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Luciano Monti, docente presso l'università Luiss di Roma

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COME già avvenuto nel 2018, nei giorni scorsi l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) ha presentato un decalogo di proposte da includere nei programmi elettorali volte al raggiungimento di obiettivi di sviluppo sostenibile in linea con i 17 obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e in grado di rispondere alle sfide della nostra contemporaneità.

La legislatura che verrà, infatti, non dovrà solo dare piena attuazione al PNRR, ma avrà il compito di guidare e sostenere il nostro Paese verso il conseguimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile definiti raggiungibili dall’Unione Europea entro la fine del decennio. Le proposte avanzate da ASviS sono, infatti, un invito accorato affinché la seppur breve e già concitata campagna elettorale prevenga l’aumento dell’elevato tasso di astensionismo e si concentri non più su questioni di breve termine, ma su traguardi fondamentali per il futuro del Paese e dell’UE.

Se già alcune proposte avanzate nel 2018 sono divenute realtà, come l’adozione proprio dell’Agenda 2030 quale pilastro dell’attuazione del PNRR e delle politiche europee, sono necessari ulteriori sforzi a livello attuativo ed è fondamentale rimettere i giovani al centro del dibattito prima e delle azioni di governo poi. Proprio ai giovani è dedicato uno dei punti del decalogo ASviS e per comprenderne meglio gli obiettivi ne abbiamo parlato con Luciano Monti, docente presso l’università LUISS di Roma, condirettore scientifico della fondazione Bruno Visentini e coordinatore del Gdl ASviS sul Goal 8 – Lavoro dignitoso e crescita economica.

Com’è nata l’idea di un nuovo decalogo?

«Come sempre ASviS era a lavoro sul Rapporto sulla sostenibilità, che anche quest’anno sarà reso pubblico nel corso del Festival dello Sviluppo Sostenibile che si svolgerà dal 4 al 20 ottobre, quando auspicabilmente avremo già un nuovo governo. Abbiamo così deciso di estrapolare gli elementi più importanti raccolti sinora e di metterli a disposizione dei partiti, anticipando i punti fondamentali per una legislatura che, se dovesse arrivare alla sua naturale scadenza, dovrebbe avvicinarsi al 2030. Lo scopo, come nel 2018, è provare a convincere le forze politiche a confrontarsi sul tema della sostenibilità in maniera organica. Nascono così i 10 punti e ce n’è uno in particolare, il numero 7, su cui hanno lavorato il gruppo del Goal 8 quello del Goal 4 (dedicato all’educazione, ndr) che riguarda temi che toccano proprio i giovani».

In che modo il punto 7, denominato “Ridurre le disuguaglianze”, riguarda i giovani?

