Il ministro per il Sud Mara Carfagna
4 minuti per la letturaDALLA battaglia per assicurare al Mezzogiorno le risorse necessarie a riavviare la convergenza verso il resto del Paese – battaglia sposata dal governo – all’individuazione dei progetti e degli interventi cui affidare il progetto di rilancio. Ora le risorse ci sono, e sono tante, tantissime se si considerano anche gli altri fondi europei e nazionali che accompagneranno il ciclo del Pnrr (sommati agli 82 del Recovery, arrivano a sfiorare i 200 miliardi). Nel piano sono indicate le “leve” che verranno attivate per raggiungere l’obiettivo.
Tutto bene, quindi. Ma c’è un “però”, un dubbio ricorrente: il Sud sarà capace di spenderli questi soldi? Una perplessità che, in verità, non suscita solo il Mezzogiorno: l’Italia tutta non gode di buona reputazione circa la capacità di spesa, e i risultati sui fondi strutturali spiegano il perché. Così la stessa domanda riecheggiava tra le stanze di Bruxelles quando si trattava su risorse e condizioni. Ma sicuramente il Sud negli anni ha brillato ancor meno del resto del Paese. I timori sono quanto mai legittimi dal momento che, accanto alle amministrazioni centrali, gli enti territoriale giocano un ruolo di primo livello nella partita del Recovery: come indicato dal governo in sede di Conferenza Unificata, saranno soggetti attuatori del piano di ripresa per una quota di investimenti pari a quasi 90 miliardi.
La possibilità di perdere i fondi del Pnrr non è contemplata e le inerzie documentare dai fogli excel che fotografano le performance regionali nella spesa europea non sono ammesse: all’attuazione dei progetti entro i tempi stabiliti è legata l’erogazione delle successive tranche dei finanziamenti. Pertanto, «qualora le amministrazioni dovessero risultare inadempienti, si può arrivare addirittura al potere sostitutivo», ha avvertito la ministra per il Sud e la coesione territoriale, Mara Carfagna, ieri in visita in Sicilia e in Calabria. «In questo momento il problema che dobbiamo porci non è la mancanza di risorse perché ce ne sono tante, bisogna porsi il problema di come spendere bene», ha sottolineato il ministro.
Intanto il vincolo territoriale “imposto” per decreto che blinda il 40% delle risorse per il Mezzogiorno preclude la possibilità che i soldi non spesi possono essere dirottati altrove. «Abbiamo istituito anche un modello di governance che prevede il potere di affiancamento per i fondi Pnrr in capo alla cabina di regia istituita presso la Presidenza del Consiglio, all’Agenzia per la coesione territoriale per i fondi strutturali europei», ha puntualizzato la ministra. La possibilità del ricorso all’extrema ratio dell’esercizio dei poteri sostitutivi viene sottolineata anche nella relazione sul monitoraggio e lo stato di attuazione delle misure del Pnrr che dà conto degli obiettivi centrati finora dai ministeri: solo 13, tra investimenti e riforme, rispetto ai 51 programmati entro il 31 dicembre. E al raggiungimento degli obiettivi è vincolata l’erogazione della prima tranche da 24,1 miliardi del Recovery. Da qui la convocazione della Cabina di regia presieduta da Draghi già la prossima settimana.
Dalle amministrazioni centrali a quelle locali che gioco forza dovranno voltare pagina rispetto all’esperienza dei fondi europei. Soprattutto alcune regioni del Sud. Se guardiamo alla programmazione 2014-2020, a fronte di risorse complessive pari a oltre 50,5 miliardi, a fine giugno ne risultavano impegnate il 79,8% (40,3 miliardi), mentre la percentuale dei pagamenti era del 49,2% (24,8 miliardi). Dati poco rassicuranti quindi che legittimano timori e estremi rimedi. I poteri sostitutivi che il dl Governance assegna all’Agenzia territoriale eviteranno che vadano persi qualora si dovesse correre il rischio di non riuscire a spenderli entro il 2023. «Il Sud è al centro di un progetto di sviluppo che stanzierà nei prossimi cinque anni 82 militari di euro del Pnrr oltre ai fondi strutturali europei. Se questi soldi verranno spesi bene e, come ricorda il presidente Draghi, onestamente, avremo un Sud più connesso, più moderno e soprattutto con servizi e diritti uguali per tutti», è tornata a sottolineare Carfagna parlando a Messina in occasione dell’avvio della demolizione della baraccopoli, «una delle tante altre vergogne che affliggono il nostro Mezzogiorno».
E della necessità di un «potere rafforzato per essere sicuri che i soldi vengano spesi per lo sviluppo del Sud», ha parlato anche durante la tappa in Calabria, dove ha preso parte a un evento elettorale di Forza Italia alla presenza del candidato alla presidenza della Regione, Roberto Occhiuto. «Lavoreremo per dare alla Calabria una sede dell’Agenzia della coesione che pensiamo possa diventare il braccio operativo del ministero del Sud per la progettazione, realizzazione e rendicontazione delle opere nella regione», ha poi affermato.
Intanto Carfagna ha illustrato alcuni degli interventi del Pnrr che interesseranno la Calabria: 111 milioni sono destinati alle Zes, 11 milioni saranno investiti per l’autostrada Salerno-Reggio; 50 milioni andranno all’Autorità portuale «per portare Gioia Tauro ai vertici d’Europa e per rilanciare in maniera definitiva il Porto di Reggio».
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