Un celebre scatto di Letizia Battaglia
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«ALL’IMPROVVISO la luce è andata via ed è venuto giù tutto» sussurra la signora Giuseppina Montana, che all’alba è stesa su una barella del pronto soccorso di Agrigento. È rimasta per otto ore sotto le macerie della palazzina dove abitava con alcuni familiari. Nella serata di sabato 11 dicembre 2021, a Ravanusa, in provincia di Agrigento, un’esplosione, probabilmente causata da una fuga di gas, ha causato il crollo di almeno quattro palazzine e il danneggiamento di 40 edifici. Le ferite sono ancora tutte aperte e il sindaco Carmelo d’Angelo me le mostra passando per andare nel giardino dell’istituto comprensivo, dove presenteremo il mio ultimo saggio.
IL GRANDE ESODO
Oggi siamo in questa cittadina della provincia, 350 sul livello del mare e a 20 km dalla costa del mare mediterraneo di Licata. Questa cittadina era una volta un nodo commerciale importante, quando i cereali prodotti nel territorio venivano spediti via ferrovia e quando la miniera di zolfo Trabia-Tallarita era in piena attività e lo zolfo estratto veniva trasportato su rotaie. Aveva 16.369 abitanti nel 1991, 14.115 nel 2001, 12.128 nel 2011, 10.484 nel 2021. In trent’anni la popolazione si è quasi dimezzata. Molti anziani, pochi bambini. È in questo Comune della provincia di Agrigento, ultima per reddito pro capite di quel grande Paese che si chiama Italia, che vengo a presentare il mio ultimo lavoro, “Il lupo e l’agnello. Dal mantra del Sud assistito all’operazione verità” .
Il sindaco Carmelo D’Angelo, un giovane brillante che ha trasformato negli anni questo paesino, ha fatto le cose in grande. Ha invitato i suoi colleghi sindaci di tre Comuni vicini: quello di Grotte, Joppolo Giancaxio, e di Sant’Elisabetta. Un campione significativo di quello che sta accadendo in questa provincia, che progressivamente si va desertificando. Grotte oggi conta 5.000 abitanti, ma nel 1991 ne aveva 7.500: il suo sindaco Alfonso Provvidenza ne testimonia con tristezza il lento decadimento. Il Comune di Joppolo Giancaxio ha 1.100 abitanti, nel 1991 di abitanti ne aveva 1.460. Il suo sindaco, Angelo Giuseppe Portella, mi ricorda che è stato un mio studente e ha seguito il mio corso di statistica economica in anni ormai non troppo vicini, ma che gli sono rimasti impressi nella mente.
Il comune di Sant’Elisabetta, che oggi conta 2.100 abitanti, nel 1991 ne aveva 3.500. Il suo sindaco, l’architetto Domenico Gueli, racconta di quanto difficile possa essere gestire e amministrare un Comune che va lentamente morendo. Senza alcuna speranza che vi possa essere un’inversione di tendenza perché le cittadine vicine, compresa Agrigento, a soli 12 km, soffrono dello stesso male oscuro che le sta spegnendo lentamente. Il pubblico è attento e di livello.
Tra gli altri Marilena Giglia, dirigente scolastica dell’istituto comprensivo, che con orgoglio mi dice che nel suo istituto il tempo pieno è una realtà e che con la collaborazione dell’amministrazione comunale, sempre estremamente disponibile, riesce a far frequentare i ragazzi per tutta la giornata.
NESSUNA LAMENTELA
Un lavoro importante, ma che sarà utilizzato da altri. I giovani qui partono per frequentare le università del Nord, perché preferiscono studiare là dove potranno trovare un posto di lavoro. Qui non c’è futuro, qui non c’è speranza, qui si può tornare soltanto da vecchi, sperando di poter essere curati adeguatamente, perché i diritti di cittadinanza non sono equivalenti a quelli di molte altre parti del Paese, e quando vi sono problemi seri conviene utilizzare un volo low cost per essere curati laddove la spesa pro capite per cittadino è molto più alta.
Eppure, invece di inveire contro uno Stato patrigno, molti dei presenti si colpevolizzano affermando che la colpa è loro perché dovrebbero sbracciarsi di più. Sbracciarsi per completare l’anello autostradale ancora incompleto che si ferma in provincia di Ragusa e che non attraversa in nessun modo la provincia di Agrigento? Sbracciarsi per avere un aeroporto che consenta di utilizzare al meglio quel gioiello che è la Valle Dei Templi e che potrebbe essere una localizzazione perfetta per convegni internazionali, se solo fosse raggiungibile e permettesse a chi deve presentare un paper di andare e tornare nello stesso giorno? O per collegare Agrigento a Palermo in treno, con i suoi 160 km, in mezz’ora come avviene al Nord?
MALTRATTATI E INCONSAPEVOLI
Non inveiscono contro uno Stato che li ha dimenticati e, davanti alle sollecitazioni che faccio sul fatto che quello del Sud assistito è un mantra che bisogna sfatare, restano quasi interdetti. Il più grande peccato che si deve attribuire al Nord, con i suoi giornaloni, purtroppo, è quello di aver fatto passare una vulgata secondo cui il Meridione giace in questo sottosviluppo diffuso per colpa dei meridionali. E quando, sollecitato dal giornalista che coordinava, Cesare Sciabbarrà, raccontavo di come si decise di fare arrivare l’autostrada del sole A1 solo a Napoli rimangono interdetti. Non vogliono accettare che in realtà vivono in colonia e sono stati maltrattati.
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