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Tutti a sorridere per le difficoltà della Gran Bretagna post Brexit, ma l’Italia se non si muove subito rischia una situazione molto simile.
I britannici hanno infatti difficoltà a rifornire tanto le pompe di benzina, quanto i supermercati perché non ci sono più gli autisti per guidare i camion con i rifornimenti. Perché in gran parte era ormai un lavoro soprattutto per immigrati, ora esclusi dalla chiusura dei confini britannici.
Ma se oltre Manica la situazione è tanto fuori controllo da obbligare il premier Boris Johnson a concedere migliaia di visti d’emergenza agli autisti stranieri, in Italia la situazione sta rapidamente prendendo quella piega secondo le aziende di trasporto merci.
Andrea Manfron, segretario nazionale della Federazione Autotrasportatori Italiani, ha affermato che in un contesto già gravato dalla poca competitività del sistema fiscale italiano “si innesta un fenomeno oramai strutturale che sta già oggi penalizzando le imprese italiane di autotrasporto: la mancanza cronica di autisti e di un ricambio generazionale (oggi la media degli autisti è di 54 anni) che inciderà in modo determinante sulla offerta di trasporto già oggi insufficiente rispetto alla domanda, oltretutto in probabile peggioramento con l’introduzione dell’obbligo del green pass che incide negativamente su una componente (pur se minoritaria) di autisti contrari al vaccino”.
Dunque bisogna agire con una revisione dell’imposizione fiscale sulle imprese e i lavoratori del settore trasporto, ma anche “ridurre l’impatto dell’elevato costo che i giovani devono sopportare per ottenere la patente e la qualifica professionale, passaggio obbligato per fare l’autista e che può arrivare fino a 6/7 mila euro – spiega Manfron – A tal fine la Fai Conftrasporto ha proposto un emendamento al DL trasporti che propone attraverso una legge delega al Governo di favorire l’assunzione di giovani autisti da parte delle imprese di autotrasporto merci per conto di terzi con la previsione anche di uno specifico incentivo dello Stato”.
Senza un intervento rapido su questo tema, centinaia di aziende si potrebbero trovare con le commesse, ma senza il lavoro. Un problema tanto per la Lombardia, dove sono già disponibili alcune migliaia di posti di lavoro in questo settore, sia per tutta l’Italia seppure il settore non sia in crescita come specifica Manfron: “Secondo Eurostat, in 10 anni in Italia il cabotaggio è aumentato del 62%, i viaggi operati da imprese straniere sono raddoppiati mentre quelli operati da vettori italiani sono scesi del 18% e contemporaneamente in EU i traffici eseguiti dagli italiani si sono ridotti del 4 %, insomma una debacle”.
Un settore dunque che avrebbe bisogno di attenzione, a meno che non si voglia vedere anche in Italia file di sette ore per fare il pieno all’auto o gli scaffali vuoti nei supermercati come nemmeno durante la pandemia da Sars-Cov-2.
I primi interessamenti della politica ci sono stati da parte di alcuni componenti del Movimento 5 Stelle, ma ancora non sembra esserci una soluzione. Anche se una strada possibile potrebbe essere quella tracciata proprio durante la pandemia quando alcune nazioni hanno equiparato rapidamente le lauree in medicina di altri Paesi alle proprie per sopperire alla mancanza di medici e infermieri. Allo stesso modo l’Italia potrebbe avviare dei processi di equiparazione delle patenti per i grandi mezzi di trasporto, magari partendo da quei luoghi dove la comunità italiana è particolarmente radicata. Un esempio di cui si è iniziato a parlare nei corridoi è il Venezuela, Paese citato subito dopo l’Argentina, perché la comunità italo-americana ha numeri molto consistenti. E inoltre c’è un’affinità culturale di base che potrebbe aiutare il processo di integrazione dei nuovi lavoratori.
Ma è tutto in mano ai palazzi romani che per il momento non hanno fornito risposte alle domande del Quotidiano del Sud, ma il tempo delle elezioni è quasi finito del tutto, mancano infatti i ballottaggi. E specialmente a Roma, la capacità operativa dei ministeri dipende molto dai risultati usciti dalle urne elettorali. Ma mentre la politica attende, aumenta il rischio di trovarsi come una Gran Bretagna qualsiasi.
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