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Un progetto di Ponte sullo Stretto

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C’E’ una prima data, c’è il “tracciato” di un percorso, un cronoprogramma e l’indicazione dello strumento normativo in cui verrebbero eventualmente indicate le risorse necessarie. Entro la prossima primavera dovrebbe concludersi la prima fase del progetto di fattibilità tecnica ed economica per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina che dovrà «confrontare le soluzioni di collegamento individuate dal gruppo di lavoro come più promettenti, ovvero quelle del ponte a una o più campate».

I due tunnel, alveo e subalveo, sono stati quindi definitivamente accantonati. Per velocizzare i tempi, il governo intende affidare lo studio di fattibilità – per il quale l’ultima manovra stanzia 50 milioni – a Italferr, società del gruppo Fs, che dovrebbe presentare i risultati «entro giugno». Nove mesi, quindi, una «tempistica sufficiente per avviare un dibattito pubblico e pervenire a una scelta condivisa in modo tale da evidenziare le risorse nella legge di bilancio per il 2023».

Di fronte alle commissioni riunite Ambiente e Trasporti della Camera, Enrico Giovannini, ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile, ha tracciato la road map che dovrebbe portare a una decisione definitiva sul collegamento tra la Sicilia e la Calabria, puntualizzando che la «posizione sull’attraversamento dello Stretto di Messina «è la posizione del governo, non del ministro Giovannini, perché è stata discussa con il presidente del Consiglio e i ministri competenti».  

«La proposta attuale del governo – ha sottolineato il ministro – è sulla base del progetto di fattibilità per il ponte a campata unica o a tre campate, dopodiché questo, a nostro parere, dovrebbe essere l’oggetto del dibattito pubblico». L’opera, come rileva anche la relazione del gruppo di lavoro, «ha motivazioni profonde», che sono di carattere trasportistico, economico e sociale, ha affermato Giovannini, elencandole puntualmente a partire dalle condizioni di svantaggio dell’area dello Stretto di Messina, misurate dal trend negativo della popolazione, dell’occupazione e del Pil rispetto al Nord e allo stesso Mezzogiorno. L’analisi dei fabbisogni, che ha considerato la domanda di mobilità pre Covid, ha messo in evidenza che «i traffici dello Stretto di Messina sono rilevanti rispetto alla scala nazionale: 11 milioni di passeggeri, 0,8 milioni di veicoli pesanti e 1,8 milioni veicoli leggeri l’anno».

A fronte di questo, «il tempo medio di attraversamento attuale dello Stretto è paragonabile al tempo di viaggio che un’auto impiega, se si considera anche il pedaggio, per percorrere dai 100 ai 300 chilometri». Il collegamento tra la Sicilia e la Calabria, insieme agli interventi programmati dal Pnrr sulle reti di trasporto, in particolare sull’Av, ha poi aggiunto il ministro, «permetterebbe di rendere confrontabili i tempi medi di viaggio sulla rete ferroviaria da e verso il Sud con quelli oggi offerti al Centro Nord e ridurrebbe anche i costi di attraversamento». Potrebbe, poi, «modificare nel tempo le scelte localizzative e di approdo di taluni traffici, producendo anche un incremento di domanda», anche se, ha sottolineato, «le analisi condotte mostrano che gran parte del traffico marittimo merci non si fermerebbe comunque in Sicilia, ma proseguirebbe verso gli scali del Centro Nord».

Pro e contro dei due progetti sul tavolo: Giovannini ha esposto quelli evidenziati nella relazione del gruppo di lavoro. Il ponte a più campate «consentirebbe di localizzare il collegamento in posizione più prossima ai centri abitati di Messina e Reggio Calabria, con minore estensione dei raccordi multimodali, un minore impatto visivo, una minore sensibilità agli effetti del vento, costi presumibilmente inferiori e maggiore distanza dalle aree naturalistiche pregiate». Il vecchio progetto a una campata unica,  ha sottolineato, «prevedeva la chiusura del ponte in presenza di particolari condizioni atmosferiche, il che vuol dire che l’attraversamento dinamico andrebbe comunque mantenuto, non soltanto quello del trasporto passeggeri, tramite ad esempio aliscafi, ma anche quello del trasporto ferroviario». Il progetto, poi, ha sostenuto, «andrebbe comunque adeguato non solo per i motivi ambientali sollevati dalla Commissione Via, ma anche perché in 10 anni la situazione, anche dei costi, è certamente cambiata, quindi, se anche si volesse procedere in quella direzione, non sarebbe utilizzabile».