«Il punto 7 riguarda la valutazione dell’impatto generazionale, il patto di lavoro per i giovani, il potenziamento dell’offerta formativa e la partecipazione giovanile alle politiche pubbliche, quattro assi su cui ci sia aspetta che tutti i programmi elettorali dicano qualcosa. Per quanto riguarda il primo asse, per esempio, è auspicabile l’introduzione anche in Italia del cosiddetto Youth Check, che l’OCSE definisce quale “strumento per adattare i risultati delle politiche alle preoccupazioni dei giovani, anticipare possibili implicazioni negative e quindi ridurre il rischio di risultati indesiderati e, in ultima analisi, promuovere società ed economie più favorevoli ai giovani”. Esiste già in due Paesi europei, l’Austria e la Germania: ASviS chiede perciò che l’Italia si doti di uno strumento analogo e che siano stanziate le risorse necessarie. Per quanto riguarda il secondo asse, è necessario mettere insieme tutte le norme che a vario titolo interessano i giovani in un’unica strategia. Quando parliamo di Patto per l’occupazione giovanile non si tratta solo di capire come portare i giovani nel mondo del lavoro, ma anche di capire come formarli, come dar loro soluzioni abitative o supportare le giovani coppie. Per esempio, nonostante il bonus, i giovani non acquistano immobili perché non hanno modo di pagare il capitale. Il Patto, che è uno strumento ILO (Organizzazione internazionale del lavoro) e dal target 8.B, riguarda un modello di strategia partecipata in cui devono sedere tutti insieme per mettere gli strumenti in un’unica strategia giovanile a 360° e non è più rinviabile. Il terzo asse riguarda il potenziamento dell’offerta formativa per adeguarla alle richieste del mercato ed è legata alla duplice transizione, ecologica e digitale. Pensiamo per esempio ai NEET: è necessario ridurre questa sacca, soprattutto al Sud. Se è vero che il PNRR supporterà il rilancio del Paese e che ci sarà un aumento dei posti di lavoro, il punto chiave è il tentativo di migliorare la nostra competitività e non considerare più i giovani come se fossero svantaggiati, bensì come il principale capitale umano per la competitività stessa. Non più politiche giovanili, ma politiche per la competitività. Servono persone che lavorino su mansioni ad alto valore giunto e voi giovani non siete il problema, bensì la soluzione. L’ultimo asse riguarda il coinvolgimento dei giovani e il CNG rappresenta un passo in avanti, ma dev’essere dotato di mezzi a livello nazionale e dev’esservi un maggiore coinvolgimento a livello locale e regionale. Non dico di parlare di quote giovani, sia chiaro, ma di far sì che i giovani siano parte e facciano sentire la loro voce».

Giovani e Sud, quali le prospettive?

«Tutto quello che ci siamo detti vale a maggior ragione per il Sud. Non dimentichiamo che qui i NEET superano il 45% e che il PNRR gioca partite importanti, come gli ecosistemi innovativi e le zone economiche speciali, sui cui i giovani devono puntare. Gli strumenti ci sono, ma è necessario che alcune misure siano marcate come potenzialmente giovani e siano polarizzate, quanto meno al sud. Per esempio, le PMI e le startup innovative ricevono benefici fiscali risicati: allora perché non mettere dentro nuovi vantaggi o incentivi, polarizzando appunto le misure? Molte iniziative contenute nel PNRR potrebbero essere trasformate in misure potenzialmente generazionali: utilizziamo quelle. Le risorse ci sono, la campagna elettorale è aperta e questo decalogo rimette al centro i giovani. È un’occasione preziosa per pensarci su».

PNRR e giovani, cos’è andato storto?

«Il problema nasce da un governo Draghi in chiaroscuro. Certamente un primo punto negativo è l’esclusione del pilastro giovani dal PNRR, che invece era fondamentale. Il secondo punto riguarda l’annuncio del Ministro Orlando di un patto per l’occupazione giovanile, che era stato richiesto proprio da ASviS, ma che non è mai stato avviato. Di positivo c’è la creazione del Comitato per la valutazione dell’impatto generazionale delle politiche pubbliche, un primo passo verso lo Youth Check, ma serve ora un apparato operativo».

Qual è lo scopo, quindi, del decalogo, ma soprattutto del punto 7?

«L’obiettivo è che questi punti cardine vengano inseriti in tutti i programmi elettorali e sta anche ai media e ai giovani far sì che accada. I giovani sono oggi poco interessati e sono in pochi a votare rispetto alle altre generazioni, ma rappresentano il futuro e dobbiamo fare in modo che siano messi al centro della vita politica. È vero, c’è poco tempo, ma non possiamo ripetere l’errore già compiuto con il PNRR quando proprio i giovani hanno pagato il prezzo del poco tempo a disposizione. Almeno un punto, in tutti i programmi, dovrà essere dedicato ai giovani e le proposte dovranno essere molto specifiche. ASviS si occupa di queste politiche già da qualche anno e i partiti non devono partire da zero. Bisogna entrare ora nella fase operativa, dando vita a una reale strategia che riguardi il lavoro nel lungo periodo, coordinando le risorse, che ci sono ma sono disarticolate e non coerenti tra loro, e accompagnando i giovani».


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