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L’anticipo di cassa per gli appalti del Pnrr e i tempi troppo lunghi per il rimborso delle risorse spese potrebbero compromettere la stabilità dei bilanci dei Comuni italiani. A suonare il campanello d’allarme è l’Uncem, l’Unione dei Comuni, Comunità ed Enti montani e di Fondazione Con il Sud. Interrogazione del Pd al ministro per le Politiche di Coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, per chiedere di “supportare i Comuni in difficoltà nel rispettare gli impegni finanziari con le imprese appaltatrici a causa dei ritardi nei trasferimenti dei fondi Pnrr e garantire il tempestivo trasferimento delle risorse, al fine di evitare il blocco dei cantieri e la conseguente interruzione delle opere pubbliche già avviate”

Comuni sull’orlo di una crisi finanziaria. L’anticipo di cassa per gli appalti del Pnrr potrebbe compromettere la stabilità dei bilanci. A suonare il campanello d’allarme è l’Uncem, l’Unione dei Comuni, Comunità ed Enti montani che, per rendere l’idea delle difficoltà che stanno incontrando gli enti locali, ricorre al gergo ciclistico: “E’ come rimanere senza ossigeno sulla salita del Passo dello Stelvio”, dice il suo presidente Marco Bussone. Così i Comuni, chiamati a salire le difficili vette dei progetti del Pnrr “tra risposte a difficili avvisi di 60 pagine, difficoltà nel trovare professionisti e consulenti, uffici comunali senza personale e complessità degli appalti”. Un problema che va da Nord a Sud, pungendo chiaramente i territori più fragili, quelli, ad esempio, dove è accclatara la carenza di dipendenti e personale qualificato nelle PA.

“Quando parti con i lavori previsti, vai in crisi finanziaria – aggiunge Bussone – I Comuni devono pagare le imprese, le vogliono pagare, ma se poi non hanno indietro dallo Stato le risorse economiche spese, con un buon flusso di cassa, veloce e certo, non si va avanti. Tutto si blocca. Abbiamo visto qualche settimana fa il Mef attivare il 30% di anticipazione di cassa a inizio progetto. Ma anche questo è complicatissimo; una circolare del ministero parla addirittura della necessità, da parte dei Comuni, di attestare l’effettiva esigenza di liquidità per assicurare il tempestivo raggiungimento degli obiettivi progettuali. La richiesta, peraltro non è automatica come dovrebbe.
Così come dovrebbe essere automatico che, presentata su ReGis (lo strumento unico attraverso cui le Amministrazioni centrali e territoriali interessate devono adempiere agli obblighi di monitoraggio, rendicontazione e controllo delle misure e dei progetti finanziati dal Pnrr, ndr) la rendicontazione, questa venisse liquidata dal Ministero titolare della componente del Pnrr in una settimana.

Invece si aspettano mesi e mesi con le imprese che, per essere pagate, giustamente bussano alle porte dei municipi”. I Comuni – ripete da mesi l’Uncem – non possono fare da polmone finanziario nella partita del Pnrr. E la questione è così urgente che due deputate del Pd, Antonella Forattini e Silvia Roggiani, che è anche segretaria regionale del partito in Lombardia, mercoledì scorso hanno rivolto un’interrogazione al ministro per le Politiche di Coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, in cui chiedono di “supportare i Comuni in difficoltà nel rispettare gli impegni finanziari con le imprese appaltatrici a causa dei ritardi nei trasferimenti dei fondi Pnrr e garantire il tempestivo trasferimento delle risorse, al fine di evitare il blocco dei cantieri e la conseguente interruzione delle opere pubbliche già avviate”.

Il 2024 – si legge nell’interrogazione – è l’anno in cui gli Enti locali, in particolare i Comuni, dovranno iniziare a realizzare concretamente la maggior parte delle opere del Pnrr previste, ma diversi sindaci in tutta Italia stanno riscontrando gravi ritardi nei trasferimenti dei fondi da parte dello Stato. Una situazione che sta causando notevoli difficoltà finanziarie ai Comuni che sono costretti ad anticipare fino al 30% dei costi delle opere alle aziende vincitrici degli appalti, con il rischio concreto di compromettere la stabilità dei bilanci. “Per questo – concludono Roggiani e Fattorini – chiediamo al ministro di garantire il tempestivo trasferimento delle risorse e di introdurre meccanismi di salvaguardia per i Comuni virtuosi e semplificare le procedure al fine di ridurre la burocrazia”.

Ad essere preoccupati non sono solo i sindaci. A misurare il grado di fiducia dei cittadini nell’efficacia del Pnrr per far ripartire il Paese ci ha pensato la Fondazione Con il Sud, commissionando un’indagine all’Istituto Demopolis. Secondo la ricerca, realizzata a inizio maggio su un campione di circa 4mila persone, solo il 16% degli italiani (il 17% al Nord, il 14% al Sud) ritiene che le risorse del Pnrr saranno spese bene. Gli italiani individuano due principali problemi che gravano su Comuni e amministrazioni pubbliche per avviare i progetti: le lentezze della burocrazia e l’insufficienza di figure specializzate nella Pubblica amministrazione (78%), ma anche la bassa qualità o improvvisazione di molti progetti (60%).

Le claudicanti prestazioni del Piano si rivelano su alcuni mancati obiettivi più che su altri: il 43% degli intervistati immagina che il Pnrr riuscirà a dotare il Paese di infrastrutture all’avanguardia, ma meno di un quarto confida che possa diminuire il divario tra Settentrione e Mezzogiorno, e appena un quinto degli intervistati immagina che il Piano Nazionale di ripresa e resilienza possa contenere l’emigrazione delle giovani generazioni verso il Nord o l’estero.
Un dato che evidenzia come vi sia una percezione consapevole nell’opinione pubblica dei limiti concreti della messa a terra dei progetti del Pnrr, come conferma anche un recente studio promosso dalla Fondazione Con il Sud e condotto da Gianfranco Viesti, docente di Economia applicata all’Università di Bari, da cui emerge come, soprattutto al Sud, vi sia un forte carenza di dipendenti e personale qualificato nelle PA.

“A Napoli e Bari i dipendenti della PA rispetto alla popolazione sono la metà di quelli presenti a Firenze e Bologna. A Palermo e Catania i dipendenti laureati non raggiungono il 50% della media nazionale”, aveva scritto Viesti nel dossier dal titolo premonitore “In quali Comuni il Pnrr incontrerà maggiori difficoltà?”. Lo studio, pubblicato 16 mesi fa, indicava l’assoluta necessità di un intervento urgente di sostegno di queste amministrazioni per garantire la realizzazione degli investimenti previsti e quindi dell’intero Pnrr. E caldeggiava “nuove assunzioni di personale o tramite supporti tecnici” in particolare per i Comuni medio-grandi di Napoli, Brindisi, Taranto, Reggio Calabria, Catania Messina e Trapani, “monitorando attentamente anche possibili difficoltà a Bari, Palermo e Salerno”.

Poco si è fatto su questo fronte. Qualcosa si può ancora fare per i piccoli Comuni montani riuniti nell’Uncem, che chiede “ossigeno” per gli enti locali grazie a un fondo rotativo attivato da Cdp o con prestiti a tasso zero per tamponare le spese per gli appalti Pnrr. Lo stesso ossigeno che serve per doppiare lo Stelvio e ridare, magari, speranza ai cittadini.


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