Per finanziare l’opera i tecnici suggeriscono di puntare esclusivamente sul finanziamento pubblico, intanto per i «benefici diffusi che l’opera avrebbe sull’intero Paese», ma anche perché il costo dell’opera sarebbe «così ingente che, in ogni caso, anche se ci fosse la compartecipazione dei privati, il costo per la manutenzione e per la gestione poi dell’opera stessa e per l’attraversamento imporrebbe dei pedaggi, o comunque dei canoni, estremamente elevati che comunque finirebbero sul costo della finanza pubblica».  

Quanto alla possibilità di chiedere un anticipo alla Ue, Giovannini ha spiegato che l’opera è inserita tra quelle del Corridoio Scandinavo-Mediterraneo, «quindi c’è la possibilità di avviare un’interlocuzione con la Commissione Ue, ma è condizionata alla presentazione di un progetto accettabile». Tornando, poi, sull’esclusione dell’opera dal Recovery plan, ha richiamato le ragioni per cui anche l’Alta velocità sulla Salerno-Reggio Calabria – «che è in scostamento di bilancio» – ne resta fuori: «cioè la necessità che l’intervento entri in funzione entro il 2026», cui nel caso del ponte si aggiunge un altro punto, quello del «non significant harm (non arrecare danni significativi all’ambiente, ndr), che con l’attuale relazione Via avrebbe reso impossibile proporne la valutazione alla Commissione europea».

«Finalmente quel progetto esce dal limbo delle idee da valutare e diventa oggetto di un percorso di pianificazione tecnico-economica che partirà da uno studio di fattibilità già finanziato», ha commentato il ministro per il Sud, Mara Carfagna, sottolineando che «grazie alla rete infrastrutturale programmata con il Pnrr, il ponte non sarà una cattedrale nel deserto ma il tratto più significativo della nuova rete di collegamenti tra il Mezzogiorno e il resto d’Italia». E sull’impegno del governo per il Sud Italia, lo stesso ministro Giovannini, ha voluto mettere i puntini sulle “i”:  «Credo che questo governo, anche grazie all’impegno di tutte le forze politiche che lo sostengono, abbia previsto per il Mezzogiorno, attraverso investimenti in opere, sistemi di trasporto e così via, un investimento reale, da completare entro il 2026, senza precedenti». «Credo – ha aggiunto – che l’ultima cosa che si possa imputare a questo governo sia una disattenzione al Mezzogiorno. Non è vero che non si vuole investire nel Sud, anzi al contrario il governo sta investendo moltissimo sul Sud per compensare ritardi storici che sono stati riconosciuti da studi, politici e chiare analisi delle organizzazioni internazionali».

Intanto che si arrivi a una soluzione condivisa sul ponte, l’esecutivo, anche attraverso i fondi del Pnrr, interviene sulle «criticità» esistenti con l’obiettivo di ridurre i tempi di attraversamento dinamico dello Stretto, a vantaggio del benessere dei cittadini e della competitività delle imprese. Lo fa con un pacchetto di interventi da 510 milioni da completare entro il 2025: si va dalle nuove navi per il trasbordo ferroviario ai nuovi treni e misure in grado di velocizzare il trasbordo «fino ad un’ora già dalla prossima estate», dalla riqualificazione delle stazioni fino alla possibilità, ancora da approfondire, di incentivi per i collegamenti merci e passeggeri.

Accanto a questo, tra le altre cose, si punta anche a favorire la transizione ecologica della mobilità marittima e ridurre l’inquinamento. 


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