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A spendere di più sono i comuni ricchi, ovvero quelli che ne avrebbero meno bisogno. Mentre i più poveri continuano a tirare la cinghia. Insomma: non è cambiato niente. O quasi. Qualche passo avanti, ma troppo poco per parlare di un’inversione di tendenza. Lo dice l’ultimo rapporto dell’Anci, l’Associazione nazionale dei campanili italiani, fotografia aggiornata di un Paese che rimane spezzato in due.

Sulla spinta dei ripetuti richiami europei qualcosa è cambiato. Ad esempio i fondi per gli asili nido e per il trasporto scolastico degli studenti disabili, specie al Sud. In modo più “confuso” si registrano miglioramenti anche in tema di servizi sociali, grazie all’assegnazione di risorse aggiuntive destinate a progetti mirati. Ma la strada indicata dalla nostra Costituzione, l’idea di una comunità solidale, un Paese che elimini gli squilibri tra i territori è ancora lunga. E i Lep, i livelli essenziali delle prestazioni sono ancora al di là da venire.

Sul bilancio complessivo pesano ovviamente le contingenze particolari. L’attuazione del federalismo fiscale è avvenuto – hanno spiegato i rappresentanti dell’Anci, in audizione ieri in Parlamento – in un periodo e in un contesto economico-finanziario completamente diverso rispetto al momento di definizione del progetto”. Tradotto vuol dire che la pandemia e la crisi economica hanno accentuato le differenze anziché diminuirle.

La novità rispetto alle precedenti analisi veniva dal modello di finanziamento incentivante introdotto nel Fondo di solidarietà comunale (Fsc), risorse legate al raggiungimento di obiettivi specifici, “un cambio di paradigma – si legge nella relazione dell’Anci – che ha investito tutta la finanza pubblica a livello nazionale e sovranazionale “.

Il fondo di solidarietà non è una voce tra le altre. È il principale finanziamento delle entrate correnti dei comuni. Un contenitore in cui ci sono i cambiamenti intervenuti nella definizione dei tributi locali (Ici-Imu-Tasi), che muovono ogni anno qualcosa come 2 miliardi di euro. L’esenzione dell’abitazione principale vale quasi 4 miliardi di euro. Un capitolo a parte è la perequazione delle risorse basata sui fabbisogni standard e sulle capacità fiscali standard stimata intorno ai 400 milioni di euro.

SQUILIBRI DAL CATASTO

Altra questione posta all’attenzione dei membri della Commissione Bicamerale per l’attuazione del Federalismo fiscale – è il disallineamento degli imponibili immobiliari registrati dal catasto. Capitolo dolente, di cui si parla spesso in vista di una riforma sempre attesa e mai realmente avvenuta. Secondo l’associazione dei sindaci resta “un problema, non solo in termini di equità di prelievo tra i contribuenti ma anche per quanto attiene al calcolo dei gettiti standard. Particolare non poco: questa voce è importante nella determinazione del valore del Fsc di ciascun ente.

IN DIECI ANNI PRELIEVO FISCALE RADDOPPIATO

Un altro dato che emerge con chiarezza è l’incremento del cosiddetto “sforzo fiscale”. In parole povere l’incremento delle tasse. Ebbene, il valore del “gettito di base” nell’arco di 10 anni è raddoppiato, passando dal 76% del 2010 al 155% nel 2019 con valori, si spiega, «piuttosto omogenei tra le grandi aree territoriali. Più tagli, più tasse comunali insomma».

I rappresentanti dell’Anci hanno ribadito la richiesta di rendere strutturali le misure di sostegno ai piccoli comuni. In particolare i borghi e le aree interne dove il calo demografico è penalizzante. La popolazione resta infatti uno dei coefficienti di riferimento nel calcolo dei fabbisogni standard. Lo stanziamento di 50 milioni di euro come una tantum non basta. Il bilancio non è comunque del tutto negativo, anzi. Espansione delle risorse locali, quantificazione di obiettivi di servizio e definizione di fabbisogni aggiuntivi (3mila comuni hanno una spesa inferiore rispetto ai bisogni effettivi) prefigurano scenari migliori. I comuni italiani chiedono inoltre una modifica dei criteri di assegnazione degli incentivi relativi ai servizi sociali.

«I comuni italiani messi insieme fanno una capacità fiscale di 1.120 milioni di euro che viene in parte assorbito per il contributo alla finanza pubblica dovuto anche per effetto dei tagli, ovvero le risorse trasferite allo Stato pari a quasi 500 milioni. Lo squilibrio è pari a 300 milioni di euro, per metà colmato dagli stanziamenti aggiuntivi previsti dalla legge di bilancio 2022.
Il disavanzo delle casse comunali genera un effetto fiscale distorto, politiche restrittive o “punitive” per i contribuenti, ” non orientate al miglioramento dei servizi resi alla collettività bensì all’esercizio di funzioni che dovrebbero essere finanziate con risorse di base».


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