Giorgia Meloni
3 minuti per la letturaOBIETTIVO Governo. La nomina dei presidenti delle Camere ripristina in toto i due rami del Parlamento italiano, non mancando di stimolare il dibattito dell’opinione pubblica, oltre a quello politico. Discussione che, tuttavia, non andrà di sicuro a rimescolare le carte in tavola. Né a cambiare l’iter procedurale che porterà a Palazzo Chigi il nuovo premier. Del resto, sul tavolo del presidente del Consiglio uscente, Mario Draghi, resta intatta la pila di dossier che il prossimo Governo dovrà cercare di livellare. Temi urgenti che non ammetteranno ritardi.
Compito dei vincitori sarà assemblare la nuova squadra entro termini variabili. Molto dipenderà dalle consultazioni, passo seguente alla nomina della seconda e terza carica dello Stato. Sì, perché il processo di assemblaggio della nuova classe dirigente italiana è iniziato il 13 ottobre scorso, con la prima seduta delle neo-costituite Camere e l’elezione dei due rispettivi presidenti, andata in porto già il 14 con l’elezione di Lorenzo Fontana a Montecitorio (seguita a quella di Ignazio La Russa a Palazzo Madama). Per il Governo, i passi saranno decisamente più delicati. Soprattutto perché le vere e proprie quadre andranno trovate fra i partiti stessi. Procedimento tradizionalmente tutt’altro che semplice, anche in seno alle coalizioni appartenenti alla stessa ala del Parlamento. Nello specifico, toccherà al Centrodestra mostrare unità, visto il risultato elettorale. A ogni modo, per l’inizio delle consultazioni sembra probabile la settimana appena iniziata. Di sicuro, entro la giornata del 17 ottobre, tutti i parlamentari saranno tenuti a comunicare l’adesione a uno dei gruppi. Scelta che, almeno in teoria, dovrebbe riflettere l’appartenenza partitica. Un passaggio importante, in quanto le adesioni andranno di fatto a regolare di fatto il funzionamento delle due Camere. Affinché un gruppo venga costituito, sarà necessaria, rispettivamente, l’adesione di un minimo di 20 deputati (Camera) e 10 senatori. Difficile, quindi, che la finestra delle consultazioni parta in concomitanza con le dichiarazioni di adesione. Anche perché, successivamente, i gruppi parlamentari dovranno eleggere i rispettivi capigruppo, cosa che verosimilmente avverrà nella giornata successiva.
Completato anche questo passaggio, il Presidente della Repubblica inizierà l’iter delle consultazioni con i rappresentanti dei gruppi parlamentari costituitesi all’interno delle due Camere. I leader delle coalizioni piuttosto che i presidenti dei gruppi parlamentari, così come gli ex Capi dello Stato. Al termine dei vari colloqui, il Presidente assegnerà l’incarico per la formazione del nuovo esecutivo. Passaggio che potrebbe probabilmente richiedere un paio di giorni, per cercare di arrivare al 20 del mese con un incarico già conferito. Come detto, molto dipenderà dalla coesione del Centrodestra, uscito vincitore dalle elezioni. Se l’accettazione dell’incarico avverrà con riserva, sarà premura dell’incaricato salire nuovamente al Quirinale per scioglierla in virtù dell’accertamento della possibilità di formare una maggioranza.
Al Presidente, invece, spetterà la nomina del nuovo capo del Governo e dei ministri da lui proposti. Con possibilità di mettere in discussione alcune nomine. Se tutto dovesse filare liscio, entro una settimana tutti i tasselli potrebbero essere al posto giusto. E il nuovo Governo passare dal giuramento alla richiesta di fiducia al Parlamento, entro dieci giorni dal decreto di nomina. In sostanza, per iniziare il lavoro vero e proprio, potrebbe essere necessario attendere l’inizio del mese prossimo.
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