo perché la scuola lo ha messo all’indice sembra molto triste, oltre a marchiare uno stigma d’ignoranza. Agli inglesi non passerebbe mai per la testa, ad esempio, di farlo con “Incompreso” di Florence Montgomery, un drammone che la stessa scrittrice riteneva emotivamente forte per i minori eppure immarcescibile nelle scuole anglosassoni. Invece ogni bambino dovrebbe sapere (e averne il piacere) chi è il muratorino, così come Gianburrasca e Pinocchio. Anzi, potrebbe provare a farli incontrare. Mettendo insieme l’obbedienza di Bottini, l’animo ribelle di Giannino e l’indolente immaturità di Lucignolo, la letteratura diventa strumento di inclusione: sarebbe una classe prodigiosa quella che riunisse il burattino bugiardo, il mite e dolcissimo Garrone e i teneri monelli di “Io speriamo che me la cavo”.
La cultura è curiosità, scoperta, conoscenza delle diversità. Con buona pace di De Amicis, non ci sono intoccabili per blasone né paria o figli di un Dio minore. Una buona notizia è vedere tra i libri proposti agli studenti il ritorno di “Peter Pan”, “Alice nel Paese delle Meraviglie”, “Robin Hood” e “La fabbrica del cioccolato”. E l’apparizione di autori meravigliosi come Daniel Pennac e Luis Sepulveda accanto all’eterno, geniale Rodari. Salta subito all’occhio come i nomi che girano siano di soli uomini: unica eccezione Astrid Lindgren, creatrice di Pippi Calzelunghe, e poi la sarda Bianca Pitzorno, al centro di un autentico revival con le sue opere ironiche e avanguardiste, come “Extraterrestre alla pari”, che nel 1979 raccontava di un bambino alieno di cui non è noto il sesso, chiarito solo al compimento dei 50 anni. A proposito di genere, anche i testi di grammatica sono sotto la lente d’ingrandimento perché infarciti di stereotipi sessisti. In “Cuore” le uniche donne erano la maestrina dalla penna rossa e colleghe. E gli esercizi di analisi logica sono popolati di mamme che non lavorano e la cui esclusiva occupazione è cucinare, pulire e occuparsi della famiglia, laddove i papà trascorrono le giornate in ufficio.
Le donne in generale devono essere carine e ordinate altrimenti può capitare che “Lucia è troppo grassa per indossare una minigonna”, oppure “Rossella è così bella da sembrare un angelo, mentre sua sorella è talmente brutta che nessun ragazzo la guarda” (nel manuale del 2014 “Datti una regola” di Rosetta Zordan, Rizzoli Education). Una ricerca condotta da Irene Biemmi per il progetto di pari opportunità Polite su un campione di testi di quarta elementare dei maggiori editori italiani dimostra infatti come su una presenza risicata di personaggi femminili, gli uomini svolgono ogni tipo di professione e alle donne sono attribuiti una decina di ruoli. Indovinate quali? Insegnante, mamma, principessa, fatina e casalinga. Per eliminare le rappresentazioni discriminatorie, il parlamentare Alessandro Fusacchia ha presentato una proposta di legge per l’autoregolamentazione dell’editoria scolastica che prevede la revisione a cadenza quinquennale dei testi e l’istituzione di un Osservatorio nazionale incaricato di redigere le linee guida sulla diversità e l’inclusione.
Nel frattempo l’editore Zanichelli sta facendo la sua parte con un decalogo ad hoc, impegnandosi a descrivere i generi in modo paritario e usare un linguaggio inclusivo. La letteratura è una questione sentimentale. Italo Calvino spiegava che «se la scintilla non scocca, niente da fare: non si leggono i classici per dovere o per rispetto, ma solo per amore». Nel caso della scuola non si tratta però di un’attività solitaria ma del difficile compito di instradare i bambini. Angela Articoni, studiosa di letteratura per l’infanzia scomparsa nel 2020, nella sua seguitissima pagina Facebook consigliava di osare libri rivoluzionari come “Il mago di Oz” di Frank Baum, “Il canto di Natale” di Dickens, “Il giardino segreto” di Frances Hodgson Burnett e “La storia infinita” di Ende. Letture che attraverso vicende fantastiche insegnano come si possa praticare il coraggio, vincere le paure e diventare grandi senza mai perdere la speranza.
L’ultima frontiera da abbattere è ora l’ingresso nelle aule scolastiche di Harry Potter (su cui pesa il solito sospetto di seduzione stregonesca). Aggiungeremmo all’elenco Ian McEwan con il favoloso “Inventore di sogni”, ma è pur sempre uno che solitamente scrive di incesto, violenza e amore ossessivo. Il suo Peter Fortune sogna di far scomparire i genitori spalmandogli addosso una pomata magica ed è convinto che se nessuno reprimesse simili fantasie il mondo sarebbe un posto migliore. Con lui non può farcela nemmeno l’angelico Garrone.
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