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GLI AGRICOLTORI non ci stanno più. E sono pronti a denunciare chi non rispetta le regole. Dicono basta alle vendite sottocosto di prodotti alimentari che in realtà vengono pagate dai produttori. I primi che si preparano a scendere in campo contro le pratiche sleali commerciali sono gli agricoltori pugliesi. La Coldiretti regionale ha infatti annunciato che si mobiliterà per tutelare i propri associati.
L’impennata dei costi, dall’energia elettrica ai mangimi, sta creando situazioni di difficoltà alle imprese con pesanti contraccolpi sui redditi già tagliati da maltempo e dalle conseguenze della pandemia. Per questo gli agricoltori non intendono più tollerare comportamenti penalizzanti che non garantiscono una equa remunerazione in tutta la filiera agroalimentare.
La legge di contrasto alle pratiche sleali, anche se con molto ritardo rispetto alla direttiva approvata da Bruxelles, è finalmente operativa. Sul sito del ministero delle Politiche agricole dal 15 dicembre è disponibile il modulo per le denunce. Poiché la nuova normativa consente alle organizzazioni di rappresentanza di agire per conto dei soci, Coldiretti è già in prima fila. In questi giorni, alla vigilia delle festività, è un proliferare di super offerte e i prodotti civetta sono sempre gli stessi, a partire dall’olio extra vergine d’oliva venduto sugli scaffali a prezzi irrisori. Classico esempio di un sottocosto che non copre i costi di produzione.
Un altro caso di scuola è rappresentato dagli agrumi con il crack in campagna con prezzi riconosciuti ai produttori sotto 0,15 euro al chilo. A queste condizioni, secondo Coldiretti Puglia, il rischio è che arance e clementine restino sugli alberi. Mentre si aggrava il bilancio per la pregiata uva da tavola pugliese, con l’annata peggiore degli ultimi dieci anni, mentre sarebbero in arrivo container di uva da Cile e Perù per imbandire le tavole natalizie italiane. Il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini , ha denunciato una forma di caporalato che danneggia le imprese alle quali non vengono riconosciuti prezzi adeguati. Un’emergenza che aggrava quella dell’exploit dei costi dei fattori della produzione.
L’europarlamentare Paolo De Castro, che è stato uno degli sponsor della direttiva, ha ricordato che la legge vale anche quando le aziende italiane vendono nei mercati dell’Unione europea. E l’imprenditore può presentare la denuncia anche in forma anonima. La direttiva pratiche sleali e il relativo decreto legislativo di recepimento italiano – ha aggiunto – dicono chiaramente che qualunque comportamento non previsto dalla legge o dai regolamenti comunitari imposto dalle strutture distributive nei confronti dei mercati e dei supermercati costituisce pratiche sleali; e questo riguarda anche un eventuale imposizione di un’etichetta fronte-pacco quale il Nutriscore”. Insomma la normativa apre spazi importanti per la tutela dell’agroalimentare made in Italy, mai come in questi mesi sotto attacco. E non solo per questioni squisitamente economiche. In ballo infatti ci sono le misure che la Commissione europea vorrebbe adottare nell’ambito della lotta contro il cancro. E nel pacchetto rientrano anche i prodotti alimentari della dieta mediterranea.
E’ la logica che è alla base del giro di vite sulla promozione per vino e carni, ma anche delle nuove etichette pseudo salutiste che con la scusa di segnalare sale, grassi e zuccheri di fatto condizionano le scelte dei consumatori. Dunque vino no, carne in provetta sì. Olio d’oliva al bando, ma porte aperte alle bevande gassate. Una sorta di strabismo alimentare che non tiene conto né della qualità, né soprattutto delle giuste quantità. E per quanto riguarda il vino una relazione del Parlamento europeo profila tasse, divieto di pubblicità ed etichette choc come quelle utilizzate per le sigarette. Combattere l’alcolismo è un obiettivo condivisibile al 100%, ma mettere sul banco degli imputati un bicchiere del nettare di Bacco sembra davvero eccessivo. Non sono lontani i tempi del celebrato paradosso francese che, in base alla valutazione del basso impatto di malattie cardiovascolari riscontrate nei bevitori di un bicchiere di rosso a pasto, aveva portato sull’altare questo prodotto.
Il punto è sempre uno, le dosi. Come per il salutare olio d’oliva che il Nutriscore vuole bandire. Insomma sembra che, senza alcuna evidenza scientifica, si voglia penalizzare la Dieta Mediterranea, modello alimentare sano e benefico per la prevenzione di molte malattie, tra cui il cancro, che si fonda anche sul consumo regolare di un bicchiere di vino ai pasti. Il vino è poi un settore chiave dell’economia agroalimentare italiana soprattutto per l’export che quest’anno corre verso i 7 miliardi. E il Sud in questi ultimi anni è riuscito nell’operazione di qualificazione delle sue etichette salendo sul podio con bottiglie di pregio.
“E’ del tutto improprio – ha denunciato Coldiretti – assimilare l’abuso di superalcolici tipico dei Paesi nordici al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità e a più bassa gradazione come la birra e il vino che in Italia è diventato l’emblema di uno stile di vita “lento”, attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi, da contrapporre proprio all’assunzione sregolata di alcol.” L’Unione italiana vini, da parte sua, ha ricordato che nella Ue sono 3,2 milioni gli ettari vitati e 2,5 milioni le aziende vitivinicole con circa 3 milioni di posti di lavoro diretti a cui si aggiungono quelli indiretti. L’Italia, che detiene il 20% del vigneto europeo, è il primo produttore ed esportatore mondiale di vino, un settore che offre un enorme contributo socioeconomico in favore delle aree rurali fragili del Paese. Insomma un colpo basso per un’attività strategica.
Ma la stessa attenzione a scelte alimentari salutari non viene però riservata dalla Ue alla carne prodotta in laboratorio, con una buona dose di chimica. Ai produttori della bistecca “Frankenstein”, un business dietro il quale si nascondono rilevanti interessi economici e speculazioni internazionali dirette a sconvolgere il sistema agroalimentare mondiale, sono stati infatti concessi da Bruxelles finanziamenti per 2 milioni di euro. Insomma la solita vecchia logica dei “due pesi e due misure”.
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