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Marine Le Pen ed Emmanuel Macron

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EMMANUEL Macron vince la sua scommessa: grazie al meccanismo delle desistenze, non soltanto impedisce a Marine Le Pen di raggiungere il traguardo della maggioranza assoluta ma ottiene addirittura il ribaltamento dei risultati del primo turno. La Francia resta aggrappata all’Unione europea a dispetto dell’impetuoso e potenzialmente devastante sovranismo lepenista che ammicca all’Ungheria (e alla Russia). Sulla base delle prime proiezioni di ieri sera, la coalizione del Nuovo Fronte Popolare ottiene tra i 175 e i 205 seggi, la Macronie, ovvero la coalizione centrista che fa capo a Ensemble, ottiene tra i 150 e i 175 seggi, mentre il Rassemblement National – con l’aggiunta dei Repubblicani di Eric Ciotti – precipita al terzo posto con una forbice di seggi tra 115 e 150. Certo, il Rassemblement National (Rn) resta il primo partito ma non ha la forza – neanche con l’eventuale sostegno dei Républicains, il partito gollista – per imporre all’Eliseo un governo di estrema destra.

Insomma, Emmanuel Macron fa scacco matto: con lo scioglimento dell’Assemblea nazionale e con l’edificazione del muro di sbarramento contro l’ascesa del Rn ha nelle mani il controllo del gioco e può ripresentarsi nei consessi europei forte di una vittoria audace e machiavellica. Decisiva per definire l’esito finale la partecipazione al voto. La prima grande domanda sulle elezioni francesi – quante persone andranno a votare? – ha avuto una risposta netta: l’affluenza alle urne è stata di poco superiore al 67%, in forte aumento rispetto al 2022. Una percentuale superiore a qualsiasi elezione simile dal 1981. Insolitamente, la partecipazione è perfino leggermente aumentata rispetto al primo turno di domenica scorsa, il che fa comprendere l’importanza della posta in gioco per i cittadini francesi. Una minore affluenza avrebbe potuto favorire il Rassemblement National in quanto partito vincitore del primo turno, con gli elettori delle altre formazioni meno propensi a recarsi alle urne. Non è andata così: l’appello a fare muro contro la maggioranza assoluta della destra ha mobilitato gli elettori europeisti. Fino all’ultimo giorno utile il primo ministro Gabriel Attal ha chiesto ai francesi di opporsi al partito di estrema destra di Marine Le Pen.

“Oggi il pericolo è una maggioranza dominata dall’estrema destra e questo sarebbe catastrofico”, ha detto Attal, che, dopo il risultato di ieri, potrebbe perfino ambire a ottenere un nuovo incarico, anche a dispetto della richiesta di dimissioni da parte del leader di France Insoumise Jean-Luc Mélenchon.

A questo punto, per la Quinta Repubblica francese si apre un nuovo inedito capitolo. Fino alla scorsa settimana sembrava realistico lo scenario più temuto da Macron, ovvero una coabitazione fortemente litigiosa tra il presidente della repubblica e un nuovo governo di minoranza guidato dall’estrema destra di Marine Le Pen, per la prima volta al potere. Nel caso di un governo guidato da Jordan Bardella, il giovane delfino di Le Pen, Macron avrebbe dovuto fare i conti con una forza ostile all’integrazione europea, protezionista e amica della Russia che avrebbe messo a rischio la prospettiva di una coabitazione pacifica tra il presidente della Repubblica e il capo dell’esecutivo. I due sarebbero entrati subito in conflitto su due dossier fondamentali, trascinando nella crisi tutta l’Unione europea: l’appoggio all’Ucraina e le politiche dell’immigrazione. Poco prima del voto di domenica Marine Le Pen aveva ribadito che nel caso di un governo del Rassemblement National la Francia non soltanto non avrebbe mandato propri soldati in Ucraina (Macron non lo aveva escluso) ma avrebbe diminuito il sostegno militare a Kiev e avrebbe vietato a Zelensky di usare le armi fornite dalla Francia contro obiettivi in terra russa. In realtà, nel sistema francese il primo ministro non ha competenze su difesa e politica estera che sono prerogative del capo dello Stato. Avrebbe però potere di controllo sul budget: un governo lepenista avrebbe potuto pertanto decidere di bloccare o diminuire i fondi per la fornitura di armi all’Ucraina o tagliare il contributo francese all’Unione europea sui capitoli della difesa e del sostegno a Kiev. Con riguardo al dossier immigrazione, un ipotetico governo Bardella avrebbe avuto più margini di manovra.

Le regole europee sul tema sono malleabili: negli accordi di Schengen, in caso di rischi per la sicurezza del paese, la libera circolazione si può sospendere. Bardella avrebbe cercato di chiudere le frontiere francesi e, in aggiunta, avrebbe rifiutato di regolarizzare i rifugiati che arrivano nel paese. In sostanza, su Ucraina e immigrazione, un eventuale governo di destra avrebbe spostato la Francia sulle posizioni dell’Ungheria guidata da Viktor Orbán, proprio mentre Marine Le Pen valuta di portare il proprio partito nell’eurogruppo dei Patrioti appena fondato dal primo ministro magiaro. Questo scenario è adesso escluso. Ieri sera Jordan Bardella nel discorso della sconfitta ha accusato gli avversari di aver creato una “alleanza del disonore” oltre che “innaturale” a causa della quale la Francia “è sprofondata nel pantano”. Poi ha concluso: “Saremo un’autentica forza di opposizione, i macronisti hanno finito per eleggere il Nuovo Fronte Popolare”.

Nonostante le parole di Bardella, è molto complicato tuttavia che nasca un governo di tutte le forze che si oppongono alla destra estrema. Non soltanto perché probabilmente mancheranno i numeri per avere una maggioranza assoluta, ma soprattutto perché è difficile immaginare nella stessa coalizione di governo due partiti che si detestano come La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon e Ensemble di Gabriel Attal. Ieri sera il leader della sinistra estrema ha subito chiesto la sostituzione del primo ministro: il che lascia intendere che la spaccatura sia da mettere nel conto. Per capire meglio quello che può accadere bisogna ascoltare le dichiarazioni di Raphael Glucksmann: “Siamo in testa, ma siamo in un’assemblea divisa e quindi dovremo comportarci da adulti. Dovremo parlare, dovremo discutere, dovremo dialogare”, ha detto il leader neosocialista. Poi ha aggiunto: “Il cuore del potere è stato trasferito all’Assemblea ed è necessario e fondamentale un cambiamento della cultura politica”. Alla luce di queste parole, l’ipotesi di un governo di centro-sinistra (che fa a meno di Mélenchon) basato sui pilastri di Ensemble, il partito di Macron, e di Place Publique, il partito di Glucksmann, non è del tutto da escludere. Anche perché molto probabilmente Le Pen e Mélenchon, insieme, non avranno i seggi per mettere il governo in minoranza.


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