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A OLTRE un mese dalla ripartenza della scuola in presenza, il temuto impatto sui contagi non si è ancora verificato, premiando le scelte operate dal governo. Sono, infatti, decorse le tre settimane indicate da tutti gli esperti come banco di prova per la tenuta del sistema, senza che la curva dell’epidemia in Italia subisse scossoni.
Al contrario l’incidenza resta bassa, le ospedalizzazioni sono ben lontane dalla soglia di rischio, l’Rt è al di sotto del valore dell’unità e tutte le regioni – dopo l’ultima promozione della Sicilia – sono in zona bianca. Non mancano, ovviamente, le classi finite in quarantena per la presenza di singoli casi, nelle quali è tornata di moda la Dad, ma come formula – questa la grande novità di quest’anno – alternativa e non ordinaria. Ministero dell’Istruzione ed esecutivo, in ogni caso, sono al lavoro da tempo alla modifica degli attuali protocolli, in modo da limitare il numero di studenti costretto all’isolamento a fronte di un solo contagiato all’interno della comunità.
Sarebbe l’ulteriore passo di un processo iniziato in primavera, quando il rientro in presenza ha contraddistinto – per espressa volontà del governo – la coda dell’ultimo anno scolastico. Simbolico che tutto questo avvenga a un anno esatto – era il 26 ottobre 2020 – dal Dpcm con cui l’esecutivo allora guidato da Giuseppe Conte introduceva nuove restrizioni – sia pur non generalizzate – per le scuole sull’onda della vertiginosa ricrescita di contagi iniziata in estate. Situazione completamente diversa quest’anno, frutto di una campagna vaccinale che da noi prosegue «più spedita della media Ue» come ricordato recentemente dal premier, Mario Draghi.
E della politica del Green pass, obbligatorio a scuola per insegnanti, dirigenti, personale ed esterni. Il lasciapassare è, invece, facoltativo per gli studenti e in ogni caso non funge da precondizione per l’accesso agli istituti. Per le fasce più giovani si è preferito proseguire sulla strada della moral suasion sul fronte dell’adesione alla profilassi anti Covid, con ottimi risultati: secondo gli ultimi aggiornamenti su una platea di oltre 4 milioni e 600mila individui di età compresa fra i 12 e i 19 anni, risulta vaccinato con almeno una dose più del 68%, mentre ha concluso il ciclo più del 66,5%. E questo nonostante la campagna, per i giovanissimi, sia iniziata più tardi rispetto alle altre fasce di età. Decisiva, in questo senso, l’accelerazione impressa dal commissario Figliuolo subito dopo Ferragosto con la lettera con cui ha chiesto alle regioni di favorire l’accesso alla campagna per gli studenti senza necessità di prenotazione.
L’immunizzazione ha determinato un calo dei contagi nella fascia 0-19 anni, 13.352 nella settimana compresa fra il 13 e il 26 settembre uno degli ultimi monitoraggidi Iss e ministero della Salute. «Per ora non abbiamo particolari segnali di allarme dalle scuole, stiamo monitorando con molta attenzione l’evoluzione epidemiologica – ha commentato poco tempo fa il dg della Prevenzione del dicastero, Gianni Rezza – Fortunatamente i bambini anche se infettati da SarsCov2 raramente sviluppano la malattia in forma grave. Dobbiamo comunque monitorare la situazione per valutare se il virus cominci a circolare più rapidamente, ma per ora non ci sono particolari allerte e speriamo continui così».
Sul tema della prevenzione del contagio a scuola, dunque, l’Italia per il momento si conferma un modello. Altrove, infatti, le riaperture degli istituti hanno giocato un ruolo non secondario sulla risalita dei casi. Nel Regno Unito le autorità sanitarie hanno sollecitato il governo all’adozione di un “piano B” per l’inverno, stagione nella quale la proiezione di casi quotidiani – secondo il locale ministro della Sanità, Javid – potrebbe arrivare anche a quota 100mila.
Oggi siamo intorno ai 50mila e sulla recrudescenza dell’epidemia pesano anche la riapertura di scuole e uffici e, quindi, un maggiore affollamento dei mezzi pubblici. Settore, anche questo, su cui l’esecutivo italiano ha lavorato tanto prima della ripartenza delle lezioni in presenza, prevedendo nuovi stanziamenti a favore delle regioni, le quali – ha esortato il ministro Enrico Giovannini a inizio settembre «hanno ora i mezzi per potenziare il servizio».
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