La Fontana della Barcaccia a Roma
4 minuti per la letturaLa decrescita infelice della Capitale d’Italia ha mille sembianze diverse ma un’immagine più forte di altre: un hotel 4 stelle, a pochi metri dal Colosseo, chiuso per crisi.
In tutta la città altri 632 alberghi hanno smesso di aspettare i turisti e abbassato le saracinesche. Qualcuno riaprirà in autunno, altri lavoreranno a scartamento ridotto, altri ancora ad intermittenza, alcuni non riapriranno più perché i proprietari stanno cedendo l’attività. «Ho fatto l’ultimo check proprio questa mattina: quelli rimasti aperti sono 577, meno della metà. Ma di questi tempi bastano e avanzano», allarga le braccia Giuseppe Roscioli, storico presidente di Federalberghi Roma.
Sui cartelloni i manifesti elettorali dei candidati in corsa per il Campidoglio sono pronti ad accogliere i romani, quei fortunati che sono andati in vacanza lasciandosi alle spalle il ricordo maleodorante dei cassonetti strapieni e dei cinghiali, l’unica movida notturna delle periferie abbandonate. C’è chi promette miracoli, chi vagheggia il ritorno all’Impero romano, chi festeggia in pompa magna l’acquisto di tre biciclette elettriche. Roma ormai è anche questa: una città-simbolo caduta nel precipizio del minimalismo grillino. Chi la salverà?
IL COMPARTO VALE IL 16% DI PIL
«Roma senza turismo è un dramma, il settore, compreso l’indotto, vale un 16% di Pil. Rischiamo di non rialzarci più», è l’analisi deprimente di Roscioli, che è anche vice presidente nazionale di Federalberghi. Colpa del Covid, certo ma non solo. «C’è una metà esatta di quello che prima era il flusso turistico che non viaggia più: Sudamerica, Corea, Giappone, Cina e Russia. Noi non riconosciamo i loro vaccini. Anche volendo non potrebbero venire».
Che il turismo sia per noi una risorsa importante lo dicono i numeri. A livello nazionale vale il 13% di Pil. In alcune regioni, tipo la Puglia, abbiamo stabilito primati assoluti. Il mercato interno ha salvato la stagione, 25 milioni di italiani sono andati in vacanza, di cui poco meno di 14 nel periodo ferragostano.
Mare e montagne prese d’assalto da chi ha patito il lookdown. I dati dell’ultimo bollettino Enit indicano per lo scorso mese di luglio un avanzamento delle prenotazioni del 34,1% e per agosto del 30,2%. La perdita di posti di lavoro nelle strutture ricettive a seguito della pandemia ammonta a -1,6% addetti rispetto al 2019 e di -3,6% negli alberghi con punte di 7,6% nelle categorie superiori, quelle che hanno più risentito della perdita del turismo straniero. Bene anche il Veneto e i Laghi.
Le città d’arte hanno incrementato i flussi turistici rispetto allo scorso anno di un misero 10%. Roma che dovrebbe tirare più di tutti e fare da locomotiva rischia di diventare un “caso”. Dovrebbe trainare ma è rimasta indietro.
«Ci stiamo impegnando attraverso tutta la rete di Assoturismo Confesercenti, per presentare proposte e riportare il turismo a Roma e nel Lazio organizzando eventi e congressi per il rilancio di tutta la filiera del turismo», spiega Daniele Brocchi, coordinatore Assoturismo Roma e Lazio di Confesercenti e vice presidente del Convention Bureau di Roma e del Lazio. «I dati forniti da Assohotel – continua Brocchi – secondo cui Roma ha il 50% degli hotel chiusi e circa 6mila posti di lavoro a rischio ci preoccupano poiché in questo modo si rischia una ripercussione per tutto il settore anche della ristorazione. Chiediamo un incontro con il presidente Zingaretti e gli assessori regionali preposti al settore produttivo, Corrado e Orneli, per intraprendere insieme alle altre associazione una cabina di regia affinché si possa passare da un turismo ‘mordi e fuggi’ ad un turismo di qualità e programmazione». «Un orientamento che porti anche verso il turismo di prossimità e sostenga e faccia ripartire imprese e lavoratori, ancora in cassa integrazione e su questo ci confronteremo con l’assessore regionale Di Berardino – aggiunge Claudio Pica, presidente di Fiepet-Confesercenti di Roma e Lazio – La partita delle amministrative per Roma è fondamentale, servono linee programmatiche serie da parte dei futuri sindaci».
E LA SPAGNA FA +125%
E i nostri competitor? Chi era uscita a pezzi dalle precedenti ondate è stata la Spagna. Ora i pernottamenti hanno segnato un +125%, superando i livelli pre-Covid. Le presenze negli stabilimenti alberghieri sono aumentati del 7,6% nei primi sette mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2020. Nel solo mese di luglio, i pernottamenti negli hotel spagnoli hanno superato i 26,3 milioni, più che raddoppiando (+125%) quelli effettuati nello stesso mese del 2020, come riportato dall’Istituto Nazionale di Statistica (Ine).
Nel dettaglio: i pernottamenti dei viaggiatori residenti in Spagna (che rappresentano il 56,6% del totale), sono aumentati del 97,4% in tasso annuale, mentre quelli dei non residenti sono aumentati del 175%. Se confrontiamo i dati di luglio di quest’anno con lo stesso mese del 2019, senza la pandemia, i pernottamenti negli alberghi mostrano un calo del 38,9%, tuttavia, i pernottamenti dei viaggiatori residenti in Spagna sono aumentati dello 0,4% e hanno superato i livelli pre-pandemia, mentre i pernottamenti dei non residenti sono diminuiti del 59,5%. Il soggiorno medio è aumentato del 15,8% rispetto a luglio 2020, attestandosi a 3,1 pernottamenti per viaggiatore.
La notte del turismo italiano è ancora lunga.
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